Con la sentenza n. 5914 del 13 marzo 2018, la Cassazione è tornata a chiarire quale sia la portata dell’attività di controllo dei membri del collegio sindacale delle società quotate.
Il fatto
I componenti del collegio sindacale di una S.p.a. quotata, esercente attività assicurativa, proponevano opposizione alla delibera 6 dicembre 2013 n. 18724 della Consob, con la quale questa aveva irrogato nei loro confronti alcune sanzioni pecuniarie per omessa o carente vigilanza in merito ad una serie di operazioni complesse e con parti correlate. La Consob aveva accertato l’effettiva inosservanza da parte del suddetto organo di controllo dei doveri di vigilanza previsti dal TUF su determinate azioni di acquisizione, stipulazione di contratti e in ambito di progetti immobiliari.
I ricorrenti deducevano da un lato la tardività delle contestazioni, dall’altra l’illegittimità delle sanzioni irrogate dalla Consob. In particolare su quest’ultimo punto, sostenevano di aver svolto diligentemente la propria attività di vigilanza e di controllo tramite la verifica di tutta la documentazione fornita dal CdA, della quale documentazione non si metteva assolutamente in discussione l’attendibilità né la correttezza.
Sottolineavano, inoltre, come molte delle attività poste sotto accusa non fossero neanche state sottoposte all’attenzione del CdA stesso, e come fossero state richieste tutte le informazioni dovute agli organi di controllo societari. Specificavano poi, a sostegno della correttezza delle proprie azioni, che si erano sempre svolti incontri periodici con società addette alla revisione, le quali avevano attestato la correttezza della documentazione su cui il collegio aveva poi fondato le proprie decisioni.
Sottolineavano, in definitiva, il carattere di mera vigilanza e supervisione in capo al collegio sindacale, e che i sindaci non fossero tenuti a svolgere indagini autonome per l’accertamento di situazioni non portate alla loro conoscenza da parte degli amministratori.
La Consob resisteva in giudizio alle eccezioni sollevate dai membri del collegio sindacale.
La Corte d’Appello di Torino, chiamata a giudicare sulla questione, accoglieva parzialmente l’opposizione proposta da uno dei sindaci, decretando la riduzione della sanzione in precedenza irrogata dalla Consob, respingendo per il resto tutte le altre opposizioni e condannando in solido gli opponenti.
Il ricorso in Cassazione
I membri del collegio sindacale proponevano, avverso la decisione della Corte d’Appello di Torino, il ricorso in Cassazione, fondandolo su quattro motivi fondamentali. Innanzitutto, denunciando la violazione dell’art. 195, comma I, TUF[1], in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)[2] ed all’art. 111 Cost., per il fatto che la Corte aveva rigettato l’eccezione di decadenza della Consob dal potere sanzionatorio, avendo omesso di accertare il momento esatto in cui le contestazioni della Consob avrebbero dovuto essere svolte.
In secondo luogo, denunciavano l’omesso esame di un fatto ritenuto decisivo ai fini dell’accertamento della tardività ex art. 360 c.p.c., n. 5)[3], oltre che la falsa applicazione dell’art. 195, comma I TUF, in relazione all’art. 360 c.p.c. e all’art. 111 Cost. A detta dei ricorrenti la Corte d’Appello avrebbe omesso di esaminare le informazioni acquisite al momento della richiesta di informazioni da parte della Consob, al fine di verificare se dette informazioni fossero già sufficienti ai fini dell’accertamento delle violazioni.
Sul punto la Corte di Cassazione ha affermato che tali motivi non fossero meritevoli di pregio, sottolineando che la Corte d’Appello aveva già preso in considerazione e valutato tali fatti[4] adeguatamente.
Anche il terzo motivo di ricorso è stato giudicato privo di fondamento dalla Corte. Infatti, i membri del collegio sindacale avevano denunciato la mala applicazione dell’art. 149 TUF[5] in merito all’art. 360, n.3 c.p.c., asserendo che la Corte d’Appello avesse omesso di considerare il fatto che la responsabilità del collegio sindacale sarebbe venuta meno nel momento in cui esso non fosse stato nella disponibilità di conoscere, e quindi valutare, gli atti di gestione di altri organi societari, non risultanti direttamente dalla documentazione.
