Il diritto al rimborso delle spese legali sostenute in un processo viene applicato esclusivamente nel campo del diritto pubblico e, pertanto, spetta ad amministratori e dipendenti di Enti locali o statali, in conseguenza dei doveri d’ufficio.
Requisiti per il rimborso ad amministratori e dipendenti pubblici
Per quel che concerne i dipendenti e amministratori statali, la normativa prende forma dall’art, 18 della Legge n. 135/1997 che espressamente dispone che: “le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”.
Essenzialmente i presupposti richiesti, con relative specificazioni, sono:
- l’esistenza di una connessione dei fatti e degli atti oggetto del giudizio con l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali, che devono essere vigenti sia al momento dell’avvio del processo, sia al momento della decisione;
- la presenza di una sentenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente.
In merito quest’ultimo punto, il Consiglio di Stato in III sez., con sentenza n. 6194 del 29 dicembre del 2017, ha inteso che, per il riconoscimento del diritto al rimborso, non dovrebbe porsi alcun discrimine tra assoluzione con formula piena e quella con formula dubitativa. Malgrado ciò, una copiosa giurisprudenza in sede penale, è indirizzata a non concedere il beneficio del rimborso nei casi di assoluzione per insufficienza di prove (Cons. St., ad. gen., parere 9 gennaio 2013 n. 20) o nei casi di dichiarazione di estinzione del reato a seguito di intervenuta prescrizione (Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2005 n. 2041).
In sostanza, a parere di tale condivisibile orientamento maggioritario, soltanto le pronunce di assoluzione motivate per insussistenza del fatto o perché l’imputato non lo ha commesso, consentirebbero di escludere in radice il conflitto d’interessi e, dunque, legittimano la risarcibilità delle spese legali in favore dei dipendenti e degli amministratori pubblici.
Normativa di riferimento per amministratori e dipendenti di Enti Locali
Nello stesso senso si esprime l’art. 28 del CCNL del 14 settembre 2000, per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali, il quale dispone che: “l’ente, anche a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.
Inoltre, anche nel caso di amministratori e dipendenti degli Enti locali, a norma dell’art. 7 bis del D.L. n. 78/2015, il rimborso delle spese legali è altresì ammissibile nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, sempre se dimostrata l’assenza del dolo o della colpa grave.
Conclusioni
Sebbene la richiamata normativa in tema di rimborsi appaia non lineare e lacunosa, è bene precisare che, in sostanza, non si tratta di un diritto assoluto che opera in automatico. Ogni caso concreto necessita di essere valutato alla luce delle continue disposizioni in materia. In effetti, la giurisprudenza ha avuto premura di intervenire più volte sull’argomento, al fine di addivenire ad un’interpretazione maggiormente restrittiva circa l’applicazione dei rimborsi, il tutto in virtù di un doveroso contenimento della spesa pubblica.