Questione dibattuta e non ancora del tutto sopita in dottrina ed in giurisprudenza da ultimo oggetto di una recente pronuncia della Corte di Cassazione[1], che ha riconfermato quello che può essere considerato l’orientamento largamente maggioritario, è quella relativa al se, nel caso di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario da parte di un soggetto minorenne, al fine dell’acquisto da parte sua della qualità di erede (beneficiato) basti la sola dichiarazione di accettazione oppure sia necessaria anche l’erizione dell’inventario, mantenendo medio tempore il minore la qualità di mero chiamato all’eredità.
SOMMARIO: 1. Il casus decisus – 2. La disciplina del codice civile applicabile ai minori – 3. I termini della disputa e le posizioni di dottrina e giurisprudenza – 4. La decisione della Corte e la riadesione all’orientamento maggioritario – 5. Ulteriori riflessioni e conclusioni
-
Il casus decisus
La pronuncia in commento ha ad oggetto l’accettazione beneficiata di eredità effettuata da una madre per conto della figlia minore, a seguito della morte del padre della bambina.
Durante la decorrenza del termine per la redazione dell’inventario, il Tribunale di Bologna condannava la minore al rilascio di un immobile a suo tempo condotto in locazione dal padre, nonché al pagamento dei canoni di locazione, dell’indennità di occupazione e delle spese processuali.
La madre e la stessa figlia, nel frattempo divenuta maggiorenne, impugnavano la sentenza di primo grado, rilevando che la condanna era intervenuta mentre era ancora pendente il termine per la redazione dell’inventario e che la figlia aveva successivamente rinunciato all’eredità.
La Corte d’appello di Bologna rigettava tuttavia l’impugnazione, ribadendo che l’accettazione beneficiata comporta comunque l’acquisto della qualità di erede a prescindere dalla redazione dell’inventario.
La figlia, però, ricorreva per la cassazione della sentenza, lamentando che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che l’accettazione con beneficio d’inventario comporti l’acquisto della qualità di erede a prescindere dalla redazione dell’inventario, in quanto, pendente il termine per l’erizione dell’inventario, il minore, benché accettante, mantiene soltanto la posizione di chiamato all’eredità, risultando quindi ammissibile una successiva rinuncia alla stessa, una volta che il chiamato abbia raggiunto la maggiore età.
Ciò la ricorrente sosteneva sulla scorta della tesi per cui, essendo l’accettazione con beneficio d’inventario una fattispecie a formazione progressiva, l’accettazione stessa non potrebbe compiersi senza l’intervento dell’inventario.
-
La disciplina del codice civile applicabile ai minori
Al fine di meglio comprendere quanto si dirà appresso in relazione alla tematica in argomento, giova premettere quella che è la disciplina di legge applicabile ai minori[2] chiamati ad accettare un’eredità, rinvenibile nel combinato disposto degli artt. 471, 472, 484 e 489 c.c., dai quali possono desumersi i seguenti principi generali:
- le eredità devolute ai minori, ancorché emancipati (art. 472 c.c.), non possono essere accettate se non con il beneficio d’inventario[3] (art. 471 c.c.); ratio di tale previsione di legge è individuata unanimemente nello scopo di evitare che, a seguito della confusione del patrimonio del de cuius con quello del minore, quest’ultimo possa trovarsi a rispondere illimitatamente dei debiti ereditari[4];
- l’accettazione beneficiata va fatta sempre mediante dichiarazione espressa, ricevuta[5] da un Notaio o dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e deve essere preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario[6] (art. 484 c.c.);
- i minori non decadono dal beneficio d’inventario se non trascorso un anno dal compimento della maggiore età, qualora, entro tale termine, non si adeguino alle disposizioni che lo disciplinano.
Sono invece da ritenere inapplicabili ai soggetti minorenni, data la peculiarità della loro condizione, le disposizioni di cui agli artt. 485 e 487 c.c.[7].
