
La Prima Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 14488/2025, depositata il 30 maggio (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), è tornata a pronunciarsi sul delicato tema della deindicizzazione dei motori di ricerca, nell’ambito del più ampio diritto all’oblio. Il caso posto all’esame della Corte solleva interrogativi rilevanti sull’equilibrio tra tutela della reputazione personale e libertà di informazione, evidenziando le difficoltà interpretative che si pongono davanti a contenuti online riferiti a vicende giudiziarie superate.
Consiglio: il volume “Intelligenza artificiale e responsabilità dei professionisti”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, analizza in chiave sistematica le implicazioni giuridiche e deontologiche dell’uso dell’AI nelle professioni, con particolare attenzione al ruolo della fiducia nel rapporto con il cliente.
Intelligenza artificiale e responsabilità dei professionisti
Il volume analizza le principali figure di professionisti in senso stretto (avvocati, notai, medici, commercialisti, ingegneri), unitamente a quelle di soggetti pubblici che, di regola, giudicano le loro condotte (magistrati) e di alcuni ausiliari del giudice (CTU) o soggetti preposti alla deflazione del contenzioso (mediatori).
Ogni capitolo è dedicato ad una figura professionale specifica ed il filo conduttore, che li attraversa, è dato dalla fiducia e dall’affidamento sottesi al rapporto interumano da cui origina il rapporto professionale.
Gli algoritmi e le istruzioni di condotta impartite agli strumenti di Intelligenza Artificiale sono la frontiera su cui si misura la profonda trasformazione delle professioni, che è in atto. Per tutte le figure analizzate, l’Altro è innanzitutto il Cliente, il Paziente, l’Assistito, oltre che naturalmente il Collega, la Controparte, il Consulente Tecnico d’Ufficio, l’Ausiliario e così via.
La reciprocità è indicata come il faro, con cui illuminare il percorso delle professioni in un momento di cambiamento e ridefinizione.
L’opera offre, in modo pratico, un’analisi sistematica e comparativa dei diversi regimi risarcitori e sanzionatori operanti tra professionisti con riferimenti normativi, dottrinali e giurisprudenziali.
Francesca Toppetti
Esperta in responsabilità professionale e diritto sanitario, avvocato cassazionista, è coordinatrice del Dipartimento Intelligenza Artificiale e Responsabilità in Sanità della UMEM. Membro del Consiglio Direttivo dell’Unione Europea per la Tutela dei Diritti dell’Uomo e componente della Commissione Responsabilità Professionale Sanitaria istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Autrice di numerose pubblicazioni e volumi, è relatrice in convegni e congressi in materia di responsabilità civile, tutela dei diritti della persona e conciliazione stragiudiziale delle liti. Si occupa di filantropia ed è Direttore Generale di Emergenza Sorrisi ETS.
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Francesca Toppetti, 2025, Maggioli Editore
26.00 €
24.70 €

Intelligenza artificiale e responsabilità dei professionisti
Il volume analizza le principali figure di professionisti in senso stretto (avvocati, notai, medici, commercialisti, ingegneri), unitamente a quelle di soggetti pubblici che, di regola, giudicano le loro condotte (magistrati) e di alcuni ausiliari del giudice (CTU) o soggetti preposti alla deflazione del contenzioso (mediatori).
Ogni capitolo è dedicato ad una figura professionale specifica ed il filo conduttore, che li attraversa, è dato dalla fiducia e dall’affidamento sottesi al rapporto interumano da cui origina il rapporto professionale.
Gli algoritmi e le istruzioni di condotta impartite agli strumenti di Intelligenza Artificiale sono la frontiera su cui si misura la profonda trasformazione delle professioni, che è in atto. Per tutte le figure analizzate, l’Altro è innanzitutto il Cliente, il Paziente, l’Assistito, oltre che naturalmente il Collega, la Controparte, il Consulente Tecnico d’Ufficio, l’Ausiliario e così via.
