Giurisdizione e interpretazione dei contratti assicurativi stipulati in paesi extra UE

Nel presente documento si esamina la problematica riguardante l’individuazione del Giudice competente a decidere in merito all’interpretazione di un contratto di assicurazione sulla vita sottoscritto da un cittadino italiano all’estero, nella fattispecie in uno Stato che non è membro UE (Svizzera). La riserva di giurisdizione in favore del Giudice di detto Stato, contenuta nel contratto stesso, deve ritenersi illegittima, in quanto mediante essa lo stipulante – cittadino di un Paese (l’Italia) nei cui confronti il Regolamento UE n. 593/2008 (c.d. “regolamento Roma I) del 17.06.2008 (Individuazione della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali civili e commerciali) è immediatamente vincolante ex art. 288 TFUE – ha designato, quale Giudice, quello di uno Stato che non è membro UE, e pertanto ha violato la norma contenuta nel Trattato, la quale vincola l’Italia (ed i suoi cittadini) nei confronti soltanto dei Paesi aderenti e non anche di Stati “terzi”. Di conseguenza, non potendo applicarsi la normativa contenuta nel Regolamento, deve ritenersi sussistente in materia la giurisdizione del Giudice italiano.

Corte di Cassazione-III Sez. civ.- ord. int. n. 27927 del 29-10-2024

La questione

La Cassazione Sezione Terza Civile, con ordinanza interlocutoria n. 27927 del 29.10.2024, ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso alla Prima Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione relativa alla giurisdizione a decidere sulla lite tra più soggetti che si contendono la qualità di beneficiario d’una polizza vita ex art. 1920 c.c., qualora il contratto di assicurazione contenga una clausola di proroga della giurisdizione.

Nello specifico, la questione è la seguente: quando il contratto è stato stipulato in un Paese che non è membro UE (in tal caso, Svizzera), le controversie relative all’interpretazione del medesimo (nella fattispecie: l’individuazione del vero beneficiario del contratto) spettano comunque al Giudice di tale Stato, oppure sono di competenza del Giudice del luogo (in tal caso, Italia) nel quale si è verificato il fatto (in tal caso, morte del contraente e conseguente apertura della successione) che ha determinato il sorgere delle controversie medesime?

I fatti di causa

Tizio aveva stipulato in Svizzera n. 4 contratti di assicurazione sulla vita di una nipote, ed altri 4 sulla vita di un’altra nipote. Tali contratti, tuttavia, erano stati stipulati anche per il caso di morte. Tizio veniva a mancare e lasciava come eredi la moglie e tre figli. Dopo due anni, anche la moglie veniva a mancare, lasciando quali eredi, oltre che i tre figli, anche due nipoti. Uno dei figli (Caio) del contraente conveniva in giudizio i 4 coeredi (ossia gli altri due figli ed i due nipoti), sostenendo che le otto assicurazioni sulla vita attribuivano in realtà allo stesso contraente, e non ad altri, il diritto all’indennizzo, e che tale diritto era stato assegnato dallo stesso contraente alla moglie a mezzo testamento. Caio, pertanto, sosteneva che tale diritto, a seguito del decesso della moglie, era caduto in successione e che quindi si era trasferito ai figli, o in virtù del suddetto testamento o comunque per effetto di successione legittima.

Le due nipoti si costituivano in giudizio, eccependo il difetto di giurisdizione del Tribunale di Torino sulla domanda avente ad oggetto l’individuazione dell’esatto beneficiario dell’indennizzo assicurativo dovuto dalla Compagnia, e ciò in virtù d’una clausola che attribuiva al giudice svizzero le controversie concernenti il contratto. Il Tribunale di Torino, invece, ribadiva la sussistenza della propria giurisdizione, ed accoglieva la domanda di Caio. La Corte d’Appello, adìta dalle nipoti, confermava tale decisione, in quanto la successione si era aperta in Italia.

L’analisi secondo il diritto italiano

Ai sensi dell’art. 1919 c.c., “l’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo”.

L’art. 5 c.p.c. prevede che la giurisdizione si determina in base “alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda”. Ciò che rileva è non la legge vigente al momento in cui è stato stipulato il contratto (in tal caso, la legge svizzera), bensì quella in vigore al tempo in cui viene proposta la domanda giudiziale volta ad ottenere una sentenza la quale – nel caso di specie – interpreti il contratto stesso e decida di conseguenza. La domanda si basa su un fatto (apertura della successione) che si è verificato in Italia, e quindi dovrebbe essere competente il Tribunale di Torino.

Tuttavia, il criterio stabilito dall’art. 5 c.p.c. non appare risolutivo del problema, perché comunque si deve tornare alla domanda di partenza: per “legge vigente al tempo della domanda” si intende quella del luogo in cui il contratto è stato stipulato, oppure quella del luogo in cui si è verificato il fatto (apertura della successione) su cui si fonda la questione interpretativa del contratto stesso? A ben vedere, il fatto sopra citato rappresenta soltanto “la conseguenza dell’interpretazione”: soltanto se si accerta che effettivamente il beneficiario delle polizze era non un terzo, ossia le due nipoti del contraente, bensì proprio quest’ultimo, allora l’apertura della successione diviene rilevante, e quindi solo in tal caso la domanda dell’attore (Caio, uno dei figli del contraente) può essere accolta. Ma prima bisogna dare una risposta al quesito.

