Esame Avvocato 2018. Parere penale 1° traccia: testo, questione e sentenze in materia

Tra le tracce della seconda prova scritta, relativa al parere penale, per l’esame da avvocato 2018, veniva richiesto di redigere parere motivato sul caso di registrazione di certificato di nascita del figlio concepito all’estero con maternità surrogata eterologa.

Ecco il testo completo della prima traccia del parere penale:

Tizio e Caia, sposati da circa, e residenti in Italia, si recano all’estero per
fare ricorso alla fecondazione eterologa e portare a termine una gravidanza con surrogazione di maternità(consentita dalla legge in vigore in loco). In particolare, la tecnica cui ricorrono i coniugi prevede la formazione di un embrione in vitro con metà del patrimonio genetico del padre e l’altra metà proveniente da una donna ovodonatrice.

L’embrione così generato viene impiantato nell’utero di una terza donna, maggiorenne e volontaria, che porta a termine la gravidanza. Per effetto del ricorso alle menzionate procedure, i due divengono- secondo la legge straniera- genitori di Sempronio. Al fine di ottenere la trascrizione in talia dell’atto di nascita formato dall’ufficiale di Stato civile straniero, i coniugi compilano e presentano all’ambasciata i documenti necessari ai sensi di legge, dichiarando, in particolare che Caia è madre di Sempronio.

L’ufficiale di Stato civile del comune di residenza dei coniugi registra l’atto di nascita attribuendo al neonato lo stato di figlio di Tizio e Caia. Successivamente, però, i predetti ricevono una comunicazione da parte della locale Procura della Repubblica. preoccupati per le possibili conseguenze penali delle proprie azioni, si rivolgono al proprio legale di fiducia per un consulto.

Il candidato, assunte le vesti di legale di Tizio e Caia, premesso i cenni sulla punibilità in Italia del reato commesso all’estero rediga motivato parere esaminando le questioni giuridiche sottese al caso in esame.

Partendo dal presupposto che, nelle prove scritte dell’esame da avvocato non esiste, in nessun caso, una soluzione univoca, ecco un utile approfondimento sui temi che la questione sottesa al parere impone di analizzare.

Alterazione di stato

Il reato in questione è disciplinato dall’art. 567 c.p. ai sensi del quale:

“Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione (da cinque a quindici anni) a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.”

La disposizione citata distingue pertanto due distinte ipotesi di alterazione dello stato civile del neonato:

  • mediante sostituzione
  • mediante falsificazione di certificazioni, attestazioni o altre falsità.

Con riferimento alla fattispecie descritta dal comma II, l’illecito deve considerarsi integrato laddove, all’atto della compilazione dell’originale dell’atto di nascita da parte del pubblico ufficiale, in virtù delle sopra descritta falsificazioni, sia attribuito al neonato uno status diverso da quello che gli dovrebbe spettare secondo natura.

In altre parole, si dovrebbe ritenere integrato il reato di alterazione di stato ex art. 567, comma II, c.p. ogni volta che, in un atto di nascita, venga attribuito ad un infante lo stato di figlio di una persona che non lo abbia realmente generato: la ratio di tale disposizione è la necessità, ritenuta primaria da parte del legislatore, di tutela dell’interesse del minore alla verità dell’attestazione ufficiale della propria ascendenza.

Una sentenza in materia di alterazione di stato

La Corte di Cassazione si è espressa in materia di alterazione di stato e, in particolare sulla questione relativa ad un caso di falsificazione di certificazioni da parte di una donna in seguito ad una fecondazione eterologa con maternità surrogata, con la recente sentenza n. 48696 del 17 novembre 2016.

Ebbene, secondo quanto rilevato dalla Suprema Corte, non può ritenersi integrato, nè sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo, il reato di cui all’art. 567, comma II, c.p. se il ricorso alla c.d. maternità surrogata eterologa sia espressamente autorizzato dalla legislazione straniera.

Quanto al profilo oggettivo, sarebbe infatti variato nel corso degli anni il concetto di discendenza e di filiazione al punto che, assumendo non più una connotazione genetica ma prettamente giuridico-sociale, debba considerarsi “figlio di una coppia tanto il neonato generato con almeno l’uno o l’altro dei gameti (ovociti o spermatozoi) provenienti da uno dei due componenti della coppia quanto il neonato generato con entrambi i gameti donati da terzi persone”.

L’eventuale rifiuto della trascrizione del certificato di nascita si porrebbe peraltro in netto contrasto con quanto affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in relazione all’art. 8 CEDU: si configurerebbe infatti una violazione del diritto all’identità delle persone nonchè al rispetto della vita privata del minore.

Sotto il punta di vista soggettivo, mancherebbe inoltre il dolo generico richiesto per l’integrazione del reato in questione: la coppia, consapevole del divieto di surrogazione di maternità vigente in Italia, aveva infatti svolto l’iter per la fecondazione in Ucraina, dove al contrario tale pratica è legale a tutti gli effetti. Di conseguenza, avendo agito nella convinzione che i certificati rilasciati dalle istituzioni Ucraine fossero totalmente validi e regolarmente emessi, gli imputati non avevano alcuna coscienza e volontà di rendere una dichiarazione generica o non corrispondente al vero sullo stato civile dei neonati.

Alla luce di quanto rilevato, la Corte di legittimità ha pertanto sancito il seguente principio di diritto:

Non commette reato di falsa certificazione la donna che dichiara di essere la madre di bambini nati con la maternità surrogata, con fecondazione eterologa, se in quel Paese la pratica è lecita. 

La falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri

Ai sensi dell’art. 495 c.p. è punito con la reclusione “chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”.

È altresì previsto un aumento della pena 

  1. se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
  2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria.

Con riferimento al caso in esame, il reato non risulterebbe integrato dal punto di vista oggettivo giacché la condotta in questione non soltanto era consentita dalla lex soci ma è proprio la legislazione straniera ad attribuire la qualifica di madre sociale in caso di maternità surrogata, circostanza che escluderebbe radicalmente la sussistenza di una falsa dichiarazione. 

Infine, anche sotto il profilo soggettivo, mancherebbe la coscienza e volontà di rendere una falsa dichiarazione, non sussistenti in virtù della liceità della condotta conferita dall’ordinamento estero.

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