Parimenti è stato deciso sull’ultima questione sollevata dai ricorrenti, ossia che la Corte d’Appello avesse sbagliato nello stabilire che il parere del Comitato di controllo interno, anche prima dell’entrata in vigore del Regolamento Consob n. 17221 del 12 marzo 2010, avrebbe dovuto scendere nel merito delle operazioni concluse. Anche questa censura è stata ritenuta infondata.
In virtù di quanto detto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando in solido i ricorrenti al rimborso di tutte le spese giudiziali.
La portata dell’attività di controllo dei sindaci di una Spa
Con la pronuncia in esame la Suprema Corte è tornata a confermare quanto già asserito in precedenza, ossia l’ampia portata dell’attività di controllo dei membri del collegio sindacale delle società quotate, specificando in più che la difficoltà degli accertamenti, così come la complessità di tutto l’assetto organizzativo societario, non possano costituire una scusante al dovere dei sindaci di adempiere a tutti i loro doveri di vigilanza.
Certamente tali doveri non possono estrinsecarsi in un mero controllo dell’operato degli altri organi societari, ma presuppongono una condotta attiva da parte dei sindaci, che devono vigilare in modo accurato richiedendo tutti i chiarimenti e le specificazioni necessarie. La Corte non si è fermata a stabilire l’entità del dovere di controllo in capo ai sindaci, bensì ha specificato che, nel caso venga constatata una qualunque anomalia o scorrettezza, su di loro grava anche l’onere di denunciare immediatamente alla Consob l’irregolarità riscontrata.
I sindaci sono tenuti anche a svolgere attività di controllo in modo autonomo e separato tra loro, esercitando ancor più rigorosamente i propri doveri in caso di operazioni particolarmente complesse, o con parti correlate come nel caso di specie. Questo per garantire agli azionisti della società, così come agli investitori, un elevato grado di sicurezza delle operazioni poste in essere, chiarendo implicitamente che il carattere di particolare complessità e tecnicismo che investe queste operazioni in ambito finanziario, ed il fatto che vi siano in gioco interessi finanziari rilevanti, giustifica a maggior ragione la severità con cui la condotta del collegio sindacale viene giudicata.
Questa sentenza giunge sulla scia di una pronuncia di pochi giorni precedente della Suprema Corte, nello specifico la n. 5357 del 7 marzo 2018. Anche in questa circostanza la Cassazione aveva chiarito la vasta portata del dovere di vigilanza del collegio sindacale, questa volta però nel caso di condotta omissiva degli amministratori della società.
In proposito si è affermato che tale circostanza omissiva non possa affievolire in alcun modo il dovere di vigilanza gravante sul collegio sindacale delle società quotata, ritenendo responsabile il collegio anche nel caso in cui gli amministratori non avessero comunicato ai sindaci i dati rilevanti, ad ulteriore conferma dell’importante e gravoso compito che i sindaci svolgono all’interno della società.
[1] Articolo che prevede la procedura sanzionatoria da parte della Banca d’Italia e della Consob, in base alle rispettive competenze.
[2] Le sentenze pronunziate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione: n. 3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.
[3] Le sentenze pronunziate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione: n. 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
[4] Viene poi riportato sul punto un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative previste per la violazione di norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, il momento dell’accertamento è quello da cui decorre il termine di decadenza per la constatazione degli illeciti da parte Consob. La constatazione dei fatti, secondo questo orientamento, non comporta di per sé il loro accertamento (Cass., 3043/2009). Un altro orientamento richiamato afferma che il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto divenire accertamento vero e proprio dipende dai singoli casi esaminati (Cass. 25836/2011).
[5] Articolo specifico sui doveri di vigilanza del collegio sindacale.