Tra le tracce della prima prova scritta, relativa al parere civile, per l’esame da avvocato 2019, veniva richiesto di redigere parere motivato in materia di leasing e inadempimento del contratto ex art. art. 1526 c.c.
Ecco il testo completo della prima traccia del parere civile:
L’imprenditore individuale Tizio si rivolge alla Società Gamma affinché la stessa acquisti un macchinario che è in vendita presso il negozio gestito da Caio e glielo conceda poi in locazione finanziaria.
Il contratto di Leasing viene stipulato e prevede il pagamento, a carico dell’utilizzatore Tizio, della complessiva somma di 60.000 euro, suddivisa in rate mensili di 1000 euro ciascuna. Contestualmente, la società gamma e il fornitore stipulano un patto di riacquisto in forza del quale Caio, in caso di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing e a seguito di apposita richiesta da parte della società Gamma, si obbliga a riacquistare il bene a un prezzo prestabilito.
Nel corso del rapporto contrattuale, però, Tizio non paga le ultime 10 rate pattuite. Caio, pur consapevole di non esservi tenuto e per evitare di essere costretto a riacquistare un bene che, in quanto usato, ha ormai perso gran parte del suo valore commerciale, decide di provvedere lui stesso al pagamento dei residui canoni insoluti e versa alla società concedente la somma di 10.000 euro.
Successivamente Caio cita in giudizio Tizio dichiarando di agire in regresso ai sensi dell’articolo 1950 cc e chiedendo la restituzione della somma, maggiorata degli interessi legali dalla data del pagamento. Tizio, ricevuta la notificazione dell’atto di citazione, si rivolge ad un legale per un consulto.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga un parere motivato illustrando le questioni sottese al caso in esame e indicando la linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito.
Partendo dal presupposto che, nelle prove scritte dell’esame da avvocato non esiste, in nessun caso, una soluzione univoca, ecco un utile approfondimento sui temi che la questione sottesa al parere impone di analizzare
Leasing traslativo
All’interno dell’istituto giuridico del leasing finanziario, la dottrina e la giurisprudenza hanno individuato due sottocategorie, a seconda dello scopo concreto che le parti intendono realizzare: il leasing di godimento e il leasing traslativo.
Il primo (il leasing di godimento) ha ad oggetto un bene consumabile, che esaurisce la sua utilità economica nell’ambito di un arco temporale coincidente con la durata del contratto.
Nel secondo (leasing traslativo), invece, la durata del contratto non è connessa alla vita economica del bene, poiché l’intento delle parti è traslativo.
Così inteso, i canoni corrisposti dall’utilizzatore non rappresentano solo il corrispettivo per il godimento del bene, ma anche una parte del prezzo e ciò in quanto, al termine dell’operazione, il bene non avrà esaurito la sua utilità economica, ma conserverà per l’utilizzatore un valore residuo.
La distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo è poi particolarmente significativa in caso di inadempimento dell’utilizzatore per il mancato pagamento delle rate del prezzo che legittimano la risoluzione del contratto. Infatti, si è ritenuto che nel leasing di godimento trovasse applicazione l’art. 1458 c.c. con esonero del concedente dall’obbligo di restituire i canoni già percepiti; nel leasing traslativo, viceversa, riconducendosi la fattispecie ad una vendita a rate, dovrebbe trovare applicazione l’art. 1526 c.c. con conseguente dovere per il concedente di restituire le rate riscosse.
Leasing traslativo e inadempimento del contratto ex art. 1526 c.c.
Ebbene, secondo la recente sentenza della Cassazione n. 18326/2018, al leasing traslativo può applicarsi in via analogica la disciplina dettata in tema di risoluzione per inadempimento del contratto ex art. 1526 c.c., una volta che il rapporto contrattuale sia stato in tal senso qualificato. Tale applicazione non è sussidiaria rispetto alla volontà delle parti, ma inderogabile, comportando in linea generale, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, la restituzione dei canoni corrisposti salvo il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell’utilizzo dei beni tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi, oltre al risarcimento dei danni (in tale senso, v. Cass. Sez. 3 12/09/2014, n. 19272; Cass. Sez. 3 27/09/2011, n. 19732; Cass. Sez. 3 29/03/1996, n. 2909).
Si rileva altresì che gli artt. 1526, comma secondo e 1384 c.c. (applicabili anche alla locazione finanziaria), i quali prevedono rispettivamente il potere del giudice di ridurre l’indennità convenuta in caso di risoluzione del contratto, per l’inadempimento del compratore, e la penale determinata nell’ammontare dei canoni ancora da pagare, non impongono una rigida correlazione all’entità del danno subito dal creditore, posto che in entrambi i casi non si tratta di risarcire un danno, ma, all’opposto, di diminuirne l’entità convenzionalmente stabilita. Pertanto la valutazione del giudice va condotta sul piano dell’equilibrio delle prestazioni con riferimento al margine di guadagno che il concedente si riprometteva di trarre dalla esecuzione del contratto (vedi Cass. civile, Sez. III, sentenza n. 4208 del 23 marzo 2001).
Dunque se da una parte, in caso di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo sarebbe tenuto alla restituzione del bene oggetto della locazione finanziaria, dall’altra resterebbe salvo il suo diritto alla restituzione dei canoni pagati, salvo un equo compenso e l’eventuale risarcimento del danno, in applicazione dell’art.1526 cc, quando il leasing si configuri come traslativo.
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