La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1772 del 17 gennaio 2024, ha affermato che il diritto alla quota ereditaria del coniuge superstite cessa quando siano presenti contemporaneamente due condizioni essenziali e interconnesse, ovvero la nullità del matrimonio e la mancanza di buona fede da parte del coniuge superstite. Questo principio determina la rilevanza della buona fede come elemento cardine degli aspetti successori in seguito a una dichiarazione di nullità del matrimonio.
Corte di Cassazione-sez. I civ.-ord. n. 1772 del 17.01.2024
La questione
La vicenda ha avuto origine dalla conclusione di un primo matrimonio tra due coniugi nel 1969. Dopo la nascita della prole, il Tribunale di Sassari emise una sentenza nel 2009, dichiarando la cessazione degli effetti civili di questo matrimonio. Nel giugno 2009, l’ex marito si sposò nuovamente e nel 2011 morì. Nel 2013, la figlia agì contro la nuova moglie, chiedendo, al tribunale, di dichiarare la nullità del matrimonio contratto nel 2009. La questione principale su cui verteva il giudizio muoveva dal presupposto che la sentenza di divorzio non era ancora passata in giudicato al momento del nuovo matrimonio, violando il requisito della libertà di stato dei nubendi.
Il giudice di prime cure accolse la richiesta, dichiarando nullo il matrimonio. Tuttavia, la Corte d’Appello di Cagliari, su gravame presentato dalla nuova moglie, ritenne fondato l’appello sostenendo che l’azione promossa dalla figlia del defunto marito fosse priva di legittimazione.
In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto che l’interesse legittimo ad agire deve derivare da una situazione soggettiva collegata ai rapporti familiari, e nel caso specifico, l’interesse successorio prospettato non era sufficiente, poiché la dichiarazione di nullità del matrimonio non avrebbe influenzato la quota ereditaria delle parti coinvolte.
I primi due motivi di ricorso
Le prime due censure del ricorso si articolano attorno alla contestazione dell’ammissibilità dell’atto d’appello da parte della corte territoriale, basata sulla presunta nullità della notificazione della sentenza di primo grado. La notifica, effettuata personalmente nei confronti della parte rimasta contumace, è stata dichiarata valida dal Tribunale, ma la parte ricorrente afferma che la procedura non è stata regolare. La parte ricorrente ha affermato che la notifica si perfezionò il 27 dicembre 2016, rendendo l’atto d’appello tardivo e inammissibile.
Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile per mancanza di confronto con la ratio decidendi; la corte d’appello ha ritenuto infondato anche il secondo motivo, basando la sua decisione su informazioni fornite dal Comune di Milano e dalle rispettive risultanze anagrafiche. Ha sottolineato che la notificazione in un luogo non coincidente con le risultanze anagrafiche non invalida il procedimento, poiché il luogo di effettiva dimora può essere accertato con qualsiasi mezzo di prova, ponendo l’enfasi sulla rilevanza del luogo di dimora abituale al momento della notifica.
Effetti successori nel caso di nullità del matrimonio
Il punto nevralgico della controversia ha ad oggetto il terzo motivo di ricorso, nel quale la ricorrente ha sollevato la violazione degli articoli 112 e 345 del c.p.c. in relazione agli articoli 86, 117, 128 e 584 del codice civile, concentrandosi sulla questione della legittimazione attiva. La corte d’appello territoriale ha sostenuto che la dichiarazione di nullità del matrimonio richiede condizioni più rigorose e che la legittimazione è riservata a chi ha un “interesse legittimo ed attuale“. L’interesse della ricorrente, legato ai diritti ereditari, è stato respinto sulla base della presunta buona fede al momento del secondo matrimonio, supportata dalle annotazioni ufficiali sulla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio del padre. In particolare, la Corte Suprema ha respinto il motivo, rilevando che l’articolo 117 c.c. prevede diverse cause di nullità, tra cui l’articolo 86 c.c. sulla libertà di stato per i nubendi. La legittimazione per l’azione di nullità è circoscritta a soggetti specifici, escludendo il pubblico ministero dopo la morte di uno dei coniugi. Nel caso di morte di uno dei coniugi al momento della dichiarazione di nullità, il matrimonio è già sciolto, secondo l’articolo 149 c.c., mentre l’articolo 584 c.c. tutela i diritti ereditari del coniuge superstite in buona fede.
ll contesto normativo necessita di un chiarimento che riguarda la legittimazione ad agire, con particolare attenzione all’articolo 128 c.c., che regola gli effetti del matrimonio nullo contratto in buona fede. L’importanza della buona fede emerge in modo significativo nell’accertamento della nullità del matrimonio. Infatti, la giurisprudenza, basandosi sull’articolo 1147 c.c., presume la buona fede dei nubendi al momento della celebrazione del matrimonio, collocando in capo a colui che ritiene nullo il matrimonio l’onere di provare l’inefficacia dello stesso, inclusa la dimensione della putatività, sottolineando che la dimostrazione di un dubbio sulla validità del matrimonio è a carico di chi afferma l’assenza di buona fede.
Analizzando l’articolo 584 del codice civile, emerge che il diritto alla quota ereditaria del coniuge superstite cessa solo se convergono due condizioni: la nullità del matrimonio e l’assenza di buona fede del coniuge superstite. Questa norma è di natura sostanziale e non processuale, stabilendo i presupposti giuridici del diritto riconosciuto. Pertanto, l’articolo 584 non prescrive che il coniuge superstite abbia diritto alla quota solo in presenza di buona fede, ma stabilisce che tale quota spetta al coniuge superstite in buona fede, con la presunzione di buona fede salvo prova contraria. Di conseguenza, l’interesse a promuoverela l’azione ex art. 117 c.c. , mirata a evitare pregiudizi successori derivanti dall’applicazione dell’articolo 584 c.c., risulta legittimo solo se l’azione è finalizzata a dichiarare la nullità del matrimonio e a verificare la mala fede del coniuge superstite, con l’obbligo di presentare allegazioni e prove a carico dell’attore.
Conclusioni
In definitiva, la mancanza di discussione sul tema della buona fede nel giudizio di primo grado e l’accenno tardivo e per l’effetto inammissibile in appello evidenziano la carenza dell’interesse legittimo ed attuale della ricorrente. La circostanza che la Corte d’appello abbia rafforzato la presunzione di buona fede senza un adeguato assolvimento dell’onus probandi da parte della ricorrente ha chiaramente portato al rigetto del ricorso.
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