Sommario: 1. Il caso in esame – 2. Il certificato di agibilità rientra nella documentazione indicata dall’art. 1477 terzo comma c.c.? – 3. La responsabilità del prestatore d’opera, in special modo quella del notaio. – 4. La sentenza n. 14618/2017 della Corte di Cassazione e l’obbligo del notaio di accertare l’abitabilità di un immobile.
Non è il notaio ma il venditore a risarcire l’acquirente se si scopre che l’immobile non è abitabile.
La distinzione tra il dovere di informazione ed il dovere di consiglio non è rilevante al punto di ipotizzare che il notaio si sostituisca ad un tecnico con competenze ingegneristiche per valutare se l’immobile sia abitabile o meno.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 14618 del 13 giugno 2017.
1. Il caso in esame
Un signore acquistava un immobile con contratto preliminare dai proprietari venditori.
L’abitabilità di tale immobile era contenuta in una dichiarazione del 1975 effettuata dal sindaco ma a seguito di lavori di ristrutturazione l’acquirente scopriva che l’immobile non era abitabile.
Conveniva pertanto in giudizio i due alienanti ed il notaio (sostenendo che il suo caso rientrasse nella fattispecie dell’aliud pro alio) e chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento dei venditori, il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale ed, infine, l’accertamento della responsabilità professionale del notaio per non aver verificato l’abitabilità del bene.
Il Tribunale adito dichiarava che la vendita di immobile privo del requisito dell’abitabilità costituisse un aliud pro alio e per l’effetto disponeva la risoluzione del contratto, la condanna dei venditori in solido alla restituzione del prezzo oltre interessi, al risarcimento del danno ed infine negava il risarcimento nei confronti del notaio.
L’acquirente interponeva quindi appello avverso la sentenza del Tribunale per accertare la responsabilità del notaio per l’omesso accertamento della qualità dell’immobile.
La Corte di appello con sentenza del 28/10/2013 rigettava l’appello statuendo che il notaio non aveva l’obbligo di verificare l’abitabilità dell’immobile.
L’acquirente proponeva infine ricorso in Cassazione.
2. Il certificato di agibilità rientra nella documentazione indicata dall’art. 1477 terzo comma c.c.?
L’art. 1477 c.c. stabilisce il contenuto e le modalità dell’obbligazione di consegnare la cosa, già indicata al n.1) dell’art. 1476 c.c., quale una delle obbligazioni principali del venditore.
Il venditore deve consegnare all’acquirente non solo la res della compravendita, insieme ai suoi eventuali accessori, pertinenze e frutti ma anche i titoli e la documentazione relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta.
Esistono tre distinzioni in dottrina sulla natura dei documenti che devono essere consegnati:
- i documenti necessari per l’esercizio del diritto alienato;
- i documenti probatori per il trasferimento;
- la documentazione attestante la titolarità originaria del diritto alienato.
I documenti necessari per l’esercizio del diritto alienato sono essenziali perché la loro mancanza non consente il pieno e libero godimento della cosa acquistata; la loro mancata consegna può comportare un’azione di risoluzione del contratto.
I documenti probatori per il trasferimento e quelli attestanti la titolarità originaria del diritto alienato non sono fondamentali in quanto l’esercizio della proprietà non necessita di documenti di legittimazione.
La mancata consegna dei documenti sopra indicati ai numeri due e tre non costituisce un inadempimento tale da condurre alla risoluzione del contratto perché il compratore può sempre procurarseli.
Tutto ciò trova conferma nella giurisprudenza maggioritaria che esclude l’azione di risoluzione per mancata consegna del certificato di agibilità, concedendo però la stessa azione qualora l’abitazione venduta sia del tutto inidonea a conseguire tale certificato per vizi strutturali (ex multis Cass. 1991/1997, Cass. 6403/1984, Cass. 1106/1980).
La giurisprudenza di legittimità ha inoltre specificato in relazione alla consegna dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà ed alla cosa venduta che la consegna di un documento invalido e, quindi, inidoneo, equivale alla mancata consegna dello stesso perché devono assicurare al compratore l’esercizio dei poteri di godimento e di scambio, dei quali è divenuto titolare.