Al compendio normativo sopra riportato deriva che un soggetto minore d’età[8] cui sia stata devoluta un’eredità può, per il tramite dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, o quello che comunque sia il suo legale rappresentante, e in entrambi i casi previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, decidere se rifiutare o accettare, ma, in tal caso, egli dovrà obbligatoriamente farlo con beneficio d’inventario.
Una volta fatta la dichiarazione: se il legale rappresentante del minore provvede a redigere l’inventario, nulla quaestio; se, invece, il legale rappresentante non adempie a tale onere, a differenza di quanto avviene nel caso che l’accettante sia un soggetto pienamente capace, il minore non si considera decaduto dal beneficio d’inventario e avrà tempo per redigerlo finché non sarà trascorso un anno dalla maggiore età. Soltanto ove l’inerzia perduri anche oltre tale termine il minore, che ha dichiarato di accettare con beneficio d’inventario ma non ha redatto l’inventario stesso, sarà considerato erede puro e semplice.
Potendo il minore accettare solo con beneficio d’inventario, nell’eventualità che intervenisse un’accettazione pura e semplice (poco importa che essa sia espressa o tacita), la medesima dovrà considerarsi nulla per contrarietà a norme imperative ed il minore manterrà la qualità di mero chiamato all’eredità[9], per cui rimarrà in sua facoltà, una volta divenuto maggiorenne, accettare (anche senza beneficio d’inventario) oppure rinunciare all’eredità, sempreché, medio tempore, non sia intervenuta una ulteriore valida accettazione (id est un’accettazione beneficiata) da parte del suo legale rappresentante.
-
I termini della questione e le posizioni di dottrina e giurisprudenza
Se le conclusioni cui si è pervenuti nel paragrafo precedentemente hanno storicamente rappresentato il punto di approdo della dottrina e della giurisprudenza largamente dominanti in materia, negli ultimi anni si è potuto notare nella giurisprudenza di legittimità un atteggiamento ondivago in merito ad un particolare aspetto della successione mortis causa con da parte di soggetti minorenni.
La questione ha ad oggetto gli effetti dell’art. 489 c.c., il quale testualmente sancisce che «I minori, gli interdetti e gli inabilitati non si intendono decaduti dal beneficio d’inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione».
Ci si è chiesti, quindi, se, intervenuta che sia la dichiarazione da parte del legale rappresentante del delato minorenne di accettare con beneficio d’inventario, qualora non si provveda all’erizione dell’inventario, il minore, nel lasso di tempo intercorrente tra l’accettazione e l’anno dal compimento della maggiore età, sia già da considerare erede (beneficiato, in quanto non decaduto dal beneficio) oppure resti nella posizione di mero chiamato all’eredità.
Secondo una prima opinione[10], qualora il rappresentante del minore, debitamente autorizzato e con le forme dell’art. 484 c.c., accetti l’eredità a questi devoluta ma non esegua l’inventario, l’incapace non acquista la qualità di erede beneficiato, né quella di erede puro e semplice, ma rimane nella situazione di chiamato all’eredità.
Altro filone di pensiero[11], assai più nutrito, sostiene invece che, in tal caso, il minore acquista subito la qualità di erede beneficiato, purché, naturalmente, entro il termine di un anno dal compimento della maggiore età, provveda a redigere l’inventario, pena essere considerato erede puro e semplice.
In merito sono però intervenute di recente alcune pronunce della Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con le quali la predetta ha dimostrato di assumere un atteggiamento ondivago in materia, aderendo prima alla tesi che potremmo definire minoritaria[12] salvo poi, con la pronuncia di cui in premessa[13], riconfermare l’orientamento di gran lunga prevalente.
