Estensione disciplina delle Spa alle Srl: importante pronuncia del Tribunale di Milano

in Giuricivile, 2018, 3 (ISSN 2532-201X), nota a Trib. Milano sent. 11289/2017

Il Tribunale di Milano è tornato di recente a pronunciarsi sul dibattutissimo tema della legittimità dell’applicazione della disciplina codicistica prevista per le S.p.a. anche alle S.r.l..

La questione, a più riprese analizzata dalla dottrina, è stata decisa con la sentenza n. 11289/2017 (della quale è possibile leggere il testo integrale), con la quale il Tribunale ha proseguito la scia delle ultime pronunce in merito.

Il caso in esame

Il caso è stato scatenato dalla domanda proposta al Tribunale da parte di un socio-amministratore di una S.r.l., titolare di una quota di partecipazione del 50%.

Oggetto della domanda attorea è stata la delibera assembleare con cui la società aveva proposto un’azione di responsabilità nei suoi confronti, impugnata dall’attore sul presupposto che tale delibera, in quanto adottata con il solo voto dell’altro socio (che possedeva il restante 50% della partecipazione societaria) fosse da annullare per il mancato raggiungimento del quorum deliberativo. Sosteneva l’attore, infatti, di essersi astenuto dal votare avendo ravvisato un possibile conflitto di interessi nei suoi confronti.

L’attore chiedeva, pertanto, al Tribunale di dichiarare tale delibera invalida proprio sostenendo il mancato raggiungimento del quorum deliberativo previsto dalle disposizioni statutarie.

La società convenuta si costituiva in giudizio sostenendo che delibere fossero state approvata con il rispetto del quorum, invocando in tal caso l’applicazione dell’art. 2368 c.c. [1], norma prevista nel codice civile in materia di S.p.a..

In tale norma si legge, infatti, che le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea, e che tali azioni, oltre a quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione da parte di un socio di astenersi per conflitto di interessi, non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l’approvazione della delibera stessa.

Trovandosi a dover decidere sull’applicazione in via analogica della disciplina prevista all’art. 2368 c.c., relativo alla costituzione dell’assemblea ed alla validità delle deliberazioni assembleari delle S.p.a., anche alle S.r.l., il Giudice milanese è stato di fatto chiamato nuovamente a pronunciarsi su tale difficile questione.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Milano ha deciso per la non applicabilità in via analogica dell’art. 2368 c.c. al caso di specie, accogliendo pertanto la domanda attorea, e pronunciando l’annullamento della delibera assembleare impugnata, oltre che la compensazione delle spese di lite.

Dal dettato della sentenza si intende molto chiaramente quali siano le posizioni del Collegio Giudicante. A  sostegno della propria decisione, infatti, il Tribunale ricorda come la riforma societaria del 2003 abbia riconosciuto la piena autonomia ai due diversi modelli societari (quello delle S.p.a. e delle S.r.l.), affermando che la possibilità di estensione della disciplina delle S.pa. alle S.r.l. debba essere esaminata in concreto, e che trovi spazio solamente qualora venga accertato un effettivo vuoto normativo, e che debba poi anche seguire una successiva verifica di comunanza tra i principi delle tue materie in relazione al caso di specie.

La diversità nella disciplina assembleare tra Spa e Srl

La Corte prosegue sottolineando come vi sia una netta diversità nella disciplina assembleare, che nelle S.p.a. si caratterizza come una disciplina di carattere imperativo, tale da permettere solo specifiche ipotesi di deroga allo statuto, mentre la normativa in ambito di S.r.l. sullo stesso punto appare diametralmente opposta, lasciando più ampio spazio alle deroghe statutarie.

Viene poi fatto un richiamo agli articoli 2379 e 2379 bis c.c., che sono elaborati sulla base di un generale rinvio all’autonomia statutaria (rinvio peraltro reiterato per tutto il dettato degli artt.), emessi in contrapposizione alla formulazione di limitate disposizioni regolamentari inerenti a fattispecie specifiche, che sono generalmente dettate in via meramente surrogatoria rispetto ad un eventuale silenzio dell’atto costitutivo, ma in ogni caso senza far menzione ad alcun rinvio alla disciplina delle S.p.a..

Il Tribunale mette in rilievo anche come la scelta del legislatore in ambito di S.r.l. di rinviare in via generale all’autonomia statutaria, conferendo così una certa autonomia per quanto concerne la restante disciplina, abbia ridotto lo spazio di una possibile integrazione in via interpretativa e analogica della materia. Il caso preso in esame viene fuor dubbio dichiarato al di fuori di questa eventualità di estensione interpretativa.

Il diritto di astensione del socio di Srl

La sentenza si conclude con l’affermazione del principio del pieno riconoscimento del diritto del socio in presunto conflitto di interessi di astenersi dal votare sulla propria condizione, con la necessità, che è stata presa in considerazione dal legislatore solo in tema di S.p.a., di bilanciare esigenze differenti[2], e per di più con una determinazione autoritativa del diritto di partecipazione dei soci alla vita della società che da un lato si trova giustificata, ma dall’altro appare, a detta del giudice di merito, un po’ limitante.

Proprio in ragione della più volte menzionata autonomia statutarie prevista per le S.r.l., e proprio per il fatto che solo in materia di S.p.a. il legislatore sia intervenuto a provvedere all’esigenza della funzionalità dell’ente societario attraverso disposizioni di carattere derogatorio, a detta del Tribunale appare un po’ troppo ardua la scelta di estendere in maniera generalizzata la disciplina delle società per azioni alle S.r.l..

Osservazioni conclusive

La pronuncia in esame arriva sulla scia di svariati precedenti giurisprudenziali, alcuni dello stesso Tribunale di Milano, tra i quali spicca certamente un’importante sentenza della Corte di Cassazione[3] del 2016, con cui la Suprema Corte si è pronunciata sull’applicazione, o per meglio dire sull’inapplicabilità, dell’art. 2367 c.c.(relativo alla convocazione dell’assemblea su richiesta dei soci) anche alle S.r.l. In tale occasione la Corte aveva deciso per l’inapplicabilità in via analogia della norma codicistica alle S.r.l., ingenerando così una serie di pronunce del medesimo avviso, fino ad arrivare a quella presa qui in esame.

Sul tema, però, non è stato ancora messo un punto, in quanto non vi è stato ancora alcun intervento da parte delle Sezioni Unite. Innegabile è il fatto che dopo la riforma del 2003 siano prevalenti in giurisprudenza le decisioni per la non applicabilità della disciplina alle S.r.l., applicazione estendibile in via analogica solamente nel casi in cui vi sia una vera e propria lacuna legis.


[1]L’assemblea ordinaria è regolarmente costituita quanto è rappresentata almeno la metà del capitale sociale, escluse [2373] dal computo le azioni prive del diritto di voto nell’assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata [2375]. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.
L’assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita quando è rappresentata almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.
Salvo diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea. Le medesime azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l’approvazione della deliberazione
.”

[2] Da una parte il Tribunale fa riferimento alla salvaguardia del diritto di voto, dall’altra al rispetto delle previsioni statutarie e al corretto funzionamento della società.

[3] Sentenza Corte di Cassazione, I sez., n. 10821 del 25/05/2016.

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