Decorrenza del termine breve di impugnazione: parola alle Sezioni Unite

in Giuricivile, 2018, 7 (ISSN 2532-201X), Nota a Cass. civ., sez. II, ord. 3/05/2018 n. 10507

Al fine di inquadrare correttamente la questione pare opportuno ricordare, in breve, che i termini per proporre impugnazione possono essere distinti in due categorie:

  • i termini brevi (art. 325 c.p.c.), che sono di 30 giorni in caso di appello, revocazione e opposizione di terzo e di 60 giorni per il ricorso per cassazione, decorrono, in linea generale, dalla notificazione della sentenza;
  • il termine lungo (art. 327 c.p.c.), di 6 mesi, decorre invece dalla pubblicazione della sentenza. Posto per esigenze di certezza dei rapporti giuridici, serve per evitare che il passaggio in giudicato della sentenza possa essere indefinitamente protratto[1].

Con particolare riferimento ai termini brevi, ai sensi dell’art. 326 c.p.c. essi sono perentori e decorrono, per tutte le parti, dalla notificazione della sentenza[2].

Sul concetto di notificazione sussistono però da tempo dei dubbi interpretativi, dubbi che hanno di recente portato le Sezioni Semplici della Cassazione alla rimessione della questione alle Sezioni Unite.

La questione controversa

Come anticipato, la II sezione civile della Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per la sua assegnazione alle Sezioni Unite civili, la seguente questione: per il soggetto notificante il termine breve per impugnare decorre

  • dalla data di consegna della sentenza all’ufficiale giudiziario
  • o da quella, eventualmente successiva, di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario?

Il Presidente, preso atto del contrasto giurisprudenziale sul punto, con ordinanza datata 3 maggio 2018, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.

Il fatto

Un soggetto proponeva al Pretore istanza di manutenzione nel possesso nei confronti vicino, chiedendo che gli venisse vietato di continuare a costruire un muro posto a distanza illegale dal confine dei relativi fondi e che l’opera venisse demolita.

Il Tribunale accoglieva la domanda, condannando il resistente alla riduzione dell’altezza del muro per renderlo conforme al disposto dell’art. 878 c.c.

Avverso tale sentenza l’attore proponeva appello, contestando che il Giudice di prime cure non avesse ordinato la demolizione del terrapieno che aveva abusivamente prodotto un dislivello tra i due fondi.

La Corte d’Appello, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condannava l’appellato a demolire anche il predetto terrapieno.

Per ciò che in questa sede interessa, la Corte affermava che il termine breve di impugnazione non coincidesse con la consegna della sentenza da notificare all’Ufficiale giudiziario, bensì con la sua ricezione da parte al destinatario. La ratio risiederebbe nell’esigenza di certezza che la notifica della sentenza sia andata a buon fine.

Ricorreva per cassazione il soccombente, lamentando la nullità della sentenza o del provvedimento ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. nonché la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. Sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare, come dies a quo del termine d’impugnazione, la ricezione della sentenza da parte del destinatario e non piuttosto la consegna all’Ufficiale Giudiziario per la notifica.

Le tesi giurisprudenziali

In effetti la questione della decorrenza del termine breve di impugnazione è da tempo controversa, poiché all’interno della Cassazione si contendono il campo due diversi orientamenti:

  1. secondo una prima impostazione (Cass. civ. 883/2014) il termine decorrerebbe dalla consegna dell’atto da notificare all’Ufficiale Giudiziario, in applicazione analogica dell’art. 2704 c.c. Dal momento che il termine decorre dalla c.d. conoscenza legale, la consegna integrerebbe un fatto che stabilisce in modo certo la conoscenza della sentenza da parte dell’impugnante;
  2. ad avviso di altra tesi (Cass. civ. 9258/2015), invece, la conoscenza legale rientrerebbe tra i c.d. effetti bilaterali, per cui gli effetti della notifica si produrrebbero contestualmente per il notificante ed il notificato. Di conseguenza, per il notificante il dies a quo non può che coincidere con il momento del perfezionamento del procedimento di notificazione nei confronti del destinatario.

Le due ricostruzioni, a ben vedere, rispondono a due principi differenti, che non possono essere ricondotti ad unità. L’una si fonda sul principio di presunzione di conoscenza, per cui si presume che tutte le parti coinvolte nel procedimento di notifica siano a conoscenza degli atti notificati, l’altra sul principio della bilateralità degli effetti, in forza del quale la notifica si presume conosciuta solo quando il procedimento di notificazione sia effettivamente concluso. Posto che entrambe le impostazioni appaiono sostenibili e, nelle loro ragioni, condivisibili, la sezione rimettente osserva che, per addivenire ad una soluzione corretta, è necessario comprendere quale delle due strade appaia – all’interno del nostro sistema normativo – più coerente, razionale e garantista.

Dalla lettura dell’ordinanza, in realtà, emerge come la II sezione propenda per la coincidenza del dies a quo per entrambi i soggetti. Ciò lo si evincerebbe da due osservazioni. In primo luogo, dal richiamo, in un’ottica storico-sistematica, del codice di procedura civile del 1985, il cui art. 45 disponeva che la notifica della sentenza producesse effetto in modo simultaneo per notificante e notificato, salva diversa disposizione di legge. In secondo luogo, dall’osservazione che il termine breve ex art. 326 c.p.c. mira a fare passare velocemente la sentenza in giudicato, giudicato che non può che costituirsi nel medesimo momento per tutte le parti e gli interessati.

Si attende dunque l’intervento dirimente delle Sezioni Unite, peraltro da tempo reclamato dalla dottrina.


[1] P. Spaziani – F. Caroleo, Manuale di diritto processuale civile, Modugno, 2018, 329 s.

[2] P. Biavati, Argomenti di diritto processuale civile, Bologna, 2011, 428 s.

1 COMMENTO

  1. Allora, in assenza del destinatario, l’atto giudiziario trasmesso per via postale si considera notificato nel momento in cui il portalettere lascia l’avviso nella buca delle lettere? Oppure allo scadere del decimo giorno successivo a tale evento? Oppure ancora, la notifica non si considera affatto legalmente perfezionata fino a quando il destinatario non l’abbia fisicamente ricevuta in mano ? E in conclusione, da quale momento poi decorrono i termini per una eventuale impugnazione ?

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