Sempre in base al diritto italiano, l’art. 1362 c.c. stabilisce i seguenti principi:nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole”; “per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”. L’attività interpretativa, pertanto, deve basarsi su un criterio sostanzialistico (la reale volontà delle parti), e non formalistico (ciò che il contratto prevede).

Se si segue questa linea, proprio perché non ci si deve fermare a quanto scritto nel contratto, competente in via esclusiva ad indagare sulla reale volontà delle parti dovrebbe essere non già il Giudice del luogo della stipula, bensì il Giudice investito della domanda: in tal caso, il Giudice italiano (Tribunale di Torino).

L’analisi secondo il diritto internazionale privato

Il regolamento (CE) n. 593/2008 (c.d. “regolamento Roma I) del 17.06.2008 – entrato in vigore il 17.12.2009, il quale disciplina l’individuazione della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali civili e commerciali e che ha sostituito la Convenzione di Roma del 19.06.1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, ratificata con Legge n. 975 del 18.12.1984 – si applica negli Stati membri dell’Unione europea quando deve determinarsi la legge da applicare a contratti aventi elementi di internazionalità.

L’art. 12 prevede chela legge applicabile al contratto ai sensi del presente regolamento disciplina la sua interpretazione”.

Per “legge applicabile” si intende, ai sensi dell’art. 11 delle Premesse, si intende quella scelta dalle parti.

Nel caso in cui le parti non abbiano effettuato la scelta, “il contratto dovrebbe essere disciplinato dalla legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale” (art. 19 Premesse). L’art. 4 prevede tuttavia che il criterio della residenza abituale (in tal caso si tratterebbe della Svizzera, in quanto Tizio, stipulante i contratti di assicurazione sulla vita, aveva la residenza in tale Paese), non sia l’unico e solo strumento di individuazione della legge applicabile. Esso, infatti, stabilisce che, “se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso” da quello della residenza abituale, “si applica la legge di tale diverso paese”.

Come si fa a stabilire il “paese diverso con il quale il contratto presenta un collegamento più stretto”? L’art. 20 delle Premesse stabilisce, al riguardo, che a tal fine “si dovrebbe considerare, tra l’altro, se il contratto in questione sia strettamente collegato a un altro contratto o ad altri contratti”. Se ci si basa su questo principio, allora si deve osservare che un conto è il rapporto intercorrente tra due contratti, un altro conto, invece, è l’interpretazione di un medesimo ed unico contratto, ciò che ricorre nel caso di specie, ove l’apertura della successione non soltanto non è un “contratto” ma, come sopra già evidenziato, rappresenta soltanto “la conseguenza dell’interpretazione” stessa: soltanto se si accerta che effettivamente il beneficiario delle polizze era non un terzo, ossia le due nipoti del contraente, bensì proprio quest’ultimo, allora l’apertura della successione diviene rilevante, e quindi solo in tal caso la domanda dell’attore (Caio, uno dei figli del contraente) può essere accolta.

Tuttavia, nel caso in esame, lo stipulante ha designato, quale Giudice competente a decidere in merito al contratto, il Giudice svizzero, e quindi egli ha effettivamente “scelto”, mediante tale riserva di giurisdizione, la “legge applicabile”. Di conseguenza, in base al principio di “libertà della scelta”, la giurisdizione di tale Giudice dovrebbe considerarsi legittimamente sussistente.

Impossibilità di applicare la normativa comunitaria per difetto di presupposto essenziale

Vi è, tuttavia, un problema all’applicabilità delle norme contenute nel Regolamento UE, in quanto questo si applica agli Stati membri, e la Svizzera – la cui legge è stata “scelta” dallo stipulante mediante la riserva di giurisdizione inserita nel contratto – non è uno Stato membro UE, anche se essa persegue la sua politica europea sulla base di accordi bilaterali settoriali.

Di conseguenza, occorre vedere se la riserva sopra citata, in base alla quale “gli aventi diritto possono promuovere i giudizi in relazione al contratto esclusivamente dinanzi al foro di Zurigo”, possa essere considerata legittima o meno.

Allora la domanda diventa la seguente: è legittimo che lo stipulante (Tizio), di nazionalità italiana, designi, quale Giudice, quello di uno Stato che non è membro UE e che pertanto non è soggetto alle norme del Regolamento UE n. 593/2008, anche se l’Italia, e cioè il suo Paese di origine, è soggetto alle norme dello stesso Regolamento? Ai sensi dell’art. 288 TFUE, “il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”. Pertanto, considerato che il Regolamento UE è vincolante per lo Stato membro UE e di conseguenza anche per i suoi cittadini, si deve ritenere che la suddetta riserva di giurisdizione in favore del Giudice svizzero contenuta nei contratti stipulati sia illegittima, in quanto, mediante essa, lo stipulante ha imposto la giurisdizione di uno Stato – la Svizzera – che, a tutt’oggi, non aderisce all’UE, e, così facendo, ha violato l’obbligo, cui l’Italia si è automaticamente sottoposta (vedi “applicabilità diretta”), di applicare una normativa europea, e non anche quella di un Paese “terzo” rispetto all’Europa, qual è la Svizzera. 

Quindi, poiché la suddetta riserva contrattuale di giurisdizione deve considerarsi, in base al principio comunitario di cui all’art. 288 TFUE, illegittima, automaticamente dovrebbe ritenersi sussistente la giurisdizione italiana, e quindi l’eccezione di giurisdizione del Giudice straniero, sollevata da coloro che pretendono di essere le beneficiarie dei contratti, dovrebbe essere respinta.

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