Incapacità naturale e decadenza dell’impugnazione del licenziamento

Le Sezioni Unite Civili hanno dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge 604/1966, che impone al lavoratore di impugnare il licenziamento entro 60 giorni, anche in caso di incapacità naturale. La questione è stata sollevata in riferimento agli articoli 3, 4, 32, 35, 11 e 117 della Costituzione.

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Premessa

Il licenziamento disciplinare costituisce uno dei provvedimenti più seri che un datore di lavoro possa adottare nei confronti di un dipendente. Tuttavia, la legge prevede diverse garanzie per il lavoratore, tra cui la possibilità di impugnare il licenziamento stesso, a condizione che ciò avvenga entro un termine specifico. L’art. 6 della l. n. 604 del 1966, infatti, stabilisce un termine di decadenza di 60 giorni per l’impugnazione del licenziamento. Tale termine perentorio ha lo scopo di garantire la certezza delle relazioni giuridiche tra datore di lavoro e dipendente.

Tuttavia, la questione giuridica sorge quando il lavoratore, al momento del licenziamento o durante il periodo d’impugnazione, si trova in uno stato d’incapacità naturale che gli impedisce di comprendere l’atto e di agire.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono recentemente pronunciate su questo tema, con l’intento di chiarire se lo stato di incapacità naturale possa influire sul decorso del termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento.

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Manuela Rinaldi
Avvocato cassazionista, consigliere e tesoriere del COA Avezzano. Direttore della Scuola Forense della Marsica, è professore a contratto di “Tutela della salute e sicurezza sul lavoro” e “Diritto del lavoro pubblico e privato” presso diversi atenei. Relatore a Convegni e docente di corsi di formazione per aziende e professionisti, è autore di numerose opere monografiche e collettanee.

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Art. 6 della l. n. 604/1966

La l. n. 604 del 1966, che disciplina il licenziamento individuale, stabilisce all’art. 6 che l’impugnazione del licenziamento deve essere effettuata entro 60 gg dalla comunicazione dell’atto al lavoratore.

L’art. 6 si basa su un principio di responsabilità: al lavoratore viene imposto l’onere di reagire tempestivamente all’atto di licenziamento, pena la decadenza dal diritto di impugnare il provvedimento. Il legislatore, consapevole delle implicazioni di un licenziamento impugnato tardivamente, ha fissato un termine breve e certo per far sì che le parti possano rapidamente avere chiarezza sulla validità e gli effetti del recesso.

La presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c.

L’art. 1335 c.c. prevede che un atto recettizio si presume conosciuto dal destinatario nel momento in cui giunge al suo indirizzo, salvo prova contraria. Questa disposizione si applica anche nel contesto lavorativo, determinando che la ricezione della lettera di licenziamento è sufficiente per far decorrere i termini di decadenza per l’impugnazione, indipendentemente dall’effettiva presa di conoscenza da parte del lavoratore.

Il punto critico, tuttavia, riguarda la rigidità della presunzione di conoscenza, che non tiene conto delle condizioni soggettive del lavoratore. Se un lavoratore si trova in uno stato di incapacità naturale, ad esempio a causa di una malattia mentale, il semplice fatto che la lettera sia stata recapitata al suo domicilio non significa che egli abbia potuto effettivamente comprendere l’atto e reagire di conseguenza.

Nel tempo, la giurisprudenza ha confermato la natura oggettiva della presunzione di conoscenza. Tuttavia, le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a valutare se, in determinate circostanze, come uno stato di incapacità naturale, tale presunzione possa essere superata o attenuata.

Il caso di specie

Il caso esaminato dalle Sezioni Unite della Cassazione ha riguardato una lavoratrice licenziata per assenza ingiustificata che non aveva impugnato il licenziamento entro il termine stabilito dalla legge, sostenendo di essere stata in uno stato d’incapacità a causa di una crisi psicotica.

Le posizioni della giurisprudenza precedente

La giurisprudenza precedente ha mantenuto una linea rigorosa sulla questione della decadenza. In particolare, i giudici della Cassazione hanno più volte ribadito che lo stato d’incapacità naturale non può incidere sul decorso del termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento, poiché la presunzione di conoscenza  prevista dall’art. 1335 c.c. ha natura oggettiva.

Bilanciamento tra certezza giuridica e tutela del lavoratore

Le Sezioni Unite Civili si sono trovate a dover decidere se, e in che misura, lo stato d’incapacità naturale, che impedisce al lavoratore di comprendere l’atto di licenziamento possa superare la presunzione di conoscenza e quindi influenzare il decorso del termine di decadenza. La questione coinvolge i diritti fondamentali sanciti dall’art. 24 Cost (il diritto alla difesa), alla salute (art. 32 Cost.) e al lavoro (art. 4 e 35 Cost.).

I giudici delle Sezioni Unite Civili hanno riconosciuto la necessità di preservare il principio di certezza dei rapporti giuridici, ma hanno anche sottolineato che la rigida applicazione della presunzione di conoscenza potrebbe comprimere eccessivamente i diritti fondamentali del lavoratore. 

Il principio dell’affidamento, che ispira la presunzione di conoscenza, garantisce che i rapporti giuridici non rimangano incerti per un tempo indeterminato. Tuttavia, nel caso di incapacità naturale incolpevole del lavoratore, la rigidità della presunzione può apparire eccessivamente penalizzante, specialmente se l’incapacità è tale da impedire la comprensione dell’atto e l’adozione delle necessarie contromisure legali.

Conclusioni

In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato rilevante e non infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge n. 604/1966, nella parte in cui il termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento decorre anche in caso di incapacità naturale del lavoratore. I giudici hanno dunque disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

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