-
La decisione della Corte e la riadesione all’orientamento maggioritario
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza de qua, parte da un richiamo ai principi generali del nostro ordinamento, ricordandoci che «Il nostro ordinamento prevede che, nel caso di eredità cui sia chiamato un minore, il legale rappresentante (di norma i genitori congiuntamente o il genitore esercente la relativa responsabilità sul figlio) possa – non debba – accettarla o rinunciarvi; in caso sia di accettazione sia di rinuncia sarà necessaria autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c.. Nel caso di accettazione, essa deve essere necessariamente fatta con beneficio di inventario ai sensi dell’art. 471 c.c., norma protettiva che, attraverso l’obbligo di accettazione col beneficio di inventario, impedisce – compiuto l’inventario – l’effetto della confusione tra i patrimoni dell’erede e quello ereditario, con conseguente limitazione della responsabilità dell’erede nei limiti del valore dell’attivo ereditario. Qualora il genitore esercente la responsabilità sul figlio minore, chiamato all’eredità, o comunque il legale rappresentante, faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c., a ciò autorizzato, ne deriva – diversamente da quanto opinato da parte ricorrente l’acquisto da parte del minore della qualità di erede. Se il rappresentante non compie l’inventario – necessario per poter fruire della limitazione della responsabilità – si pone, per i minori e altri incapaci, una particolare ulteriore tutela: l’inapplicabilità della decadenza dal beneficio di inventario così come prevista in generale per i soggetti capaci, prevedendo la norma speciale dell’art. 489 c.c., che “i minori, gli interdetti e gli inabilitati non si intendono decaduti dal beneficio d’inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione”»[14].
Fatto tale richiamo ai principi generali del nostro ordinamento, la Cassazione, smentendo anche le proprie precedenti pronunce, sottopone ad un vaglio critico quelle che sono le doglianze della ricorrente, in particolare chiarendo come la stessa avesse fatto confusione nel ritenere che il portato della nozione di fattispecie a formazione progressiva fosse da riferire all’acquisto della qualità di erede anziché all’acquisto del beneficio: come puntualizzato dal Collegio, infatti, la nozione di fattispecie a formazione progressiva è «riferita dalla dottrina e dalla giurisprudenza all’accettazione beneficiata (composta da dichiarazione e inventario, solo dopo la progressione verificandosi la limitazione di responsabilità) e non già all’acquisto della qualità di erede (fattispecie che si compie uno actu con la dichiarazione di accettazione con beneficio; per cui la ricorrente infondatamente sostiene che, se non si sia completata la fattispecie con l’inventario, il minore divenuto maggiorenne potrebbe ancora rinunciare, pur in presenza di previa dichiarazione di accettazione)»[15].
Con questa pronuncia, quindi, la Corte, discostandosi dai suoi precedenti, ancorché recenti, arresti “torna sui suoi passi” e dimostra di aderire nuovamente all’orientamento secondo il quale ai fini dell’acquisto della qualità di erede da parte del minore chiamato all’eredità è necessaria, e sufficiente, la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario[16], a nulla rilevando la successiva effettiva redazione del medesimo, che potrà essere compiuto indifferentemente dal rappresentante legale del minore – durante la minore età dello stesso – o dal chiamato, nel frattempo divenuto maggiorenne, entro un anno dal compimento della maggiore età, con la precisazione che, ove ciò non avvenga entro detto termine ultimo, l’accettante sarà considerato erede puro e semplice, influendo la presenza o la mancanza dell’inventario sul solo acquisto del beneficio della responsabilità limitata per i debiti ereditari e non anche sull’acquisto della qualità di erede.
Corollario di quanto sopra è che al minore risulterà altresì preclusa qualsiasi possibilità di rinunciare – tanto per mezzo del rappresentante legale, durante la minore età, quanto personalmente, dopo che avrà raggiunto la maggiore età –, atteso che la qualità di erede, una volta acquistata, non può più venire meno, avendo il nostro ordinamento accolto il noto principio semel heres, semper heres[17].
-
Ulteriori riflessioni e conclusioni
Con la pronuncia in commento, quindi, la Cassazione ha (ri)stabilito il seguente principio di diritto:
- l’art. 489 c.c. non attribuisce al minore, il cui legale rappresentante non abbia rinunciato a suo nome all’eredità ma, anzi, l’abbia accetta con beneficio d’inventario pur senza poi provvedere alla materiale redazione, il diritto di rinunciarvi al compimento della maggiore età, ma soltanto la facoltà di redigere l’inventario nel termine di un anno dal compimento della maggiore età, in guisa da garantire la sua responsabilità intra vires hereditatis anziché essere considerato erede puro e semplice.
