Il diritto di esclusione del socio si prescrive dopo cinque anni

La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 27804 del 18 ottobre 2025 (clicca qui per scaricare il PDF integrale della decisione), ha risolto una questione interpretativa di rilievo in materia di scioglimento del vincolo sociale limitatamente ad un socio di società di persone. La pronuncia si focalizza specificamente sulla prescrittibilità del diritto di esclusione per gravi inadempienze ex art. 2286, comma 3, del codice civile, una questione che ha generato incertezze nella prassi e in dottrina. 

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La fattispecie e le tesi interpretative a confronto

L’istituto dell’esclusione costituisce il meccanismo endosocietario predisposto dal legislatore per porre fine al rapporto sociale con il singolo socio in presenza di determinate cause tassative. In particolare, l’art. 2286, comma 3, c.c., il cui ambito applicativo è oggetto della pronuncia in esame, contempla le gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dalla legge o dal contratto sociale.

È fondamentale premettere che l’esclusione non si configura quale mera applicazione del rimedio generale della risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c. e ss.), bensì come un rimedio speciale e sostitutivo volto a tutelare la stabilità e la continuazione dell’attività aziendale. La sua specialità è legata alla struttura del contratto di società, che è un contratto con comunione di scopo e non a prestazioni corrispettive. Tuttavia, proprio la natura “speciale” del rimedio aveva lasciato aperto il quesito sulla sua sottoposizione al regime della prescrizione, generando le seguenti opposte interpretazioni:

  • tesi dell’imprescrittibilità: fondata sulla natura sanzionatoria o “disciplinare” del potere, tesa a preservare l’integrità funzionale dell’ente sociale da elementi pregiudizievoli, indipendentemente dal tempo trascorso dai fatti;
  • tesi della prescrittibilità: basata sull’assunto che il diritto di esclusione, pur essendo espressione di un potere della maggioranza, incide sulla sfera giuridica ed economica del socio e, in quanto diritto disponibile e non facoltà meramente interna, deve soggiacere alle regole della prescrizione.

Il caso di specie

La controversia è sorta nell’ambito di una Società in Nome Collettivo che aveva adottato una delibera di esclusione nel 2018 nei confronti di un socio. La causa di esclusione era rappresentata da gravi atti di malagestio e violazione degli obblighi sociali che il socio aveva commesso nel periodo in cui rivestiva la carica di amministratore unico. L’elemento cronologico dirimente era che tali condotte inadempienti erano cessate nel 2008, a seguito della revoca della carica. Tra la cessazione dei fatti e l’adozione della delibera di esclusione era quindi intercorso un lasso temporale decennale.

  1. Tribunale di Trento: il giudice di primo grado aveva respinto l’impugnazione del socio escluso. Il Tribunale aveva negato l’applicabilità della prescrizione quinquennale, aderendo alla tesi che inquadrava l’esclusione come un potere disciplinare imprescrittibile volto alla conservazione dell’interesse sociale.
  2. Corte d’Appello di Trento: in riforma della sentenza di primo grado, la corte territoriale aveva accolto l’eccezione di prescrizione, annullando la delibera. I giudici d’Appello avevano ricondotto il diritto di esclusione nell’alveo dei diritti derivanti dai rapporti sociali e, di conseguenza, lo avevano ritenuto soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2949, comma 1, c.c. La Corte aveva altresì escluso che le azioni cautelari e risarcitorie precedentemente promosse dalla società potessero costituire idonei atti interruttivi del distinto diritto di esclusione.

La decisione della Corte: diritto potestativo e non potere insindacabile

La Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha rigettato il ricorso della SNC, confermando l’orientamento espresso dalla Corte d’Appello. La questione centrale affrontata dal Collegio riguarda la qualificazione giuridica del diritto di esclusione. I giudici di legittimità hanno respinto la tesi della ricorrente (e del Procuratore Generale) che aveva prospettato la natura imprescrittibile del potere.

Secondo la Corte, l’esclusione non può essere confusa con l’esercizio di una supremazia o di un potere disciplinare sottratto alle regole del Codice Civile. Essa costituisce, al contrario, l’esercizio di un diritto potestativo, il cui effetto è quello di sciogliere il vincolo sociale. In quanto diritto, e non mera facoltà, che attiene a rapporti di natura patrimoniale e incide sulla sfera giuridica di un soggetto, esso è disponibile e deve sottostare alla disciplina estintiva per inerzia, secondo il principio generale dell’ordinamento.

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L’applicazione dell’art. 2949 c.c. e il dies a quo della prescrizione

Stabilita la natura di diritto prescrittibile, la Cassazione ha ritenuto pienamente applicabile l’art. 2949, comma 1, c.c. Tale norma sancisce la prescrizione quinquennale per i “diritti che derivano dai rapporti sociali”. Il diritto di escludere un socio, traendo origine da un inadempimento agli obblighi scaturenti dal contratto di società (il rapporto sociale), rientra pacificamente in tale categoria.

L’aspetto decisivo è stato l’individuazione del dies a quo. La Corte ha chiarito che, nel caso delle gravi inadempienze che si protraggono nel tempo, il termine quinquennale inizia a decorrere dal momento in cui è cessata la condotta inadempiente che ha dato causa all’esclusione. Nel caso di specie, la condotta era cessata nel 2008 con la revoca del socio dalla carica di amministratore, rendendo il termine quinquennale ampiamente spirato al momento della delibera del 2018.

La Corte ha, inoltre, operato una necessaria distinzione con il precedente del 1976 (Cass. n. 345/1976), relativo all’esclusione del socio interdetto. In quel caso, l’imprescrittibilità era correlata alla natura permanente dello status di interdizione: fintanto che lo status permane, la causa di esclusione è attuale e il dies a quo non può decorrere. Tale principio non è estensibile alle inadempienze, che costituiscono fatti storici a tempo determinato.

Conclusioni

In conclusione, il provvedimento fissa il seguente principio di diritto:

“Il diritto di esclusione del socio per gravi inadempienze si estingue per prescrizione nel termine quinquennale previsto dall’art. 2949 c.c.”

Tale statuizione non solo risolve un contrasto giurisprudenziale, ma rafforza i principi di buona fede e di certezza del diritto all’interno della compagine sociale, imponendo alla società un onere di tempestività nell’adozione di un provvedimento di natura così grave, a tutela dell’affidamento del socio in merito alla stabilità del proprio vincolo.

La Corte ha infine disposto l’integrale compensazione delle spese di lite, motivata dalla singolarità e novità della questione giuridica affrontata in assenza di orientamenti recenti di legittimità, riconoscendo implicitamente l’incertezza che aveva caratterizzato il dibattito legale in materia.

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