La reciprocità è indicata come il faro, con cui illuminare il percorso delle professioni in un momento di cambiamento e ridefinizione.
L’opera offre, in modo pratico, un’analisi sistematica e comparativa dei diversi regimi risarcitori e sanzionatori operanti tra professionisti con riferimenti normativi, dottrinali e giurisprudenziali.
Francesca Toppetti
Esperta in responsabilità professionale e diritto sanitario, avvocato cassazionista, è coordinatrice del Dipartimento Intelligenza Artificiale e Responsabilità in Sanità della UMEM. Membro del Consiglio Direttivo dell’Unione Europea per la Tutela dei Diritti dell’Uomo e componente della Commissione Responsabilità Professionale Sanitaria istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Autrice di numerose pubblicazioni e volumi, è relatrice in convegni e congressi in materia di responsabilità civile, tutela dei diritti della persona e conciliazione stragiudiziale delle liti. Si occupa di filantropia ed è Direttore Generale di Emergenza Sorrisi ETS.
Il caso
Il ricorrente, assolto da ogni accusa in sede penale, aveva chiesto a un motore di ricerca la deindicizzazione di alcuni link che, digitando il suo nome e cognome, riportavano articoli e contenuti legati a una vecchia vicenda giudiziaria. Nonostante l’esito favorevole dei procedimenti a suo carico, e la rilevante distanza temporale dagli eventi, alcuni URL risultavano ancora accessibili e associate alla sua identità.
A seguito della negazione della sua richiesta, l’uomo aveva agito in giudizio domandando al Tribunale di ordinare la rimozione delle pagine web e degli URL, adottando ogni provvedimento utile alla protezione dei dati personali o ad impedire il protrarsi della lesione dei diritti alla riservatezza, oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale aveva, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere per dieci dei quattordici URL perché non erano più indicizzati con il nome e il cognome del ricorrente, mentre aveva rigettato la domanda per gli altri, ritenendo persistente l’interesse pubblico alla loro reperibilità.
Il giudice di primo grado, infatti, a sostegno della propria decisione, aveva rilevato che il diritto all’oblio non è un diritto al quale l’ordinamento offra una tutela incondizionata, in quanto deve essere necessariamente bilanciato con ulteriori interessi, tra cui spicca il diritto alla informazione nel legittimo esercizio del diritto di cronaca, quale declinazione dell’art. 21 Cost.
L’uomo ha dunque proposto ricorso per Cassazione, lamentando una lesione ingiustificata del proprio diritto all’oblio e alla protezione dei dati personali, anche alla luce della natura obsoleta e non aggiornata delle informazioni ancora accessibili.
Bilanciamento tra diritto all’oblio e diritto di cronaca nella giurisprudenza di legittimità
La Suprema Corte, nell’esaminare la questione, ha richiamato la sentenza n. 6919/2018 (ne abbiamo parlato qui) che, affrontando la questione se la pretesa all’oblio costituisca un diritto “assoluto”, o se contempli, tra i propri presupposti, il necessario riscontro di un ulteriore profilo lesivo della personalità dell’individuo, ha affermato, in linea di principio, la prevalenza del “fondamentale diritto all’oblio”.
Tale diritto è suscettibile di recedere rispetto al diritto di cronaca solo in presenza di determinati requisiti quali:
- il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;
- l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia;
- l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;
- l’impiego di modalità improntate alla verità, non eccedenti lo scopo informativo nell’interesse del pubblico, e scevre da insinuazioni o considerazioni personali, sì da
evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; - la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.
Le Sezioni Unite, poi, con la sentenza n. 19681/2025, hanno affermato che, in tema di rapporti tra diritto alla riservatezza e diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato, il giudice di merito ha il compito di valutare l’interesse pubblico, concreto e attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti.
