
Il procedimento disciplinare nel pubblico impiego rappresenta un bilanciamento tra l’esigenza datoriale di garantire il rispetto delle regole organizzative e il diritto del lavoratore a una difesa piena ed effettiva.
La disciplina normativa prevista nel D. lgs. 165/2001 impone l’osservanza di rigorosi criteri di garanzia, atti a evitare arbitrii e compressioni indebite delle prerogative difensive del lavoratore.
La contestazione degli addebiti, la convocazione all’audizione e il rispetto dei tempi previsti per il procedimento non sono semplici formalità, ma elementi essenziali che garantiscono la validità del procedimento disciplinare.
- Il principio del contraddittorio nel procedimento disciplinare;
- La convocazione all’audizione e i termini procedurali;
- Garanzie difensive e svolgimento dell’istruttoria;
- Termine di conclusione e accesso agli atti.
Il principio del contraddittorio nel procedimento disciplinare
Il procedimento disciplinare si caratterizza per l’irrinunciabile osservanza del principio del contraddittorio, il quale si sostanzia nel diritto pieno ed effettivo di difesa, volto a contemperare l’esercizio del potere disciplinare datoriale, che cumula in sé funzioni istruttorie e decisorie.
La stessa contestazione di addebiti la cui formulazione deve essere tempestiva, specifica e immutabile, trova la propria ratio nella garanzia di un’adeguata difesa dell’incolpato nell’ambito del procedimento[1].
A presidio del principio del contraddittorio, alla contestazione degli addebiti[2] segue necessariamente l’audizione dell’interessato, configurandosi quale adempimento indefettibile a pena di nullità della sanzione nel pubblico impiego[3], ai sensi dell’art. 55 bis del D.Lgs. n. 165/2001 (diversamente, nell’ambito del rapporto di lavoro privato, la giurisprudenza prevalente[4] ne riconosce la natura meramente facoltativa, subordinata a una specifica richiesta del lavoratore che se formulata diviene doverosa).
Consiglio: per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Il lavoro subordinato: rapporto contrattuale e tutela dei diritti”.
Il lavoro subordinato
Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni).
L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno.
L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella).
Vincenzo Ferrante
Università Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);
Mirko Altimari
Università Cattolica di Milano;
Silvia Bertocco
Università di Padova;
Laura Calafà
Università di Verona;
Matteo Corti
Università Cattolica di Milano;
Ombretta Dessì
Università di Cagliari;
Maria Giovanna Greco
Università di Parma;
Francesca Malzani
Università di Brescia;
Marco Novella
Università di Genova;
Fabio Pantano
Università di Parma;
Roberto Pettinelli
Università del Piemonte orientale;
Flavio Vincenzo Ponte
Università della Calabria;
Fabio Ravelli
Università di Brescia;
Nicolò Rossi
Avvocato in Novara;
Alessandra Sartori
Università degli studi di Milano;
Claudio Serra
Avvocato in Torino.
Leggi descrizione
A cura di Vincenzo Ferrante, 2023, Maggioli Editore
63.00 €
59.85 €

Il lavoro subordinato
Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni).
L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno.
L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella).
Vincenzo Ferrante
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Mirko Altimari
Università Cattolica di Milano;
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Università Cattolica di Milano;
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Università di Parma;
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Università di Brescia;
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Avvocato in Novara;
Alessandra Sartori
Università degli studi di Milano;
Claudio Serra
Avvocato in Torino.
La convocazione all’audizione e i termini procedurali
In conformità ai principi cardine del contraddittorio e della garanzia difensiva, la fase di contestazione degli addebiti disciplinari si configura come un presupposto imprescindibile per l’audizione del dipendente pubblico sottoposto a procedimento disciplinare.
La mancata convocazione dello stesso a tale udienza determina la nullità della sanzione irrogata, in quanto l’audizione rappresenta un requisito essenziale per l’esercizio legittimo del potere disciplinare.
Tale vizio non sussiste laddove il lavoratore abbia comunque avuto modo di articolare compiutamente le proprie difese per iscritto, manifestando una chiara consapevolezza degli addebiti formulati o, addirittura, riconoscendone la fondatezza[5].
Ai fini del corretto svolgimento della procedura, appare opportuno che la convocazione per l’audizione venga formalizzata contestualmente alla notifica della contestazione disciplinare, ad opera dell’organo titolare dell’azione disciplinare, senza che rilevi l’eventuale produzione anticipata di memorie difensive da parte del lavoratore[6].
