L’ordinanza interlocutoria recentemente pubblicata dalla Suprema Corte affronta tematiche centrali nella gestione dei rapporti contrattuali in caso di fallimento, segnando un ulteriore capitolo nell’evoluzione della giurisprudenza sull’art. 72, comma 5, della legge fallimentare. Questo intervento normativo, da sempre oggetto di dibattito, regola gli effetti dei contratti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento, bilanciando le esigenze di tutela dei creditori con il principio di cristallizzazione del patrimonio del fallito.
Corte di Cassazione – Sez. I civ.-ord. int. n. 1679 del 23.01.2025
Domanda di risoluzione e trascrizione antecedente al fallimento
La Corte si è trovata a esaminare una vicenda in cui una domanda di risoluzione contrattuale, trascritta prima della dichiarazione di fallimento, era stata successivamente riproposta nell’ambito della procedura fallimentare. L’ordinanza evidenzia il raccordo tra le diverse sedi di giudizio: quella ordinaria, dove inizialmente viene proposta l’azione, e quella fallimentare, che assume competenza esclusiva in virtù del principio del concorso formale sancito dall’art. 52 l.fall.
La trascrizione della domanda prima della sentenza dichiarativa di fallimento è considerata dalla giurisprudenza un elemento essenziale per renderla opponibile al curatore e, quindi, alla massa dei creditori. Tuttavia, come sottolineato dalla Corte, tale trascrizione non basta a garantire automaticamente la continuità del giudizio nella sede ordinaria.
Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito
Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.
Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
L’interpretazione della norma: tra divaricazione processuale e trasmigrazione integrale
L’ordinanza mette in luce due orientamenti principali emersi in dottrina e giurisprudenza. Da un lato, vi è chi sostiene la necessità di separare il giudizio di risoluzione da quello di accertamento del passivo, attribuendo al giudice ordinario la competenza sulla risoluzione del contratto, e al giudice fallimentare quella relativa alle pretese risarcitorie e restitutorie. Questa impostazione mira a preservare la stabilità del giudicato formatosi in sede ordinaria, garantendo al contempo la tutela dei creditori in sede concorsuale.
Dall’altro lato, l’interpretazione della “trasmigrazione integrale” delle domande nella sede fallimentare punta a concentrare tutte le azioni connesse, incluse quelle di risoluzione, presso il giudice delegato. Tale approccio valorizza i principi di concentrazione e celerità del rito fallimentare, evitando frammentazioni e possibili conflitti di giudicati tra le due sedi.
La decisione si inserisce in un contesto giurisprudenziale caratterizzato da posizioni contrastanti, che la Corte ha scelto di rimettere alle Sezioni Unite per dirimere in via definitiva. In particolare, l’ordinanza richiama l’attenzione sulla possibilità di considerare improcedibili le azioni civili già pendenti, imponendo al creditore di riproporle nel rito speciale dell’accertamento del passivo. Un punto centrale è rappresentato dalla necessità di armonizzare gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione con il regime di esclusività della verifica concorsuale.
Equilibrio tra tutela dei creditori e certezza delle regole
L’ordinanza riflette la complessità di bilanciare gli interessi in gioco nelle procedure concorsuali. Da un lato, la tutela dei creditori richiede una gestione unitaria e coordinata delle pretese avanzate nei confronti del patrimonio del fallito; dall’altro, il rispetto delle garanzie procedurali del creditore impone di evitare che la partecipazione al concorso si traduca in un’erosione dei diritti già acquisiti in sede ordinaria.
La decisione finale delle Sezioni Unite sarà fondamentale per chiarire il perimetro di applicazione dell’art. 72, comma 5, e per fornire linee guida certe agli operatori del diritto, soprattutto alla luce delle recenti riforme introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Un esito che potrebbe contribuire a delineare con maggiore precisione i confini tra le due giurisdizioni, assicurando al tempo stesso una gestione efficace delle situazioni patrimoniali pendenti.