Estratto di ruolo non impugnabile per eccepire la prescrizione

La fattispecie dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo ritorna sovente in giurisprudenza, specie quando il debitore ne viene a conoscenza prima della notifica della cartella di pagamento o di altri atti della riscossione. La sentenza della seconda sezione civile della Cassazione, n. 8969 del 4 aprile 2025 (puoi consultare il testo integrale della sentenza cliccando qui), interviene su un caso concernente la prescrizione di una sanzione amministrativa derivante dalla trasgressione delle norme del Codice della Strada, conosciuta dal debitore solo per mezzo di accesso agli atti presso l’Agente della Riscossione. La pronuncia offre l’occasione per analizzare i limiti attuali della tutela del debitore avverso pretese creditorie conosciute indirettamente.

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Il caso

La vicenda trae origine da una sanzione amministrativa per violazione del Codice della Strada, da cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione aveva iscritto a ruolo un importo di circa cento euro.

Il debitore, venuto a conoscenza della pretesa solo a seguito dell’acquisizione di un estratto di ruolo, impugnava tale atto dinanzi al Giudice di Pace. Le doglianze principali riguardavano l’inesistenza o nullità della notifica sia della cartella sia del verbale di accertamento, l’intervenuta prescrizione del credito e vizi formali della cartella. Il Giudice di Pace dichiarava inammissibile l’opposizione all’estratto per carenza di interesse.

Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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In appello, il Tribunale, pur dichiarando cessata la materia del contendere per l’intervenuta pace fiscale (annullamento automatico dei debiti sotto i 1.000 euro affidati alla riscossione fino al 2010, ex art. 4 D.L. 119/2018), esaminava il merito ai fini della soccombenza virtuale.

Il giudice d’appello riteneva comunque inammissibile il ricorso originario, considerandolo un’opposizione tardiva ex art. 7 D. Lgs. 150/2011, in quanto proposto oltre 30 giorni dalla conoscenza della pretesa tramite l’estratto di ruolo, applicando l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 22080/2017) sulla funzione recuperatoria dell’opposizione a cartella non notificata.

Il debitore proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 7 D. Lgs. 150/2011 in cui si rappresentava che il termine di 30 giorni si applica solo ai vizi dell’atto presupposto (il verbale), mentre l’eccezione di prescrizione, quale fatto estintivo sopravvenuto, configurerebbe un’opposizione all’esecuzione proponibile senza limiti di tempo. Criticava inoltre l’individuazione del dies a quo nella data di acquisizione dell’estratto di ruolo invocando un presunto giudicato interno sull’ammissibilità dell’impugnazione dell’estratto.

La decisione

La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, basando la decisione su un presupposto dirimente diverso da quello adottato dal Tribunale: l’assenza dell’interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’impugnazione dell’estratto di ruolo. Tale valutazione tiene conto della normativa sopravvenuta e dell’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26283/2022.

Come noto, l’interesse ad agire presuppone una lesione attuale di un diritto soggettivo e la concreta idoneità del provvedimento richiesto a rimuoverla.

In primo luogo, la Corte respinge la tesi del ricorrente circa la formazione di un giudicato interno sull’ammissibilità dell’azione. Dall’esame della sentenza di primo grado, infatti, non emerge alcun giudicato nel senso sostenuto dal ricorrente.

Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 3-bis del D.L. n. 146/2021, che ha introdotto il comma 4-bis all’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973, relativo alla riscossione mediante ruolo. Secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite, questa disposizione consente l’impugnazione diretta del ruolo e della cartella non notificata solo in presenza di un pregiudizio concreto per il debitore (ad esempio, un’ipoteca o un fermo amministrativo) oppure in caso di avvio di un’azione esecutiva.

La Corte di Cassazione chiarisce che tale norma, applicabile anche ai giudizi pendenti, incide sulla configurabilità dell’interesse ad agire. Poiché, nel caso in esame, il ricorrente non ha allegato alcun pregiudizio concreto né ricorre una delle ipotesi previste dalla legge, l’azione risulta priva di interesse e, pertanto, inammissibile sin dall’origine.

L’interesse ad agire

La sentenza in commento si inserisce nel solco delineato dalle Sezioni Unite, che hanno chiarito la volontà del legislatore nel senso di porre fine al contrasto giurisprudenziale sull’ammissibilità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo informativo. Prima di tale intervento, si riconosceva l’interesse del debitore a un accertamento negativo immediato per eliminare l’incertezza.

L’art. 3-bis del D.L. 146/2021 ha invece limitato tale interesse, richiedendo che l’iscrizione a ruolo si sia spiegata in atti concretamente lesivi. La ratio è quella di evitare un contenzioso preventivo, ritenendo sufficiente la tutela successiva contro gli atti della riscossione notificati.

L’estratto di ruolo, non essendo atto destinato al contribuente ma documento interno all’amministrazione, non fonda di per sé un interesse all’impugnazione, se non nelle limitazioni normativamente previste.

Prescrizione

La decisione della Cassazione non esclude la possibilità di far valere l’eventuale prescrizione, ma preclude l’ammissibilità dello specifico strumento processuale utilizzato, ovvero l’impugnazione dell’estratto di ruolo, in assenza dei presupposti previsti dall’art. 12, comma 4-bis, del D.P.R. n. 602/1973.

Come chiarito dalle Sezioni Unite e ribadito dalla sentenza in commento, il debitore potrà agire solo a fronte di un atto successivo concretamente impugnabile. In particolare, potrà:

  • Proporre opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), qualora intenda contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Questa opposizione è proponibile:

    • contro il primo atto che manifesti la volontà di agire in executivis (es. intimazione di pagamento),

    • oppure contro l’esecuzione già avviata;

  • Impugnare l’atto specifico ricevuto (es. preavviso di fermo o di iscrizione ipotecaria, pignoramento), mediante opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), facendo valere l’omessa notifica dell’atto presupposto come vizio formale idoneo a invalidare l’atto successivo.
    Tale opposizione, volta a contestare la regolarità dei singoli atti del processo esecutivo, deve essere proposta entro 20 giorni dalla notifica dell’atto o dal suo compimento.

Se la natura dell’atto lo consente e rientra nella giurisdizione del giudice adito, il debitore potrà cumulare all’opposizione ex art. 617 c.p.c. anche quella all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., al fine di eccepire la prescrizione.

Conclusioni

La sentenza n. 8969/2025 conferma un orientamento improntato al rigore: l’estratto di ruolo non è, di regola, autonomamente impugnabile per motivi di merito, come l’eccezione di prescrizione, se non nei casi tassativi in cui sussista un pregiudizio concreto per il debitore.

L’azione di mero accertamento negativo, proposta sulla base della conoscenza dell’estratto acquisita su iniziativa del debitore, è priva di interesse ad agire, inteso come presupposto processuale necessario.

La fattispecie delineata, se da un lato contribuisce a deflazionare il contenzioso, dall’altro posticipa la tutela giurisdizionale del debitore, che potrà far valere le proprie ragioni solo a fronte di atti successivi potenzialmente lesivi.

Ne consegue che l’accertamento in giudizio della prescrizione non è precluso, ma va esercitato attraverso strumenti processuali appropriati, quali l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi.

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