L’ordinanza n. 26517 del 2024 della I sez. civ. della Corte di Cassazione ha ribadito che, in presenza di situazioni familiari conflittuali, possono essere necessarie misure straordinarie per garantire una crescita serena ed equilibrata al minore. Nel caso specifico, la Corte ha confermato l’affidamento esclusivo al padre, ritenendo che fosse la soluzione migliore per proteggere la figlia dalle conseguenze del conflitto tra i genitori.
Affidamento condiviso ed esclusivo
Il regime di affidamento condiviso, introdotto con la legge n. 54 del 2006, è ormai la regola generale nei procedimenti di separazione e divorzio. Esso si fonda sul principio che entrambi i genitori, anche dopo la rottura del rapporto coniugale, mantengano un ruolo attivo nella vita dei figli. Tuttavia, l’art. 337-quater c.c. consente al giudice di derogare a questo principio, disponendo l’affidamento esclusivo a uno dei genitori quando tale decisione appare maggiormente rispondente all’interesse del minore. In sintesi, l’affidamento esclusivo è una misura di protezione del minore, adottata in situazioni in cui il conflitto tra i genitori o le carenze di uno dei due rendono l’affidamento condiviso pregiudizievole.
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La pronuncia della Corte d’Appello e l’ordinanza della Cassazione
Il caso esaminato dalla Cassazione civile, con l’ordinanza n. 26517 del 2024, ha avuto origine da un ricorso presentato da una madre contro la decisione della Corte d’Appello di Palermo, che aveva disposto l’affidamento esclusivo della figlia minore al padre. La Corte d’Appello aveva preso questa decisione in seguito a un’accurata analisi del contesto familiare, basata su relazioni di esperti, come quelle dei servizi sociali e una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) di natura psicologica. Secondo queste relazioni, il padre si era dimostrato in grado di offrire un ambiente sereno e stabile alla figlia, rispondendo adeguatamente ai suoi bisogni emotivi e materiali. La madre, invece, era stata descritta come incapace di sintonizzarsi con le esigenze emotive della figlia, sviluppando dinamiche relazionali che avevano generato ansia e paure nella bambina. Alla luce di queste valutazioni, la Corte aveva ritenuto necessario disporre incontri limitati tra madre e figlia, da svolgersi in ambiente protetto e sotto la supervisione di un educatore, per evitare una rottura definitiva del legame madre-figlia.
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La valutazione della Cassazione
Nel suo ricorso, la madre aveva contestato questa decisione, sostenendo che il giudice d’appello non avesse preso adeguatamente in considerazione alcuni elementi, come il presunto comportamento alienante della famiglia paterna nei confronti della figlia. La madre sosteneva che la famiglia del padre avesse messo in atto una vera e propria campagna di discredito nei suoi confronti, influenzando negativamente la percezione della figlia.
La Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso, ribadendo che il giudice di merito aveva adeguatamente valutato le prove e le relazioni degli esperti. La Corte ha sottolineato che la decisione di affidare la minore in via esclusiva al padre non era stata presa sulla base di un singolo episodio o di accuse isolate, ma su una valutazione complessiva della capacità genitoriale dei due genitori. Il criterio fondamentale che ha guidato la decisione era, ancora una volta, l’interesse preminente della minore.
Alienazione parentale e affidamento esclusivo
Uno dei temi sollevati nel ricorso della madre era la questione dell’alienazione parentale. La madre sosteneva che la figlia fosse stata manipolata dalla famiglia paterna, al punto da sviluppare una forma di rifiuto nei suoi confronti. In questo caso, la Cassazione ha affermato che, anche qualora le accuse della madre fossero state fondate, non avrebbero potuto invalidare le conclusioni raggiunte dalla CTU e dai servizi sociali. La Corte ha infatti sottolineato che l’interesse del minore deve essere valutato in termini concreti e pratici, basandosi su prove oggettive della capacità genitoriale, piuttosto che su percezioni soggettive o su dinamiche relazionali difficili da dimostrare in modo conclusivo.
L’affidamento super esclusivo
Uno degli aspetti più rilevanti di questa pronuncia riguarda il concetto di affidamento “super esclusivo”. La giurisprudenza della Cassazione ha ormai consolidato l’idea che, in casi estremi, il giudice possa non solo disporre l’affidamento esclusivo, ma anche limitare ulteriormente i diritti del genitore non affidatario. In particolare, ciò avviene quando la situazione familiare o le condizioni psicologiche di uno dei genitori richiedono interventi restrittivi, come il controllo degli incontri con il minore o la supervisione da parte di esperti. La Cassazione ha richiamato alcuni precedenti importanti (cfr. Cass. 4056/2023 e Cass. 32876/2022), in cui è stato ribadito che, quando è in gioco il benessere del minore, il giudice può adottare misure restrittive anche incisive, senza dover bilanciare tali restrizioni con i diritti individuali dei genitori.
Conclusioni
L’affidamento esclusivo, pur rimanendo una soluzione eccezionale, trova giustificazione in quei casi in cui la conflittualità tra i genitori o le carenze di uno di essi possono compromettere il benessere psicologico del minore.