
La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 16604 del 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), torna a riflettere sui criteri di liquidazione del danno da lucro cessante derivante dalla perdita della capacità lavorativa specifica, con particolare attenzione all’onere probatorio in capo al danneggiato. La questione coinvolge il delicato equilibrio tra risarcibilità del danno futuro e accertamento della compatibilità lavorativa postuma, soprattutto in relazione al mutamento delle capacità residue e alle concrete possibilità di reinserimento professionale.
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ToggleIl caso in sintesi
Nel giudizio di merito, la vittima di un grave infortunio causato da un incidente automobilistico, aveva domandato il risarcimento integrale del danno da perdita della capacità di guadagno, sostenendo, dopo il licenziamento, di non essere più in grado di reinserirsi nel mercato del lavoro. La Corte d’Appello aveva negato il ristoro integrale del lucro cessante, affermando che l’appellante non avesse provato di avere cercato concretamente un nuovo impiego compatibile con le residue capacità.
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Il risarcimento del danno nell'infortunistica stradale
Questo manuale si pone l’obiettivo, da un lato, di illustrare i lineamenti giuridici della materia comunemente definita “infortunistica” – proponendo una guida pratica dedicata all’attività di raccolta e predisposizione della documentazione necessaria a giustificare le richieste risarcitorie alla compagnia – e, dall’altro, di fornire valide e utili indicazioni per una corretta gestione della trattativa stragiudiziale. Il volume propone soluzioni operative con consigli pratici riguardanti la gestione dei rapporti con i clienti e i collaboratori esterni. Completano il volume un glossario dei termini tecnici più importanti, una selezione della normativa vigente e tutti i riferimenti utili delle compagnie di assicurazione operanti in Italia.
Massimo Quezel
Consulente in infortunistica dal 1997, fondatore e presidente del primo franchising in Italia di studi di consulenza dedicati alla tutela dei diritti dei danneggiati. Ha maturato una decennale esperienza come liquidatore assicurativo per una compagnia estera che gli ha permesso di acquisire un’importante esperienza nel settore. È autore dei libri inchiesta Assicurazione a delinquere, Malassicurazione e, con Francesco Carraro, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni. Dal 2003 dirige il trimestrale BluNews, dedicato al settore della tutela dei diritti e del risarcimento del danno (www.massimoquezel.it).
Francesco Carraro
Avvocato, vicepresidente dell’associazione forense “La Meridiana - Giuristi & Responsabilità”, composta da avvocati esperti nel campo della responsabilità civile e del risarcimento. Formatore in ambito giuridico e sulle tecniche di comunicazione, è autore dei seguenti saggi: Gestire il proprio tempo, Convincere per vincere e I nove semi del cambiamento. È coautore, con Massimo Quezel, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni (www.avvocatocarraro.it).
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Massimo Quezel, Francesco Carraro, 2025, Maggioli Editore
26.00 €
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Il risarcimento del danno nell'infortunistica stradale
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Avvocato, vicepresidente dell’associazione forense “La Meridiana - Giuristi & Responsabilità”, composta da avvocati esperti nel campo della responsabilità civile e del risarcimento. Formatore in ambito giuridico e sulle tecniche di comunicazione, è autore dei seguenti saggi: Gestire il proprio tempo, Convincere per vincere e I nove semi del cambiamento. È coautore, con Massimo Quezel, di Salute S.P.A. – La Sanità svenduta alle Assicurazioni (www.avvocatocarraro.it).
Avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso in Cassazione, articolato su più motivi, tra cui la censura della decisione d’appello che aveva subordinato la liquidazione del danno alla dimostrazione dell’infruttuosa ricerca di una nuova occupazione.
