Cessione del credito e cessione dei crediti da lavoro (D.P.R. 180/1950)

  1. I tratti generali della Cessione del credito
  2. Come opera la cessione del credito retributivo
  3. Chi può accedere a questa forma di credito
  4. Requisiti del prestito

1. I tratti generali della Cessione del credito

La Cessione del credito è il contratto regolato dagli artt. 1260 ss. c.c. e consiste nella costituzione di un nuovo creditore in luogo del precedente.

L’istituto si concretizza nella modifica del lato attivo dell’obbligazione, resa possibile a seguito di un’evoluzione giuridico-normativa che ha condotto al riconoscimento nel nostro Ordinamento del c.d. principio di libera trasferibilità del credito.

La c.d. successione a titolo particolare nel credito può essere a titolo oneroso o gratuito, secondo la volontà delle parti.

Non è necessario il consenso del debitore ai fini del perfezionamento della cessione; tuttavia, ai sensi dell’art. 1264 c.c., ha effetto nei confronti del debitore solo se questi l’ha accettata o gli è stata notificata.

Come già accennato, la regola posta dall’art. 1260 c.c. della cedibilità dei crediti incontra il limite di quei casi per i quali il legislatore prevede il divieto, ossia:

  1. i crediti strettamente personali (es. crediti di natura alimentare);
  2. i crediti previsti dall’art. 1261 c.c.;
  3. i crediti la cui cedibilità è esclusa in via convenzionale dalle parti stesse;
  4. i crediti il cui trasferimento è vietato dalla legge (es. stipendi degli impiegati dello Stato e di altri Enti – D.P.R. n. 180/1950 c.d. T.U. delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni delle P.A.).

La Suprema Corte ha affermato che tali limiti, costituendo eccezione alla regola generale della libera cedibilità dei crediti, non possono, a norma dell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, essere applicati oltre i casi espressamente contemplati (Cassazione civile, sez. lav., 01/04/2003,  n. 4930).

2. Come opera la cessione del credito retributivo

La disciplina di riferimento in materia di cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle P.A è tuttora dettata dal menzionato Decreto del Presidente della Repubblica 5 Gennaio 1950 n°180 (D.P.R. 180/50 – T.U. delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni delle P.A.).

Con le modifiche ed integrazioni apportate dalla legge n. 311/2005, prima, e dalla legge n. 80/2005 (c.d. Decreto Competitività), poi, detta regolamentezione è stata estesa anche ai dipendenti delle Aziende private.

Con riferimento all’ipotesi d) sopra citata, l’art. 1 del T.U., prevede che “non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti, salve le eccezioni stabilite nei seguenti articoli ed in altre disposizioni di legge”, le somme di denaro a titolo di stipendi, pensioni, indennità/sussidi e compenso di qualsiasi specie che lo Stato, altre P.A. (enti o istituti) o aziende private, corrispondono ai propri impiegati per la prestazione di lavoro dipendente.

Con il suddetto D.P.R., il Legislatore disciplina altresì la possibilità di avvalersi delle cessioni di crediti retributivi per accedere all’erogazione di prestiti (artt. 1, 5, 15 e 53, T.U.), ovvero, di effettuare cessioni anche non collegate all’erogazione di prestiti (art. 52, T.U.).

Il meccanismo per l’accesso al credito è semplice ed è così strutturato: il finanziamento richiesto dal dipendente viene restituito alla finanziaria/banca mediante la “cessione” di una quota dello stipendio.

Quindi, il prestito viene saldato direttamente dal datore di lavoro alla Società Finanziaria, mediante rate trattenute mensilmente dalle somme dovute al lavoratore a titolo di stipendio o altra indennità da lavoro subordinato.

Il valore delle rate rimane fisso e non può eccedere il quinto della retribuzione fino all’estinzione del debito e per periodi non superiori a dieci anni.

In pratica, chi ha richiesto un prestito con la cessione del quinto sullo stipendio si troverà la busta paga decurtata del 20%.

I prestiti possono essere contratti per periodi di cinque o dieci anni.

La cessione si perfeziona solo con il consenso del lavoratore e del terzo creditore (società finanziaria/banca), senza che sia necessario anche il consenso del datore di lavoro; tuttavia, la cessione ha effetto solo dal momento della loro notifica ai debitori ceduti.