L’ordinamento prevede, altresì, un termine minimo di venti giorni, decorrente dalla ricezione della contestazione, entro il quale non può aver luogo l’audizione del dipendente[7].
Tale disposizione si inscrive nell’alveo dei principi di garanzia e tutela del contraddittorio, cardini imprescindibili del procedimento disciplinare afferente al pubblico impiego contrattualizzato.
In tale prospettiva, l’art. 55 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 sancisce un termine di natura meramente endoprocedimentale per la convocazione dell’incolpato ai fini della sua audizione difensiva, prescrivendo un intervallo minimo di dieci giorni, esteso sino a venti nei casi in cui la misura disciplinare rivesta particolare gravità[8].
Ne discende che l’eventuale compressione di tale termine può determinare la nullità dell’intero procedimento disciplinare, nonché della sanzione eventualmente irrogata, esclusivamente laddove l’interessato dimostri un effettivo pregiudizio al concreto esercizio del proprio diritto di difesa.
Il termine, di carattere dilatorio e comprensivo di giorni festivi e prefestivi, si applica indistintamente ai procedimenti gestiti dall’U.P.D. e a quelli condotti dal responsabile della struttura, salvo che la contrattazione collettiva non preveda termini differenti per quest’ultimo.
Il dies a quo da cui decorre tale termine deve essere individuato nel momento della conoscenza effettiva degli addebiti da parte del lavoratore, ossia nella data di ricezione dell’atto contenente contestazione e convocazione, la cui simultaneità appare auspicabile al fine di evitare dilatazioni ingiustificate dei tempi procedimentali.
Nell’ipotesi in cui l’amministrazione ritenga opportuno svolgere ulteriori attività istruttorie dopo l’audizione del dipendente, non sussiste alcun obbligo di riconvocazione dello stesso, in assenza di una specifica previsione normativa in tal senso.
Inoltre, l’eventuale mancata protocollazione dei verbali istruttori non determina l’invalidità del procedimento disciplinare, né della sanzione irrogata.
Garanzie difensive e svolgimento dell’istruttoria
Ai sensi dell’art. 55 bis, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001, egli può altresì avvalersi dell’assistenza di un procuratore o di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Nell’eventualità in cui i fatti contestati presentino profili di rilevanza penale, il lavoratore ha facoltà di far svolgere indagini difensive preventive dal proprio legale, ai sensi dell’art. 391 nonies c.p.p.[9]
Il lavoratore convocato potrebbe anche scegliere la linea difensiva della contumacia o anche presentarsi senza collaborare.
A fronte dell’obbligo per il datore di lavoro di sentire il lavoratore a sua difesa, se deve sicuramente ritenersi illegittima ogni modalità che renda difficoltoso l’esercizio per tale facoltà da parte del lavoratore, non può ritenersi compreso anche quello che ciò avvenga nel posto di lavoro del dipendente.
Con riferimento alla logistica dell’audizione, la Suprema Corte ha chiarito che la convocazione presso la sede lavorativa, ovvero nell’orario di servizio, non costituisce un ostacolo tale da comprimere il diritto di difesa del dipendente[10].
Nei casi in cui la distanza tra le sedi amministrative sia particolarmente rilevante, è legittimo il conferimento di deleghe istruttorie a dirigenti locali.
Tuttavia, al fine di prevenire eccezioni difensive di carattere pretestuoso, il luogo e l’orario dell’audizione dovranno essere indicati con assoluta precisione, specificando data, ora, località, indirizzo, edificio, piano e stanza.
Indipendentemente dalla modalità di esercizio delle garanzie difensive, la sanzione disciplinare deve essere irrogata entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla contestazione degli addebiti.
L’U.P.D., nel corso dell’istruttoria, può acquisire ulteriori informazioni o documenti da altre amministrazioni pubbliche, ascoltare testimoni e svolgere ispezioni senza necessità di una nuova convocazione del dipendente.
Tali attività istruttorie assumono particolare rilievo nei casi in cui la fattispecie contestata presenti margini di discrezionalità interpretativa, come nei procedimenti per licenziamento per scarso rendimento, dove grava sul datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza dei presupposti giustificativi.
Termine di conclusione e accesso agli atti
La mera pendenza di attività istruttoria non comporta la sospensione del procedimento disciplinare, né il differimento dei relativi termini.
Tuttavia, il dipendente che si trovi nell’impossibilità oggettiva di presenziare all’audizione per gravi motivi documentabili, quali patologie certificate di particolare gravità o inderogabili esigenze personali di natura religiosa o familiare, può presentare un’istanza di rinvio, da concedersi una sola volta.