Valgano le seguenti riflessioni.
Sotto il profilo dell’opportunità, questa tesi ha diversi effetti positivi per l’incapace: non solo gli assicura di non rispondere ultra vires hereditatis se non quando, trascorso un anno dal compimento della maggiore età, egli sia rimasto inerte e non abbia provveduto alla redazione dell’inventario, ma, considerandolo erede già al momento della mera dichiarazione di accettazione – pur se non preceduta né seguita dall’erizione dell’inventario –, evita ch’egli possa perdere per prescrizione[18] il diritto di accettare l’eredità[19].
A ben vedere, quindi, essa, rispetto a quella fatta propria dell’orientamento minoritario, è senz’altro più rispondente alla ratio legis delle disposizioni che disciplinano l’accettazione dell’eredità da parte dei minori, in quanto, se è vero che esse sono volte a salvaguardare il più possibile soggetti ritenuti meritevoli di una tutela particolareggiata, garantisce loro maggiore “protezione” anche nei confronti dell’inerzia del proprio rappresentante legale.
Sotto un profilo giuridico, a modesto parere di chi scrive, la conclusione cui è pervenuta la Suprema Corte con l’ordinanza de qua trova ulteriore riscontro anche nelle previsioni del nostro ordinamento giuridico.
Punto di partenza deve essere il disposto dell’art. 489 c.c., già sopra riportato, a mente del quale il minore non decade dal beneficio d’inventario se non per mancata redazione dello stesso entro il termine massimo di un anno dal raggiungimento della maggiore età.
In merito alla decadenza dal beneficio d’inventario, la dottrina distingue tra casi di decadenza prima dell’acquisto del beneficio e casi di decadenza dopo l’acquisto del beneficio[20].
Quelli del primo gruppo sono disciplinati dagli artt. 485, commi 2 e 3, 487, comma 2, e 527 c.c.; quelli del secondo gruppo sono invece previsti dagli artt. 493, 494, 505, comma 1, 503 e 505, commi 2 e 3, c.c.
A prescindere dall’applicabilità o meno dei predetti articoli al chiamato all’eredità minorenne, valga portare all’attenzione del lettore come mentre le disposizioni del primo gruppo fanno tutte riferimento al chiamato, id est a colui che non ha ancora dichiarato se accetta o rinuncia all’eredità, quelle del secondo gruppo facciano sempre riferimento alla figura dell’erede, cioè a colui che ha già accettato[21] l’eredità lui delata.
Tanto premesso, è fuor di dubbio che il minore per il quale il rappresentante legale ha dichiarato di accettare con beneficio d’inventario sia del tutto equiparabile ad un soggetto maggiorenne e capace che abbia espresso la propria volontà di conseguire l’eredità lui offerta, ancorché in maniera pura e semplice. Pertanto, così come quest’ultimo, non pare un assurdo giuridico sostenere che anche il minore, una volta intervenuta la sua dichiarazione di accettare l’eredità con beneficio d’inventario (per mezzo del suo legale rappresentante), sia erede e tale vada considerato sin dal momento della dichiarazione di accettazione, a prescindere dal fatto che ad essa sia seguito o meno l’inventario.
[1] Cass., 5 giugno 2019, n. 15267.
[2] Prima di proseguire oltre nella trattazione dell’argomento in oggetto, valga fare la seguente premessa metodologica: atteso che le norme in materia di accettazione beneficiata dei soggetti minori d’età sono le stesse che riguardano anche le altre categorie di incapaci (come gli interdetti, gli inabilitati, gli emancipati), nel corso del presente scritto si farà indifferentemente riferimento ai minori o agli incapaci, atteso che, salva qualche piccola differenza che si avrà cura di evidenziare, la legge detta per tutti i predetti la medesima disciplina.
