Con la sentenza n. 2613 del 10 febbraio 2016, la quinta sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito che, per non perdere i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, non è sufficiente che il contribuente, dopo aver venduto tale immobile, stipuli entro un anno dalla vendita un contratto preliminare, essendo al contrario necessario un vero e proprio contratto di compravendita definitivo.
Nel caso di specie, la contribuente aveva ricevuto avviso di accertamento dell’Agenzia dell’Entrate riguardante l’imposta di registro, ipotecaria e catastale sull’atto di compravendita, fondato sulla revoca dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa: la ricorrente aveva infatti rivenduto l’immobile prima del decorso del quinquennio, limitandosi a stipulare un contratto preliminare di vendita entro l’anno successivo. Dopo l’accoglimento del ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, la CTR respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate che, pertanto, ricorreva in Cassazione.
In tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa, il contribuente che abbia venduto l’immobile entro cinque anni dall’acquisto, per evitare la decadenza dal beneficio, è tenuto a comprare, entro un anno dall’alienazione, altro immobile da adibire a propria abitazione principale (L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 131, e art. 1, nota 2 bis Tariffa allegata parte prima D.P.R. n. 131 del 1986, comma 4).
A tal riguardo, la Suprema Corte ha tuttavia chiarito che non può considerarsi sufficiente la stipula di un contratto preliminare, che ha effetti solo obbligatori: per “acquisto”, ai sensi delle disposizioni di legge citate, si deve infatti intendere “l’acquisizione del diritto di proprietà e non la mera insorgenza del diritto di concludere un contratto di compravendita“.
La Corte di legittimità ha peraltro aggiunto che la precisa formulazione della norma di legge consente di concludere che non è possibile dare rilevanza alcuna a stati soggettivi o cause di forza maggiore che abbiano inciso sulla perdurante ricorrenza dei presupposti normativamente previsti, entro i termini fissati dalla legge, per il mantenimento del beneficio.
In conclusione, la Corte ha dunque accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettato l’originario ricorso proposto dalla contribuente, con condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.