Interdittiva antimafia: disciplina ed effetti sui rapporti tra persone e P.A.

in Giuricivile, 2018, 11 (ISSN 2532-201X)

L’interdittiva antimafia costituisce una misura preventiva rivolta avverso imprenditori e, in genere, società direttamente o indirettamente collegate con la criminalità organizzata, allo scopo di contrastare l’infiltrazione di queste ultime nei rapporti con la Pubblica amministrazione.

In una realtà sempre più tristemente permeata da infiltrazioni criminali all’interno del settore pubblico, il Legislatore ha provveduto a conferire un efficace filtro attraverso le misure contenute nel Codice Antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159) aggiornato, con le modifiche apportate, da ultimo, dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, dal D.L. 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 settembre 2018, n. 108 e D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 54. 

Il suddetto testo normativo è volto all’isolamento del fenomeno mafioso sul territorio, nel rispetto dell’ordine pubblico economico, ma anche a salvaguardia della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica amministrazione.

Disciplina delle misure interdittive antimafia

Trattandosi di misura a carattere preventivo e, in ogni caso, non definitivo, l’interdittiva non prende le mosse dall’accertamento di singole responsabilità in sede penale nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con l’Amministrazione.

Essa, infatti, si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia che, in seguito, vanno valutati per la loro rilevanza dal Prefetto territorialmente competente.

In sostanza, l’accertamento prefettizio è finalizzato a verificare l’astratta pubblica affidabilità di un imprenditore e/o di una società. I riscontri, invece, vengono effettuati dagli organi di polizia per tramite della nota banca dati interforze, oppure attraverso accertamenti conoscitivi dei soggetti osservati, come ad esempio le frequentazioni, le parentele, il tenore di vita al di sopra delle dichiarate possibilità economiche. La loro attinenza o rilevanza, infine, viene valutata dall’ufficio di Prefettura competente per territorio all’emissione del provvedimento inibitorio finale.

La misura interdittiva, pertanto, può essere sorretta anche solo da elementi sintomatici e indiziari da cui, in ogni caso, devono emergere sufficienti elementi di pericolo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata.

Il criterio probatorio del “più probabile che non”

Nel rispetto di quanto statuito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3889/2016, il  rischio di inquinamento mafioso nell’ambito di impresa deve essere valutato in base al criterio civilistico del più ‘probabile che non’.

Tale logica presuppone la valutazione congiunta di elementi oggettivi, nonché di elementi di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, che dunque possono anche non essere penalmente rilevanti o non costituire oggetto di giudizi penali.

Pertanto, ai fini dell’adozione dell’informativa antimafia interdittiva, “l’Amministrazione può dare rilievo a rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, rilievo laddove tali rapporti, per la loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, per la logica del ‘più probabile che non’, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, 1 / 7 anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto

In sostanza, le misure interdittive hanno lo scopo di impedire che un imprenditore possa essere titolare di rapporti contrattuali con la p.a. se coinvolto, colluso, collegato o, in ogni caso, condizionato dalla criminalità organizzata, a rigore di una probabilità relativa.

Parlando in termini di percentuale, in base al criterio del “più probabile che non” proposto in via maggioritaria da dottrina e giurisprudenza, è sufficiente che il nesso causale tra fatto ed evento possa identificarsi con un valore pari al “50% più 1” e non con quello, penalmente rilevante, superiore al 90%.

Gli ultimi interventi giurisprudenziali

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 3 del 6 aprile 2018 ha delineato due nuovi principi di diritto in materia:

  • il provvedimento di interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159”.
  • l’art. 67, co. 1, lett. g) del d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159, nella parte in cui prevede il divieto di ottenere, da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”, ricomprende anche l’impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa”.

A norma di quest’autorevole pronuncia giurisprudenziale, dunque, il giudizio di eventuale mancanza di meritevolezza nei confronti di una persona fisica/giuridica comporta una sua particolare incapacità giuridica parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione e temporanea poiché può venir meno con un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente, ovvero il Prefetto.

In secondo luogo, è stato chiarito che, nel caso di debito esistente in capo alla P.A. nei riguardi di un soggetto colpito da interdittiva, la misura antimafia non fa venir meno il debito, ma soltanto la capacità del soggetto di incassare il credito (benché la natura del credito venga accertata con sentenza passata in giudicato).

Conclusioni

In un’ottica di misure interdittive antimafia sempre più a carattere cautelare, la giurisprudenza del Supremo Consesso, intervenendo a più riprese, ha inteso impedire ogni attribuzione patrimoniale da parte della Pubblica Amministrazione in favore di soggetti colpiti da informativa antimafia, a salvaguardia di tutti i valori costituzionalmente protetti.

Praticante Avvocato. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli Federico II con tesi in Diritto Processuale Amministrativo dal titolo "La posizione del cointeressato e del controinteressato nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica".

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