Inadempimento procedurale nell’autotutela sostitutiva: la preclusione alla definitività del titolo impositivo

L’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 29604 del 10/11/2025 (puoi leggerla cliccando qui) offre un’essenziale statuizione in merito alla disciplina e ai limiti operativi dell’autotutela tributaria sostitutiva (autotutela cd. sostitutiva), segnatamente in relazione al suo impatto sul processo tributario già incardinato. La decisione affronta il nodo critico della validità formale dell’atto impositivo e le conseguenze decadenziali derivanti dall’emissione di un atto bis non conforme ai canoni di corretta gestione della potestà amministrativa.

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Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.

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Il caso

La fattispecie concerne l’impugnazione di cartelle di pagamento notificate per la riscossione di un accertamento esecutivo relativo all’anno d’imposta 2010. Il primo avviso di accertamento per il 2010 era stato oggetto di ricorso e la CTP aveva riscontrato la sua nullità per omessa sottoscrizione. In pendenza di tale giudizio, l’Amministrazione finanziaria, nell’intento di emendare il vizio di nullità , aveva emesso e rinotificato un nuovo avviso di accertamento. Tale atto bis risultava “del tutto anastatico rispetto al primo”, ovvero sostanzialmente identico ma emendato del solo vizio formale rilevato.

Il punto critico, e fulcro della decisione di legittimità, risiede nell’assenza di una dichiarazione esplicita all’interno dell’atto bis che attestasse l’annullamento, in via di autotutela, del provvedimento originario. La Banca, ritenendo il secondo avviso definitivo in quanto non impugnato dal contribuente, aveva legittimato l’emissione delle cartelle. La CTR, pur accogliendo l’appello del contribuente, aveva fondato la sua decisione su un presupposto giuridico errato: la consumazione del potere impositivo, ritenendo l’azione dell’Agenzia in bis in idem.

Correzione della motivazione e richiamo ai principi di autotutela

La Suprema Corte, investita del ricorso dell’Agenzia fondato sulla dedotta definitività del secondo atto, ha dovuto preliminarmente operare la correzione della motivazione (ex art. 384, comma 2, c.p.c.). La Cassazione ha richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite (richiamando in motivazione la Sent. n. 30051 del 21/11/2024) secondo cui l’esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo.

Il potere di autotutela sostitutiva (art. 2-quater, comma 1, D.L. n. 564/1994) trae fondamento dai principi costituzionali (artt. 2, 23, 53 e 97 Cost.) e può essere esercitato dall’Amministrazione finanziaria anche durante il giudizio di impugnazione. Rimosso l’atto illegittimo, l’Amministrazione è tenuta all’esercizio della potestà impositiva (anche per una maggiore pretesa), incontrando i soli limiti del giudicato sul merito, del decorso del termine di decadenza e della tutela del diritto di difesa. Ne consegue che il giudicato di annullamento, successivamente formatosi sul primo avviso per vizi formali, non produce effetti sostanziali nei confronti del nuovo provvedimento.

Il vizio di sottoscrizione e il potere sostitutivo

Il vizio di nullità per difetto di sottoscrizione rientra nella categoria dei vizi sanabili tramite l’emissione di un atto sostitutivo. Nonostante la sussistenza del potere impositivo, la Cassazione ha focalizzato l’attenzione sulla modalità procedimentale del suo esercizio.

La Corte ha stabilito che l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di altro avviso precedentemente adottato deve contenere l’esplicita menzione che con esso si pone nel nulla l’atto anteriore. Tale requisito formale è inderogabile e risponde a principi di rango superiore, quali:

  • Il diritto di difesa del contribuente: l’esplicitazione garantisce la certezza del titolo da impugnare, evitando confusione processuale tra due atti identici nella sostanza ma diversi sul piano giuridico.

  • Il divieto di doppia imposizione: la menzione assicura che il primo atto sia definitivamente eliminato dall’ordinamento, prevenendo una doppia pretesa fiscale sul medesimo presupposto.

L’assenza della menzione sostitutiva nel caso concreto

Nella specie, l’Agenzia non ha neppure dedotto la presenza di tale menzione esplicita. In assenza di questo elemento, il Tribunale di legittimità ha ritenuto che il secondo atto, “anastatico”, non fosse ravvisabile come atto sostitutivo. L’assenza del requisito formale ha determinato l’inefficacia giuridica dell’atto bis in ordine alla sua funzione di sostituzione e conversione del vizio.

Non avendo l’atto bis posto nel nulla l’atto originario, esso si è configurato come una duplicazione della pretesa, mantenendo in vita (quantomeno sul piano formale) il primo atto, che era peraltro già sub iudice.

Ne consegue una deroga alla regola dell’onere di impugnazione: non essendo intervenuta una valida autotutela sostitutiva, il contribuente non era onerato dell’impugnazione di tale secondo atto. La sua mancata impugnazione, pertanto, non poteva legittimare l’emissione delle cartelle di pagamento con la conseguenza che le cartelle di pagamento, in definitiva, risultano prive di idoneo titolo esecutivo. In sostanza, l’omessa o l’esercizio incompleto dell’autotutela ha neutralizzato la translatio del titolo (dal primo al secondo atto), cristallizzando l’invalidità e consentendo al contribuente di agire direttamente contro il successivo atto di riscossione.

Conclusioni

L’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 29604/2025 non si limita ad applicare il diritto, ma ne precisa l’interpretazione in chiave garantista per il contribuente. La sentenza, pur ribadendo la perennità del potere di accertamento (anche per rettificare vizi di nullità formale), subordina l’efficacia sanante di tale potere a un rigoroso adempimento procedurale.

L’obbligo di menzionare esplicitamente l’annullamento non è un semplice onere per l’Amministrazione, ma un vero e proprio limite funzionale all’esercizio dell’autotutela sostitutiva. La sua inosservanza preclude la conversione dell’atto viziato in titolo definitivo e rende la successiva attività di riscossione illegittima per carenza di titolo. La decisione tutela la chiarezza del rapporto giuridico d’imposta e impedisce che vizi formali sanabili (come il difetto di sottoscrizione) possano essere gestiti dall’Amministrazione in modo opaco o processualmente ambiguo, a danno del diritto di difesa del soggetto passivo.

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