Il diritto di ritenzione ex art 2756 cc: disciplina, presupposti e casi particolari

Disciplina, natura e peculiarità del diritto di ritenzione ex art 2756 cc

Il cd. diritto di ritenzione è disciplinato dal codice civile all’art. 2756 cc, comma 3, il quale dispone espressamente che il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno.

Più precisamente, tale diritto rappresenta una vera e propria forma di autotutela, poiché, in base ad esso, il creditore, che si trova ad essere detentore di un bene del debitore, connesso con il rapporto obbligatorio, può rifiutarsi di restituirlo sino a quando il suo credito non sia stato soddisfatto[1].

Nonostante ciò, in dottrina non vi è un’uniformità di vedute circa la natura di tale diritto. Difatti, una parte ritiene che abbia natura di diritto reale, al contrario, altri riconoscono allo ius retinendi natura di diritto personale.

Non è mancato chi ha ravvisato nel diritto di ritenzione una natura composita, ossia reale e personale allo stesso tempo. Tuttavia, tale affermazione sembra alquanto difficile, dato il numerus clausus dei diritti reali e considerata la mancanza di alcuni caratteri tipici, come ad esempio il diritto di sequela, di appropriazione dei frutti, di possibilità di esecuzione forzata diretta o ancora di prelazione nel ricavato[2].

In realtà, il diritto di ritenzione è uno strumento di autotutela con funzione coercitiva indiretta[3].

In particolare, il diritto di ritenzione è mezzo di autotutela a carattere eccezionale e la giurisprudenza esclude che esso possa essere esteso al di fuori della previsione della norma[4].

In altri termini, le norme che prevedono la ritenzione devono considerarsi eccezionali, in quanto derogano al principio generale che vieta ai singoli di farsi giustizia direttamente[5].

Eppure, tale carattere eccezionale delle ipotesi di autotutela pare contraddetto dal rilevante numero di fattispecie espressamente previste dal codice attualmente in vigore[6].

Infatti, tra le ipotesi di ritenzione possiamo enumerare numerosi esempi:

  • la ritenzione a favore del possessore di buona fede (art.1152 c.c.);
  • la ritenzione del coerede conferente in natura per rimborso di spese e di miglioramenti (art. 748, ult. co., c.c.);
  • la ritenzione di animali mansuefatti (art.925 c.c.);
  • la ritenzione del professionista ex 2235 c.c.;
  • la ritenzione per crediti per prestazioni e spese di conservazione e di miglioramenti (art. 2756 c.c.);
  • la ritenzione per crediti privilegiati del vettore, del mandatario, del depositario e del sequestratario (art. 2761 c.c.);
  • la ritenzione del creditore, pignoratizio (art. 2794 c.c.);
  • il patto solve et repete (art. 1462 c.c.);
  • il recesso del correntista (art. 1830 c.c.);
  • il recesso dell’assicurato (art. 1899 c.c.).

Con riferimento alla fonte, il cd. ius retinendi può essere oggetto di esplicita disposizione normativa oppure costituita in virtù dell’autonomia contrattuale concessa alle parti da cui l’obbligazione è sorta.

Precisamente, quando il diritto di ritenzione è riconosciuto al creditore dalla legge, non sono ammesse interpretazioni analogiche che estendano l’ambito di applicazione del diritto a situazioni simili a quelle oggetto di espressa previsione normativa. Al contrario, l’assoluta tassatività della figura giuridica in esame implica che, fuori dalle ipotesi consentite, la ritenzione di un oggetto, praticata per ottenere l’esecuzione di una prestazione anche se spettante, integrerebbe addirittura un illecito anche penale[7].

Presupposti

Costituiscono presupposti per l’applicazione del diritto di ritenzione:

  • il possesso in buona fede della cosa;
  • l’esistenza del credito, che deve essere certo, liquido ed esigibile;
  • inoltre, deve sussistere una connessione tra il credito e la res, ossia il collegamento funzionale tra il credito e il bene posseduto[8].

In ordine ai presupposti, e in particolare all’esistenza del credito, pare opportuno chiarire che l’esercizio del diritto di ritenzione non vale a scriminare l’agente relativamente al reato di appropriazione indebita, quando il credito che si vuole tutelare attraverso l’esercizio dello ius retinendi non è né liquido né esigibile.

In tal caso, infatti, l’appropriazione della cosa altrui integra il reato di cui all’art. 646 c.p., dovendosi ritenere ingiusto il profitto che l’agente intende realizzare in virtù di una pretesa che avrebbe dovuto far valere, in quanto non compiutamente definita nelle specifiche necessarie connotazioni di determinatezza, liquidità ed esigibilità, soltanto con i mezzi leciti e legali posti a disposizione dall’ordinamento giuridico[9].

Tipologie di ritenzione

È possibile individuare due tipologie di ritenzione:

  • una cd. ritenzione privilegiata
  • l’altra cd. ritenzione semplice.

