Calcolo pensionistico e riscatto degli anni di laurea

La Corte Costituzionale ha stabilito che il sistema di calcolo pensionistico non può essere scelto al momento del pensionamento, poiché violerebbe il principio di certezza del diritto. In definitiva, il riscatto degli anni di laurea serve solo a incrementare l’anzianità contributiva.

Corte Costituzionale-sent. 112 del 27-06-2024

La questione

Il Tribunale di Roma, in funzione del giudice del lavoro, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo le norme che disciplinano il calcolo pensionistico nel nostro ordinamento.
Più nello specifico, la questione verte sulla mancanza di previsione del diritto alla neutralizzazione del periodo di riscatto degli studi universitari nel calcolo della pensione per coloro che avevano raggiunto i 18 anni di contribuzione entro fine dicembre dell’anno 1995.
Il ricorrente, nel caso di specie, ha riscattato gli anni di studi nel 1996 per ottenere il calcolo pensionistico con il sistema retributivo, ma ha in seguito riscontrato che tale riscatto ha portato a un trattamento pensionistico meno favorevole rispetto a quello che avrebbe ottenuto con il sistema misto. Infatti, se il riscatto non fosse stato effettuato, il calcolo della pensione avrebbe applicato il sistema misto, risultando in un importo mensile superiore. Di conseguenza, il ricorrente ha richiesto una nuova liquidazione della pensione con l’esclusione dal calcolo il periodo riscattato, al fine di evitare una penalizzazione economica che contraddice la finalità del riscatto stesso.

La questione di legittimità costituzionale

In via preliminare, l’INPS ha eccepito l’inammissibilità della q.l.c. sollevata con riferimento all’art. 38 Cost., sul presupposto dell’inadeguatezza della questione.
Per il giudice delle leggi, l’eccezione è risultata fondata poiché il giudice a quo non ha sufficientemente illustrato come la normativa impugnata violi il principio di adeguatezza delle prestazioni previdenziali. Inoltre, non ha tenuto conto della giurisprudenza costituzionale, il quale stabilisce un rapporto di proporzionalità tra le pensioni e la quantità e qualità del lavoro prestato. Inoltre, il sistema previdenziale obbligatorio è fondato su un criterio solidaristico volto a spiegare che tra pensioni e contributi versati esiste una correlazione, piuttosto che una corrispondenza perfetta.
Per i giudici della Corte costituzionale, non viene fornita una spiegazione adeguata delle ragioni per cui la normativa contestata violerebbe il parametro costituzionale evocato (art. 38).

Il sistema pensionistico in Italia

La comprensione della questione sottoposta allo scrutinio costituzionale muove dall’assunto di due principali sistemi di calcolo pensionistici:il sistema retributivo e il sistema contributivo. Il sistema retributivo si basa sulla media delle retribuzioni percepite in un periodo di riferimento stabilito per legge.
Il sistema contributivo, al contrario, si basa sulla totale corrispondenza tra i contributi versati durante la vita lavorativa e la prestazione pensionistica.
Infine, va considerata la possibilità di riscattare periodi di contribuzione non obbligatoria, come gli anni di studio universitari, attraverso versamenti determinati secondo le norme dei sistemi retributivo o contributivo, a seconda del periodo oggetto di riscatto.
Nel caso di specie, il giudice a quo ha richiesto l’applicazione del principio di neutralizzazione anche ai contributi da riscatto degli anni di laurea.
Tuttavia, la questione sollevata non è fondata poiché il principio di neutralizzazione è stato applicato per proteggere le pensioni già maturate.

Il corretto uso del principio di neutralizzazione

Nel caso di specie, i giudici hanno sottolineato la diversità della situazione rispetto ai precedenti giurisprudenziali citati nella sentenza (che facevano uso del principio in questione). Infatti, la richiesta di neutralizzazione riguardava contributi da riscatto versati all’inizio dell’anzianità lavorativa, quindi al di fuori del periodo di riferimento della retribuzione stabilito dal sistema di computo retributivo applicabile. La differenza principale risiedeva nell’intento di utilizzare il principio di neutralizzazione non per eliminare effetti negativi all’interno del sistema retributivo, ma per passare a un sistema di calcolo diverso, ovvero il sistema misto.
Per il giudice delle Leggi, la richiesta va fuori dal perimetro applicativo del principio di neutralizzazione, che la giurisprudenza costituzionale ha sempre limitato al sistema retributivo.
Infatti, il principio può mitigare la rigidità legislativa nella determinazione della retribuzione pensionabile, garantendo la regola dell’immodificabilità in peius della prestazione pensionistica già acquisita.

Conclusioni

In conclusione, la richiesta del giudice a quo non può essere accolta in quanto si pone al di fuori del contesto applicativo del principio di neutralizzazione e contrasta con il principio di certezza del diritto. La possibilità di revocare il riscatto dei periodi di servizio o di studio non è ammessa, come ribadito dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità.

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