[3] La natura giuridica dell’atto di accettazione beneficiata è stata oggetto di diversi orientamenti dottrinari. A quello meno recente, ed ormai superato, che vedeva nell’accettazione condizionata nient’altro che un’accettazione alla quale veniva apposta la condizione – tra l’altro, l’unica consentita dalla legge – di rispondere dei debiti intra vires hereditatis (N. COVIELLO, Delle successioni. Parte generale, Napoli, 1935, 176 ss.) – al quale è stato però obiettato, tra l’altro, che, se così fosse, allora, contrariamente da quanto prevede la legge, in caso di decadenza dal beneficio dovrebbe venire meno anche l’efficacia dell’accettazione –, sono seguiti, e si contendono oggi il campo, quello che ritiene di dissociare l’accettazione beneficiata in due negozi distinti (c.d. teoria del doppio negozio) – id est la dichiarazione di accettare, da cui deriva la qualità di erede, e la dichiarazione di avvalersi del beneficio d’inventario, da cui deriva soltanto la limitazione della responsabilità – (ex multis, in questo senso, C. VOCINO, Contributo alla dottrina del beneficio d’inventario, Milano, 1942, 195 ss.) e quello che le attribuisce natura di unico negozio complesso (c.d. teoria del negozio complesso) – risultante dalla fusione della volontà di accettare con quella di rispondere dei debiti nei limiti delle sostanze ereditarie – (v. G. GROSSO e A. BURDESE, Le successioni,. Parte generale, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Vassalli, XII, Torino, 1977, 264). Per un’attenta comparazione delle varie teorie si veda la disamina di G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Quarta edizione, Tomo I, a cura di Annamaria Ferrucci e Carmine Ferrentino, Milano, 2015, 265.
[4] Vedi, per tutti, G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 283. In giurisprudenza, in tal senso, da ultimo, la pronuncia in commento.
[5] Il fatto che la legge disponga che la dichiarazione deve essere “ricevuta” è sintomo che la medesima debba necessariamente essere contenuta in un atto pubblico, non potendosi ritenere sufficiente una mera scrittura privata, ancorché con sottoscrizione autenticata. In tal senso, cfr. F. CARINGELLA e L. BUFFONI, Manuale di Diritto Civile, VI edizione, Roma, 2015, 2068 e 2069, e G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Nona edizione aggiornata, Milano, 2018, 123.
Tale ultimo autore, inoltre, soggiunge come sia lecito ritenere che l’accettazione beneficiata ricevuta da un soggetto incompetente sia invalida soltanto in ordine al beneficio, risultando invece valida come accettazione pura e semplice. Nello stesso senso Cass., 27 luglio 1988, n. 4780, la quale, in un caso di accettazione beneficiata resa ad un organo incompetente, aderendo alla tesi che configura tale species di accettazione come un negozio giuridico doppio, l’ha ritenuta nulla relativamente al beneficio ma valida quale accettazione pura e semplice; contra L. FERRI, Successioni in generale, Art. 456-511, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980, 333; G. GROSSO e A. BURDESE, Le successioni,. Parte generale, cit., 256.
[6] L’inventario, a differenza della dichiarazione di accettazione cui accede, non ha natura di negozio giuridico, ha natura di mero atto giuridico (rectius, di operazione giuridica), in quanto il suo scopo è solo quello di accertare la consistenza del patrimonio ereditario, non anche quello di integrare la volontà espressa in sede di dichiarazione di accettazione beneficiata (in tal senso, L. CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977, 471).
[7] In tal senso cfr. Cass., 16 novembre 2018, n. 29665.
[8] Discusso è se, ove il minore emancipato sia anche autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale, egli sia tenuto ad accettare con beneficio d’inventario o meno.