L’onere della prova nel danno da incapacità lavorativa
Uno dei passaggi centrali dell’ordinanza è dedicato all’individuazione dell’onere della prova. Secondo la Suprema Corte, la vittima di un infortunio che abbia subito una riduzione della propria capacità lavorativa non è tenuta a dimostrare “di avere inutilmente cercato un nuovo lavoro” per ottenere il risarcimento del lucro cessante. Tale pretesa — osservano i giudici — contrasta con i principi generali in tema di responsabilità civile e rischia di trasformare la prova del danno in una sorta di “probatio diabolica”, fondata su presunzioni di inefficienza piuttosto che sulla realtà medico-legale accertata.
La Corte sottolinea che, una volta provata l’esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica, il giudice deve attenersi alla verifica della loro compatibilità oggettiva con mansioni compatibili, valutando la possibilità concreta di una collocazione alternativa. La mancata ricerca del lavoro, pertanto, può rilevare al più come elemento di valutazione ai fini dell’art. 1227 c.c., in termini di concorso colposo della vittima.
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L’incapacità lavorativa e il margine di reinserimento
La Cassazione ribadisce che nella liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno è necessario tenere conto della possibilità di reinserimento nel mercato del lavoro, ma ciò non implica che la vittima debba provare l’inesistenza di ogni ipotesi alternativa. Il criterio non può essere assolutizzato: non è sufficiente osservare che “avrebbe potuto cercare” un lavoro compatibile, né subordinare il risarcimento a un comportamento attivo dimostrato attraverso mezzi documentali.
A tal fine, il Collegio richiama il concetto di “perdita delle forze industriose con possibilità di reimpiego”, affermando che il giudice deve valutare la riduzione della capacità di guadagno in relazione al concreto pregiudizio subito, e non in astratto. In questo quadro, l’accertamento della compatibilità lavorativa deve essere il risultato di una perizia medica adeguatamente motivata e orientata alle reali possibilità di collocamento.
Accoglimento parziale del ricorso
La Corte accoglie parzialmente il primo motivo di ricorso, applicando i seguenti principi di diritto:
“L’accertamento del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno, conseguente a lesioni personali, postula che:
a) siano individuati i postumi permanenti e la loro entità;
b) sia verificata la compatibilità di tali postumi con le attività concretamente svolte dalla vittima;
c) sia valutata la possibilità di reinserimento lavorativo in mansioni diverse ma compatibili, anche meno remunerative, tenendo conto della professionalità acquisita e della condizione soggettiva della persona”.“Sebbene il danno da lucro cessante causato dall’incapacità di lavoro possa
dimostrarsi anche col ricorso alle presunzioni semplici, deve escludersi ogni
automatismo tra il grado percentuale di invalidità permanente e l’esistenza
del suddetto danno”.“La circostanza che la vittima di lesioni personali, licenziata a causa del
superamento del periodo di comporto, non dimostri di avere cercato un altro
lavoro che le garantisse un pari livello di reddito non è di per sé d’ostacolo
alla liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante”.
Il Collegio ribadisce inoltre che, se il danneggiato non dimostra condotte colpose in relazione alla perdita della capacità lavorativa (es. aggravamento del danno o mancata cura), non può essergli addossato l’onere ulteriore di dimostrare l’impossibilità assoluta di trovare un nuovo impiego.
Conclusioni
Con l’ordinanza n. 16604/2025, la Cassazione segna un punto di equilibrio tra diritto al risarcimento integrale e tutela da pretese infondate. La sentenza offre una lettura rigorosa ma coerente della prova del danno futuro, respingendo derive formalistiche e ricordando che il giudizio risarcitorio non può trasformarsi in una penalizzazione per chi subisce una lesione.
Nel bilanciamento tra effettività della tutela e prova del danno, la Corte conferma che il processo civile deve restare uno strumento di equità sostanziale. La decisione si colloca, quindi, in un solco giurisprudenziale che afferma, con chiarezza, che la dignità del lavoro non può essere subordinata alla disponibilità della vittima a dimostrare ciò che, in concreto, potrebbe essere impossibile provare.
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