Ricevuta la comunicazione avente data certa, il datore di lavoro è obbligato a dar corso alla cessione ed operare le trattenute sulla retribuzione.

3. Chi può accedere a questa forma di credito

Come detto, inizialmente potevano fare ricorso a questi contratti di credito solamente i dipendenti dello Stato ma, grazie alle modifiche legislative intervenute, ora possono ricorrervi anche i dipendenti dei datori di lavoro privati, i lavoratori a termine, parasubordinati e pensionati.

Per questi ultimi la legge prevede la possibilità di contrarre prestiti personali estinguibili con una trattenuta diretta sulla rata della pensione, come regolato dall’INPS.

Il legislatore ha dettato i requisiti soggettivi per l’esercizio di tale facoltà di cessione:

  • Essere lavoratore in attività con almeno quattro anni di servizio, salvo eccezioni espressamente previste (art. 7, co. 2 e 3, D.P.R. 180/1950), con uno stipendio fisso e continuativo, abbia diritto a percepire la pensione o qualsiasi trattamento di fine rapporto;
  • Soggetti con comprovata costituzione fisica (art. 24);
  • Impiegati che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età (art. 24);
  • Per i lavoratori a tempo determinato si richiede che la durata della cessione non ecceda il periodo di tempo che, dal momento della stipulazione dell’atto di cessione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto;
  • Coloro che non siano ancora soggetti agli obblighi di leva.

4. Requisiti del prestito

Il prestito può essere erogato soltanto dagli istituti di credito e di previdenza di cui agli artt. 15 e 53 del citato T.U. e, per l’effetto, ammessi alla concessione di tale forma di finanziamento.

Per la tipologia e per le modalità con le quali viene erogato il finanziamento, si applica la disciplina del credito ai consumatori che regolamenta l’attività di concessione di un credito, sotto forma di dilazione di pagamento, finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria, a favore di una persona fisica (il consumatore) che agisce per scopi estranei all’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta.

A tal riguardo, la Suprema Corte, in un recente arresto (Cass. Civ., sez. lav. n. 1353 del 26/01/2016) ha stabilito che le limitazioni soggettive previste dagli articoli suddetti (artt. 15 e 53 del citato T.U.) riguardano solamente le cessioni collegate all’erogazione di prestiti, non anche tutte le cessioni del credito dei lavoratori ricomprese nell’art. 52 T.U.

Ciò a conferma, ancora una volta, del costante orientamento giurisprudenziale in materia che trova le sue origini nella pronuncia dalle Sezioni Unite n. 28269/2005.

Dunque, le cessioni di crediti retributivi rientranti nella tipologia prevista dall’art, 52 T.U. (ossia, non collegate ad un finanziamento) possono essere effettuate a favore di soggetti che non debbono necessariamente soddisfare i requisiti previsti dagli articoli anzidetti (per esempio, nel caso di cui alla giurisprudenza citata si trattava di quote associative sindacali).

Il prestito, inoltre, deve avere due caratteri essenziali: “non finalizzato” e “garantito”.

  • “Non finalizzato”, giacché può essere chiesto ed ottenuto per qualsiasi motivo, senza vincolo di destinazione e senza che sia necessario specificarne la motivazione.
  • “Garantito”, nel senso che sono obbligatorie la polizza per il rischio di vita e quella per il rischio dell’impiego che sono a tutela del cliente in caso di morte o di perdita del lavoro.

Con la cessione del quinto dello stipendio i lavoratori subordinati (sia con contratto di lavoro a tempo indeterminato che a tempo determinato) possono anche disporre la cessione del T.F.R.

Infatti, ai sensi dell’Art. 52 2° co. D.P.R. 180/1950 è possibile cedere, in favore della finanziaria, il T.F.R. quale garanzia sul credito erogato (senza il limite di 1/5).

In questo caso, la cessione del T.F.R. opera solo nel momento in cui il rapporto di lavoro viene risolto ed il datore di lavoro corrisponde la somma di T.F.R. maturata dal lavoratore direttamente alla finanziaria a saldo del debito della cessione.

Prima del saldo del debito, infatti, il T.F.R. non sarebbe disponibile, salvo che il lavoratore richieda alla Finanziaria l’autorizzazione e la liberatoria allo svincolo di una determinata percentuale di T.F.R.

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