L’eventuale accoglimento di tale richiesta comporta una proroga del termine per la conclusione del procedimento per un periodo corrispondente alla dilazione concessa.
Affinché tale richiesta venga accolta, l’impedimento addotto deve risultare effettivo, concreto e insuscettibile di essere surrogato con altre forme di difesa.
Il giudice del merito, laddove insorga contestazione in ordine alla legittimità del diniego, valuterà la fondatezza delle ragioni esposte dalle parti alla luce dei principi di correttezza e buona fede.
Al fine di garantire la piena esplicazione del diritto di difesa, il lavoratore ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento disciplinare non in base alla legge n. 241/1990, inapplicabile alla materia del lavoro pubblico contrattualizzato, ma in virtù dei principi di correttezza e buona fede che governano il rapporto di lavoro.
Tale accesso, altresì sancito dall’art. 55 bis, comma 4, del Testo Unico sul pubblico impiego, è stato ulteriormente avallato dalla giurisprudenza amministrativa e dall’ANAC[11], che lo ha riconosciuto come un diritto soggettivo distinto e autonomo, prevalente persino sulle garanzie di anonimato del whistleblower, in presenza di una necessità difensiva assoluta.
Note
[1] Vito Tenore, Studio sul procedimento disciplinare nel pubblico impiego, a cura di Raffaele Cantone, Giuffrè editore, S.p.A. Milano 2017.
[2] La contestazione dell’addebito, ai sensi dell’art. 55-bis, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 165/2001, è un atto indefettibile, a pena di nullità, che deve necessariamente essere formulato per iscritto ad substantiam. Essa indica i comportamenti del lavoratore in contrasto con gli obblighi contrattuali assunti e instaura il contraddittorio con l’incolpato.
La contestazione è un atto recettizio che si perfeziona con la notifica al lavoratore. Ai sensi dell’art. 55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001:“Ogni comunicazione al dipendente nell’ambito del procedimento disciplinare è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente disponga di una casella di posta, ovvero tramite consegna a mano […]”.
[3] Cass. sez. lav. 27 febbraio 2015 n. 3984.
[4] Cass. sez. lav., 11 marzo 2010n 5864; id. sez. lav.25 gennaio 2008n 1661.
[5] Sezione Lavoro Sentenza n. 6555 del 6/3/2019 ,nel motivare l’accoglimento del ricorso presentato da un lavoratore contro il licenziamento intimatogli, la Corte ribadisce i seguenti principi di diritto: “Il provvedimento di rinvio dell’audizione di cui all’art. 55 bis commi 2 e 4 del D.lgs. n. 165 del 2001 ha natura di atto ricettizio ed in ragione di tale natura, ove l’Amministrazione, pur avendo materialmente predisposto l’atto, non dia avvio alla procedura di comunicazione, non produce alcun effetto giuridico; la violazione del termine e delle modalità per la convocazione a difesa disciplinati dall’art, 55 bis commi 2 e 4 del D.lgs. n. 165 del 2001 può dare luogo alla nullità del procedimento e della conseguente sanzione disciplinare solo ove sia dimostrato, dall’interessato, un pregiudizio al concreto esercizio del diritto di difesa, e non di per sé sola”.
[6] vedi Cass. 22/3/2010 n. 6845 negli stessi termini, Cass, 9/1/2017 n.204 e, in generale, sull’obbligo della audizione in caso di espressa richiesta del lavoratore, Cass.16/10/2013 n. 23528.
[7] art. 55-bis, co. 4, d.lgs. n. 165 del 2001.
[8] Cass. 22 agosto 2016, n. 17245; Cass. 23 maggio 2019, n. 14069.
[9] Art. 391 nonies c.p.p.: “1. L’attività investigativa prevista dall’articolo 327 bis, con esclusione degli atti che richiedono l’autorizzazione o l’intervento dell’autorità giudiziaria, può essere svolta anche dal difensore che ha ricevuto apposito mandato per l’eventualità che si instauri un procedimento penale. 2. Il mandato è rilasciato con sottoscrizione autenticata e contiene la nomina del difensore e l’indicazione dei fatti ai quali si riferisce”.
[10] Cass. sez. lav., 01 giugno 2012 n. 8845.
[11] Nel punto 3 della nota 13 ottobre 2015 del Presidente dell’ANAC Cantone redatta a seguito di audizione del 13 settembre 2025.