In giudizio di appello, non è ipotizzabile la violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo della mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato qualora il giudice di appello riformi in parte la sentenza impugnata, in assenza di esplicita richiesta di riforma parziale da parte dell’appellante.
Secondo la Cassazione, infatti, il petitum immediato del giudizio di Appello è la riforma della sentenza, mentre l’ampiezza della riforma dipende dall’esito dello scrutinio degli specifici motivi di appello proposti.
I motivi d’impugnazione, modellati sull’atto introduttivo del giudizio del quale delimitano il contenuto, sono rapportati alla funzione della specificità dei motivi di appello, che è quella di delimitare l’oggetto dell’impugnazione e di indicarne le ragioni finalizzate a rimuovere la soccombenza dell’appellante risultante dalla sentenza impugnata.
Ma, nella specie, la proposizione di motivi di impugnazione volti alla riforma integrale della decisione, mediante la censura delle statuizioni sull’an della responsabilità e delle statuizioni sulle modalità di determinazione del quantum del risarcimento, investe il giudice dell’intera materia del contendere e la riforma della decisione impugnata sarà integrale o parziale a seconda dell’esito dello scrutinio da parte del giudice, indipendentemente dalla mancata richiesta di una riforma solo parziale della sentenza impugnata.
La Corte Suprema di Cassazione ha perciò rigettato il ricorso, non sussistendo, nel caso di specie, alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c.
(Cass. civ. Sez. III del 19/12/2014, n. 26908 )