Secondo alcuni autori, atteso che dal combinato disposto degli artt. 471 e 472 c.c. non è possibile desumere una diversa disciplina per i minori emancipati autorizzati all’esercizio dell’impresa rispetto ai minori soltanto emancipati, anche i primi sarebbero tenuti ad accettare l’eredità loro devoluta col beneficio d’inventario, con l’unica particolarità che vi sarebbe, in tale ultimo caso, necessità dell’autorizzazione giudiziale, potendo il minore emancipato che esercita attività d’impresa compiere liberamente qualsiasi atto eccedente l’ordinaria amministrazione (in tal senso G. SANTARCANGELO, La volontaria giurisdizione nell’attività negoziale, III, Scomparsa, assenza e uffici successori, Milano, 2006, 495, e C. CARBONE, Formulario notarile commentato, Notariato e atti notarili, atti mortis causa e atti tra vivi, Vicenza, 2016, 706); secondo altri, invece, atteso che l’art. 397 c.c. – secondo il quale il minore emancipato, se autorizzato all’esercizio di un’attività d’impresa commerciale, può compiere da solo gli atti di straordinaria amministrazione, anche se estranei all’esercizio dell’impresa – è norma speciale rispetto all’art. 472 c.c., l’emancipato autorizzato ad esercitare un’impresa commerciale potrebbe accettare l’eredità a lui devoluta puramente e semplicemente, senza dover necessariamente giovarsi del beneficio d’inventario (in tal senso A. JANNUZZI e P. LOREFICE, Manuale di volontaria giurisdizione, Milano, 2004, 646).
[9] In tal senso pressoché unanimemente la dottrina (ex multis, L. FERRI, Successioni in generale, cit., 251; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 283; C. Carbone, Formulario notarile commentato cit., 706; L. MEZZASOMA, Delle successioni, sub Art. 471 – Eredità devolute a minori o interdetti, in Commentario del Codice Civile – Delle successioni – Artt. 456-564, a cura di Vincenzo Cuffaro e Francesco Delfini, diretto da Enrico Gabrielli, Milano, 2009, 163 e 164; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 122) e la giurisprudenza (Cass., 9 aprile 1969, n 1144; Cass., 27 febbraio 1986, n. 1267; Cass., 13 luglio 1999, n. 7417; Cass., 24 luglio 2000, n. 9468; Cass., 1° febbraio 2007, n. 2211; Cass., n. 15267/2019).
Occorre tuttavia segnalare l’isolata tesi di G. AZZARITI, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 76 ss., il quale, anziché di nullità, ritiene che, in tal caso, l’accettazione sia semplicemente annullabile o che, al più, la medesima debba considerarsi automaticamente convertita in un’accettazione beneficiata.
In giurisprudenza si discosta Cass., 15 settembre 2017, n. 21456, richiamata da Cass., 16 novembre 2018, n. 29665, secondo la quale ultima, benché un’eventuale accettazione tacita ad opera del rappresentante legale del chiamato minorenne sia “momentaneamente” priva di effetti, «[…] l’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se on con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredità in modo diverso, sicché l’eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace. Tuttavia, se a seguito dell’inefficace accettazione dell’eredità per suo conto fatta dal legale rappresentante, il soggetto minore d’età non provvede – ai sensi dell’art. 489 c.c. – a conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c. entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età, rimane ferma con pieni effetti l’accettazione pura e semplice già avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all’eredità accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore», così parendo ammettere un’efficacia sopravvenuta dell’accettazione pura e semplice da parte del rappresentante legale del minore, dalla quale conseguirà che, una volta che il minore abbia raggiunto la maggiore d’età, nel caso non provveda ad accettare con beneficio d’inventario (o, è da ritenere, a rinunciare all’eredità), si produrranno gli effetti della precedente accettazione non beneficiata fatta per lui dal suo legale rappresentante, così ch’egli sarà considerato erede puro e semplice in forza anche di un’accettazione tacita.
[10] Questa tesi, ad onor del vero, era stata finora sostenuta soltanto da un’isola ed ormai risalente pronuncia della giurisprudenza di legittimità, la quale aveva ritenuto che, in un caso del genere, il minore permanesse nella qualità di mero chiamato all’eredità e non acquistasse quella di erede, con la conseguenza che, divenuto maggiorenne, egli potrebbe anche decidere di rinunciare all’eredità (il richiamo è a Cass., 11 luglio 1998, n. 4561).