3. La responsabilità del prestatore d’opera, in special modo quella del notaio
La responsabilità del prestatore d’opera è prevista all’art. 2236 c.c. e la nascita di questa responsabilità è giustificata dalla peculiarità del contratto di opera professionale e dalla necessità che il professionista presti la propria opera diligentemente ma nella più ampia libertà.
Questa forma di più ampia libertà si rinviene nell’inciso “in caso di problemi tecnici di specie difficoltà” in quanto limita la responsabilità del professionista soltanto nelle ipotesi di dolo o colpa grave.
Nella prassi i casi i concreti in tema di responsabilità sono risolti sia dalla dottrina e dalla giurisprudenza attraverso la distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato, con rilevanti conseguente in ordine alla distribuzione dell’onere della prova ed alla individuazione dell’obbligo.
L’obbligazione del prestatore d’opera intellettuale è sempre un’obbligazione di mezzi che ha per oggetto un comportamento diligente ed esperto, l’impiego di mezzi idonei a realizzare un risultato ma non riguarda la realizzazione del risultato.
Da ciò deriva il diritto al compenso se egli ha agito con la diligenza e la perizia richieste, anche in caso di mancato conseguimento del risultato stesso.
Tra i prestatori d’opera intellettuale il notaio è, inoltre, tenuto ad informare le parti sugli effetti dell’atto e sul contenuto di singole clausole ed espressioni contrattuali.
La giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi spesso in relazione alla fattispecie di compravendite immobiliari e ciò sempre per confermare la responsabilità del professionista per aver omesso i normali controlli prima di stipulare un atto.
Per esempio il notaio incaricato della redazione di un contratto di vendita immobiliare è stato ritenuto responsabile per non essersi accertato della libertà del bene da passività e da oneri non dichiarati (Cass. 7261/2003).
4. La sentenza n. 14618/2017 della Corte di Cassazione e l’obbligo del notaio di accertare l’abitabilità di un immobile
La responsabilità del notaio ha subito un’evoluzione negli anni estendendosi anche all’accertamento della dichiarazione di abitabilità dell’immobile.
D’altro canto la Corte ha però dichiarato che la giurisprudenza (Cass. 10296/12) invocata dal ricorrente a sostegno delle sue pretese non trova applicazione al caso di specie in quanto riguardante un caso totalmente differente.
L’acquirente invocava infatti un precedente giuridico nel quale era stato statuito il dovere del notaio di verificare l’abitabilità di un immobile sul quale gravava l’obbligo dell’acquirente di non mutare la destinazione di uso del bene.
Ciò giustificava la sentenza di merito che escludeva l’obbligo del notaio di verificare l’abitabilità dell’immobile ed informare il cliente preventivamente.
La Corte sostiene uniformandosi al precedente ragionamento, che l’obbligo dell’accertamento dell’abitabilità di un immobile in capo al notaio va statuito caso per caso; e che la condizione di abitabilità non costituisce un requisito che incide sulla commerciabilità del bene.
Nel caso di specie il Notaio non poteva essere ritenuto responsabile poiché le parti in modo concorde hanno dichiarato abitabile l’immobile sia nel preliminare che nel definitivo.
La Corte riprendendo infatti la motivazione con la quale la Corte di Appello aveva ritenuto il notaio non responsabile del danno invocato dall’acquirente, ha affermato che esiste una differenza tra il dovere di informazione, riguardante dati rilevanti per il perfezionamento del contratto ed il dovere di consiglio che ha ad oggetto le scelte tecnico-giuridiche proprie della professione intellettuale.
Ma tale differenza non può comportare che la sostituzione del notaio ad un tecnico con competenze ingegneristiche per valutare autonomamente se l’immobile sia o meno abitabile.
Alla luce di quanto sopra rilevato, la Corte di Cassazione ha dunque rigettato il ricorso condannando il ricorrente alle spese del giudizio, oltre accessori di legge e spese generali.