Nella prima ipotesi, al creditore, oltre alla causa di prelazione, viene riconosciuto come ulteriore tutela, il diritto di ritenere il bene oggetto del privilegio, finché non è stato soddisfatto del suo credito[10].

Un esempio di ritenzione privilegiata è oggetto dell’art. 2756, co.1, cc., ai sensi del quale i creditori, che vantano la loro pretesa per aver effettuato prestazioni ed aver sostenuto spese per la conservazione o il miglioramento di un bene mobile, possono sia ritenere la cosa soggetta a privilegio finché il loro credito non sia soddisfatto, sia venderla secondo le norme stabilite per la vendita della cosa data in pegno[11].

Al contrario, nella seconda ipotesi, vi è un diritto di ritenzione senza privilegio.

Un caso di ritenzione semplice è quello previsto dall’art. 1152 c.c., del diritto di ritenzione spettante al possessore di buona fede (di un bene immobile) finché non gli siano corrisposte le indennità dovutegli. O ancora, il diritto riconosciuto sull’immobile all’affittuario coltivatore diretto, finché il locatore non gli corrisponde le indennità dovutegli per i miglioramenti apportati al fondo[12].

Infine, oltre alle tipologie succitate, merita di essere altresì menzionato il cd. pegno gordiano. Esso infatti costituisce una particolare fattispecie di diritto di ritenzione che riconosce al creditore pignoratizio il diritto di rifiutare la restituzione del pegno fino al pagamento degli altri debiti sorti successivamente a carico del debitore pur se non inclusi nel contratto costitutivo del pegno[13].

Più semplicemente, l’art. 2794, co.2, c.c., dispone che si verifica il cd. pegno gordiano quando il pegno è stato costituito dal debitore e quest’ultimo ha, verso lo stesso creditore, un altro debito, sorto dopo la costituzione del pegno e scaduto prima che sia pagato il debito anteriore.


[1] In  merito  M.  BESSONE,  Istituzioni  di  Diritto  Privato,  Giappicelli Editore,  Torino, 2009, p. 1169.

[2] A tal proposito consultare P.BASSO, Il diritto di ritenzione, Giuffrè editore, Milano, 2010,  p. 35.

[3] Cfr. F. CARINGELLA, G. DE MARZO, Manuale di diritto Civile. Persone, famiglia, successioni e proprietà. Giuffrè Editore, Milano, 2007, p. 642.

[4] Sul punto vedi F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007, p. 238

[5] Così P.STANZIONE, Manuale di diritto privato. Terza edizione. Giappichelli  Editore, Torino, 2013, p 660.

[6] A tal proposito consultare P.BASSO, Il diritto di ritenzione, Giuffrè editore, Milano, 2010, pp. 16 e ss.

[7] Così P.STANZIONE, Manuale di diritto privato. Terza edizione. Giappichelli Editore, Torino, 2013, p 660.

[8] Vedi C. CICERO, Trattato di diritto privato. Le Obbligazioni: I modi di estinzione delle obbligazioni. Giappichelli Editore, Torino, 2013, p. 147.

[9] In merito R. CLARIZIA, Garanzie reali e personali. Costituzione, tutele sostanziali e strategie processuali, Cedam, Padova, 2011, p. 85 e ss.

[10] In  merito  M.  BESSONE,  Istituzioni  di Diritto Privato, Giappicelli Editore, Torino, 2009, p. 1169.

[11] A tal proposito consultare P.STANZIONE, Manuale di diritto privato. Terza edizione, Giappichelli Editore, Torino, 2013, p 661.

[12] Così F.GALGANO, Trattato di diritto civile. Volume terzo . Terza edizione, Cedam, Padova, 2014, pp. 460 e ss.

[13] Così C.M.BIANCA, Diritto Civile. Volume 7, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p.255. Tale diritto ebbe origine in una costituzione dell’imperatore Gordiano dell’anno 239. In seguito, fu quindi conosciuto con il nome di pegno Gordiano.

1 COMMENTO

  1. Mio nipote ha perso il controllo dell’auto in montagna a causa di una strada non pulita, arrestatosi sulla neve si è reso conto di essere finito in un tombino aperto e di aver danneggiato consistentemente l’auto, i servizio di carro attrezzi con relativa officina gli ha presentato un preventivo di 1650 euro che è superiore al valore dell’auto, e di fronte alla decisione di portarla via pretende il pagamento di 350 € per il soccorso stradale, ho il sospetto che intenda anche chiedere il pagamento del deposito, ora mi chiedo se il diritto di ritenzione che il suddetto dichiara di poter esercitare sia legale, e se è possibile disporre la vendita cautelativa dell’auto per saldare il conto da parte del proprietario registrato, o la cessione in pegno in quanto il motivo della sua presenza in zona era di lavoro presso un locale in zona come barman e la mancanza di un mezzo di trasporto ne pregiudica la possibilità di procurarsi un reddito per saldare il conto.

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