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L’intervento della Corte: la censura della sentenza di merito
Il diritto all’oblio, quindi, come evidenziato anche nella pronuncia del Tribunale, non gode di una tutela incondizionata, ma deve essere oggetto di un costante bilanciamento con il diritto di cronaca e con l’interesse pubblico alla conoscibilità dei fatti.
La Cassazione ha, tuttavia, precisato che questo bilanciamento non può fondarsi su presunzioni generiche, ma deve poggiare su una valutazione concreta del contenuto, della sua attualità e dell’impatto sulla vita del soggetto coinvolto.
Il Supremo Collegio ha censurato il ragionamento del giudice di merito in quanto non avrebbe adeguatamente considerato il tempo trascorso dalla pubblicazione originaria delle notizie, né la circostanza che il contenuto reperibile non risultasse aggiornato con gli sviluppi giudiziali favorevoli al ricorrente.
Il ruolo del motore di ricerca e la responsabilità informativa
Un ruolo significativo, in vicende di questo tipo, è quello ricoperto dai motori di ricerca nel sistema della comunicazione contemporanea. La Cassazione ha sottolineato come tali soggetti, pur non producendo i contenuti, ne amplificato la visibilità e l’accessibilità, diventando così “co-attori” nella diffusione delle informazioni.
In questo contesto, la deindicizzazione, lungi dal costituire una forma di censura, assume il valore di strumento tecnico e giuridico per ridurre l’impatto lesivo di notizie che, pur legittimamente diffuse in origine, non rispondono più a un interesse attuale della collettività.
Il principio di diritto
La Suprema Corte ha, quindi, accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata ed enunciando il seguente principio di diritto:
“Nel giudizio di bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca giudiziaria, la valutazione del giudice di merito è censurabile in cassazione ove i motivi di doglianza, lungi dall’investire l’accertamento del fatto nella sua materialità storica, riguardino la correttezza del metodo seguito nonché il rispetto dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità, poiché, essendo coinvolto il diritto fondamentale al controllo dell’insieme delle informazioni che definiscono l’immagine “sociale” (la cd. autodeterminazione informativa), l’atteggiarsi del singolo fatto concreto finisce con il penetrare nel cuore stesso delle valutazioni, concorrendo a determinare il senso o il verso del bilanciamento, il quale presuppone un complesso giudizio nel quale assumono rilievo decisivo la notorietà dell’interessato, il suo coinvolgimento nella vita pubblica, l’oggetto della notizia e il tempo trascorso”.
La persistenza online di notizie relative a procedimenti penali conclusi con esito assolutorio, non aggiornate e facilmente reperibili attraverso l’indicizzazione nominativa, può comportare una lesione del diritto all’oblio e giustificare la rimozione o la deindicizzazione dei link dai motori di ricerca, in assenza di un attuale e concreto interesse pubblico alla loro conoscibilità.
L’interesse pubblico, chiarisce la Corte, deve essere attuale e motivato; non basta il mero riferimento alla gravità originaria dei fatti. A ciò si aggiunge l’importanza del tempo trascorso e della correttezza informativa, specialmente quando il contenuto non riporta l’esito finale favorevole all’interessato.
Conclusioni
Questa pronunciata rafforza l’orientamento volto a tutelare la riservatezza dei soggetti che hanno diritto a non essere perennemente esposti a notizie ormai superate, soprattutto se legate a vicende giudiziarie concluse positivamente. La Cassazione richiama i giudici di merito a un bilanciamento effettivo e non astratto tra diritto all’oblio e diritto di cronaca, nel quale la veridicità e l’attualità delle informazioni assumono un ruolo decisivo.
La sentenza n. 14488/2025 rappresenta un ulteriore tassello nella costruzione di un diritto all’oblio effettivo, in grado di stare al passo con l’evoluzione dell’informazione digitale, senza ledere i diritti fondamentali del singolo, ma proteggendo la dignità e la reputazione di chi ha diritto a voltare pagina.