Amministratore di sostegno: designazione del beneficiario e ruolo del caregiver

La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 15055/2025, depositata il 5 giugno, è tornata a pronunciarsi sul delicato equilibrio tra autodeterminazione del beneficiario e concreta tutela dei suoi interessi nella nomina dell’amministratore di sostegno. Al centro del caso, il contrasto tra una designazione contenuta in un atto notarile risalente nel tempo e la successiva prassi di cura quotidiana assunta da un familiare, con funzione di caregiver. La vicenda offre lo spunto per riflettere sul valore giuridico della volontà anticipata del beneficiario e sui limiti del potere discrezionale del giudice tutelare.

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Rocchina Staiano
Avvocato, docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali presso l’Università di Teramo e in diritto del lavoro presso l’Università La Sapienza (sede Latina). Componente della Commissione di Certificazione dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Consigliera di parità effettiva della Provincia di Benevento e valutatore del Fondoprofessioni. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste anche telematiche.

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Il caso in esame

La controversia prende avvio dalla richiesta di una figlia di attivare l’amministrazione di sostegno per la madre anziana, non più in grado di provvedere ai propri interessi. In passato, la beneficiaria aveva designato con atto notarile un diverso soggetto – un avvocato – quale futuro amministratore. Il giudice tutelare, tuttavia, ha nominato la figlia, ritenendo ormai superata la designazione, alla luce della relazione stabile e fiduciaria instauratasi negli anni.

Il designato ha impugnato il decreto innanzi alla Corte d’Appello, che ha confermato la decisione del primo giudice. Da qui il ricorso per cassazione, fondato su due motivi: violazione dell’art. 408 c.c., che sancisce la prevalenza della nomina volontaria, e difetto di motivazione “rafforzata” nel provvedimento impugnato.

La decisione della Corte: il ruolo del caregiver

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’impostazione dei giudici di merito. Pur ribadendo che la designazione contenuta in atto notarile rappresenta una manifestazione di autodeterminazione meritevole di rispetto, la Corte chiarisce che essa può essere disattesa in presenza di gravi motivi, che devono essere puntualmente motivati.

Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto adeguatamente giustificata la scelta dei giudici di merito, i quali hanno valorizzato la relazione di cura stabilitasi tra la beneficiaria e la figlia nel tempo trascorso dalla designazione. La figlia risultava essere il caregiver stabile della madre, gestendone da anni tanto l’assistenza sanitaria quanto gli aspetti patrimoniali. Tale continuità assistenziale, condivisa e sostenuta anche da familiari, medico e collaboratrice domestica, ha fatto ritenere la figlia la persona più idonea a rappresentare gli interessi della beneficiaria.

La Corte ha sottolineato inoltre che il venir meno della fiducia verso il soggetto designato era emerso anche da atti univoci della beneficiaria, tra cui la revoca di precedenti procure in favore del ricorrente.

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Il principio di diritto: designazione rispettata, ma non incondizionatamente

L’ordinanza conferma il principio già consolidato per cui la volontà espressa dal beneficiario nella designazione di un amministratore di sostegno va rispettata, a meno che emergano gravi motivi ostativi. Tuttavia, tali motivi possono consistere anche in elementi sopravvenuti alla designazione, purché oggettivi e documentati.

La decisione della Corte cristallizza alcune indicazioni fondamentali:

  • la designazione anticipata dell’amministratore di sostegno ha valore vincolante e non richiede ulteriore allegazione da parte del designato per dimostrare l’opportunità e la convenienza della nomina;

  • può essere superata solo in presenza di gravi motivi, da valutare in concreto e da esplicitare con motivazione rigorosa;

  • tra questi motivi rientrano anche i fatti sopravvenuti, come il consolidarsi di una relazione fiduciaria più attuale e significativa con altro soggetto.

  • la funzione di caregiver, se esercitata in modo stabile e con il consenso del beneficiario, può costituire un indice attendibile della qualità della relazione fiduciaria e, dunque, della maggiore idoneità del soggetto a ricoprire l’incarico.

Conclusioni

Questa ordinanza si colloca nel solco di una giurisprudenza che valorizza l’interesse concreto del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, nel rispetto della sua autodeterminazione, ma senza automatismi. Il giudice tutelare deve valutare caso per caso se la persona designata sia ancora la più idonea a tutelare i bisogni della persona fragile, tenendo conto anche del ruolo di chi quotidianamente si prende cura di lei.

In questo senso, il caregiver assume rilievo non solo affettivo, ma anche giuridico: il suo operato può legittimamente orientare le scelte del giudice, superando anche una designazione notarile, quando la realtà fattuale dimostri che le esigenze del beneficiario sono meglio garantite dalla persona che lo assiste con continuità e responsabilità. Una decisione che invita a ripensare il rapporto tra volontà anticipata e concrete relazioni di cura, in un’ottica di tutela effettiva e personalizzata.

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