Comodato casa familiare: la restituzione al genitore comodante in caso di separazione coniugale

in Giuricivile, 2017, 3, (ISSN: 2532-201X)

Una problematica, ricorrente spesso nella pratica, riguarda il caso in cui un soggetto concede in comodato d’uso un immobile ad una coppia di coniugi, a scopo di abitazione per soddisfare le esigenze familiari, senza fissare un termine finale.

Ci si chiede, di conseguenza, se il comodante (solitamente il genitore di uno di essi) possa chiedere la restituzione del bene ad nutum nel caso di separazione personale dei coniugi e assegnazione giudiziale dell’appartamento ad uno di essi affidatario dei figli.

Il vincolo di destinazione del comodato della casa familiare

La giurisprudenza ha chiarito che nel caso in cui il comodato abbia ad oggetto un bene immobile concesso per soddisfare le esigenze del nucleo familiare beneficiario e, successivamente alla separazione personale dei coniugi, l’immobile venga assegnato giudizialmente ad uno di essi (solitamente la nuora del comodante) affidatario preferenziale dei figli, il contratto non può essere risolto in virtù di una mera manifestazione di volontà ad nutum espressa dal comodante (Cass., Sez. Un., n. 13603/2004; Cass. 13592/2011; Cass. n. 16769/2012; vedi da ultimo Cass. n. 2771/2017 e Cass. n. 2711/2017).

Invero, il provvedimento del giudice che assegna la casa ad un coniuge, escludendo dall’utilizzazione l’altro, non modifica né la natura né il contenuti del titolo di godimento sull’immobile.

Infatti, deve ritenersi impresso nel contratto un vincolo di destinazione alle esigenze abitative dei familiari, idoneo a conferire il carattere implicito della durata del rapporto anche oltre la crisi familiare dei coniugi (e si veda, a tal proposito, l’art. 1809, comma 1, c.c., oltre a quanto scritto nella parte relativa alla temporaneità del comodato).

Ne consegue che il rilascio dell’immobile non può essere richiesto finché durano le esigenze abitative familiari cui esso è stato destinato, salvo, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, Cod. Civ., l’ipotesi di un bisogno, in capo al comodante, contrassegnato dall’urgenza e dall’imprevedibilità.

Orientamento confermato, da ultimo, dalla Cassazione con sentenza n. 3553/2017, la quale, con un ulteriore sforzo argomentativo, ha altresì chiarito la differenza di disciplina tra l’art. 1810 e l’art. 1809 c.c.

La durata del comodato della casa familiare

La Suprema Corte ha stabilito che il comodato di immobile pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, va ricondotto al tipo contrattuale di cui agli artt. 1803 e 1809 c.c.

Precisa la Corte che siffatta disposizione concerne, infatti, il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale (e, quindi, per un tempo determinabile) e che è caratterizzato dalla facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente e imprevisto bisogno.

Invece, il comodato c.d. precario, regolato dall’art. 1810 c.c., si ha quando non viene pattuito un termine di durata dello stesso e risulta impossibile desumerlo dall’uso cui doveva essere destinata la cosa.

In tal caso è consentito al comodante di richiedere ad nutum il rilascio della medesima cosa.

Per ultimo, la S.C. chiarisce che l’espressione adottata dalle S.U. n. 13603/2004, le quali hanno inquadrato l’ipotesi di comodato di casa familiare nello schema del comodato “a termine indeterminato”, non vale a ricondurre tale rapporto negoziale al contratto senza determinazione di durata (cioè al comodato precario ex art. 1810 c.c.), avendo essa riguardo alla configurazione di un termine non prefissato, ma desumibile dall’uso convenuto (o meglio, dall’uso cui la cosa è destinata dal contratto).

Onere della prova in caso di comodato della casa coniugale

Inoltre, in tema di onere della prova, le Sezioni Unite, con sentenza n. 20448/2014, hanno chiarito che il coniuge separato convivente con figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che opponga resistenza alla richiesta di rilascio dell’immobile, ha l’onere di provare che la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento aveva come contenuto la destinazione dell’immobile a casa familiare.

Grava, invece, su chi invoca la cessazione del comodato, dimostrare che è sopraggiunto il termine fissato per relationem e, dunque, l’avvenuto dissolversi delle esigenze connesse all’uso familiare.

Pertanto, le strade da percorrere per la restituzione dell’immobile sono due:

  • dimostrare la sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.;
  • dimostrare il venir meno delle esigenze connesse all’uso familiare dell’immobile.

L’urgente e impreveduto bisogno ex art. 1809 cc

In ordine al concetto di “urgente e impreveduto bisogno di cui all’art. 1809, comma 2, c.c., la Cassazione ha stabilito che siffatta nozione fa riferimento alla necessità del comodante di appagare impellenti esigenze personali, e non a quella di procurarsi un utile, tramite una diversa opportunità di impiego del bene.

Inoltre, tale valutazione va condotta con rigore nel caso in cui il comodatario di un bene immobile abbia assunto a suo carico considerevoli oneri, per spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, in vista della lunga durata del godimento del bene concessogli (Cass. n. 20183/2013).

Ancora, le S.U. sopra menzionate (n. 20448/2014) hanno chiarito che il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave, ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente, essendo irrilevanti bisogni non attuali, né concreti o soltanto astrattamente ipotizzabili.

Pertanto, non solo la necessità di un uso diretto, ma anche il venire in essere di un imprevisto deterioramento delle condizioni economiche del comodante consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare.

Resta, tuttavia, ferma la necessità di un attento controllo, in fase di merito, circa la proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.

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