[11] In dottrina A. CICU, Successioni per causa di morte, Parte generale, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1961, 198; A. JANNUZZI e P. LOREFICE, Manuale di volontaria giurisdizione, cit., 648; L. FERRI, Successioni in generale, cit., 320; G. SANTARCANGELO, La volontaria giurisdizione nell’attività negoziale, III, Scomparsa, assenza e uffici successori, cit., 500 ss.; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 285; in giurisprudenza Cass., 28 agosto 1943, n. 9142; Cass., 27 febbraio 1995, n. 2276; Cass., 23 agosto 1990, n. 8832.
[12] Ciò la Corte ha fatto con la sentenza 21456/2017, e con l’ordinanza 29665/2018.
In particolare, con l’ultima delle due pronunce richiamate il giudice della nomofilachia ha statuito che «Coerentemente con l’affermazione secondo cui la redazione dell’inventario costituisce uno degli elementi costitutivi della fattispecie a formazione progressiva dell’accettazione con beneficio di inventario, si è altresì precisato che (cfr. Cass. n. 8832/1999) anche qualora il genitore esercente la potestà (ora responsabilità genitoriale) sul figlio minore chiamato all’eredità faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 cod. civ. da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualità di erede (artt. 470 e 459 cod. civ.), ma non compia l’inventario necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilità – e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l’eredità resta acquisita da quest’ultimo, che però è considerato erede puro e semplice (art. 489 cod. civ.), mentre (cfr. Cass. n. 1267/1986) il mancato perfezionamento della procedura di accettazione beneficiata, mantiene il minore nella qualità di chiamato, sicché una volta divenuto maggiorenne, potrà valutare se conservare o meno il beneficio ovvero rinunciare alla eredità».
[13] Per gli estremi, si veda sub nota 1.
[14] Così, testualmente, la pronuncia in commento.
[15] Così, testualmente, la pronuncia in commento.
[16] Secondo la Corte con il momento della dichiarazione di accettare l’eredità con beneficio d’inventario da parte del legale rappresentante del minore coincide pienamente quello di acquisto da parte del predetto della qualità di erede (beneficiato), salvo poi, ove non si adegui alle disposizioni previste in tema di beneficio d’inventario entro il termine finale previsto dalla legge, decadere dal beneficio ed essere considerato erede puro e semplice.
[17] In virtù di tale principio – a differenza di quanto avviene in caso di rinuncia, la quale determina una vicenda potenzialmente non definitiva – il chiamato all’eredità che abbia accettato (in maniera espressa o tacita, con o senza beneficio d’inventario) non può più ritrattare la propria volontà, producendosi ad opera di tale manifestazione di volontà un effetto definitivo che non può più essere dismesso (cfr. Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 406-2017/C, La rinunzia all’eredità da parte del chiamato possessore, di Maria Teresa Ligozzi, passim, spec. 5 e 7; V. SCIARRINO e M. RUVOLO, La rinuncia all’eredità, Artt. 519-527, sub Art. 519, in Il Codice Civile. Commentario, fondato e già diretto da Piero Schlesinger, continuato da Francesco Donato Busnelli, Milano, 2008, 47).
[18] Valga ricordare, infatti, che il diritto di accettare si prescrive in dieci anni e quindi, nel caso di un minore che, al tempo dell’apertura della successione, necessitasse di un periodo di tempo superiore per raggiungere la maggiore età (ad es., un bambino di 4 anni), aderendo alla tesi fatta proprio dalla Cassazione con le pronunce 21456/2017 e 29665/2018., sostanzialmente si farebbe dipendere dall’inerzia del suo rappresentante legale (cui, anche dopo aver dichiarato di accettare con beneficio d’inventario, basterebbe non redigere l’inventario stesso) la prescrizione del suo diritto di accettare.
[19] In tal senso cfr. G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 286.
[20] Per G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 304, soltanto in questo secondo caso potrebbe propriamente parlarsi di decadenza, mentre nel primo caso il termine sarebbe utilizzato in senso atecnico, non potendosi perdere qualcosa che non si è ancora acquistato.
[21] E ciò necessariamente abbia fatto in maniera espressa, atteso che, per quanto già chiarito, non è assolutamente ammissibile un’accettazione beneficiata tacita.