Accertamento tecnico preventivo e caratteri della relazione del consulente

Indice: 1) Introduzione. 2) Il procedimento. 3) La relazione del consulente. 4) La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.

1. Introduzione

L’art. 61 c.p.c. prevede la possibilità per il giudice, qualora la decisione della causa richieda specifiche competenze tecniche, di ricorrere, per il compimento di singoli atti o per l’intero processo, all’ausilio di uno o più consulenti tecnici. Generalmente, quindi, l’attività del consulente si svolge durante il processo e ogni qualvolta sia necessario l’intervento di soggetti dotati di determinate conoscenze in settori specialistici, di cui il giudice può avvalersi nella valutazione dei fatti (risultanze probatorie o particolari questioni tecniche) inerenti la causa.

Tuttavia, accanto alla regola genere prevista dall’art. 61, il codice prevede anche l’eventualità che tale accertamento tecnico venga domandato e svolto prima del giudizio.

È il caso previsto dall’art. 696 c.p. c., rubricato “Accertamento tecnico e ispezione giudiziale”, il quale prevede che, nel caso in cui si verifichino condizioni di urgenza, i soggetti interessati a verificare lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose possono chiedere che venga disposto un accertamento tecnico preventivo. Ad esso, quindi, si ricorre quando si ha la necessità e, appunto, urgenza, di compiere atti che permettano di rimuovere la situazione di pregiudizio, di pericolo o di inutilizzabilità provocata dall’evento contestato.

Tale istituto rientra tra quelli che il codice definisce “procedimenti di istruzione preventiva” (disciplinati dal Libro IV, Titolo I, Capo III, Sezione IV), all’esito dei quali sono emessi i cd. provvedimenti istruttori anticipati.

Questi, a determinate condizioni, consentono la formazione della prova e l’acquisizione degli elementi probatori:

  • a) prima dell’instaurazione del processo principale;
  • b) durante la pendenza del processo principale, ma prima dell’istruzione probatoria.

È evidente la natura cautelare di tali procedimenti, in quanto strumentali al processo ordinario di cognizione. La loro attivazione avviene alla presenza di determinati presupposti, in particolare il fumus boni juris e il periculum in mora.

Il primo consiste in un giudizio sommario in ordine alla verosimile esistenza del diritto a cautela del quale si chiede l’emanazione del provvedimento cautelare.

Il secondo, invece, consiste nel possibile danno in cui potrebbe incorrere il diritto soggettivo che si intende difendere se rimanesse senza tutela. Nel caso dei procedimenti di istruzione preventiva il “periculum in mora” sta nella eventualità che vengano a mancare le condizioni e i presupposti materiali per un utile esperimento della prova testimoniale o della consulenza tecnica (artt. 692 e 696 c.p.c.).

Con riferimento, invece, al “fumus boni juris”, esso non riguarda soltanto il diritto che vuole essere tutelato, ma anche il diritto alla prova, ossia la sua ammissibilità e rilevanza, stabilendo a tali fini, inoltre, che l’assunzione preventiva “non pregiudica le questioni relative alla sua ammissibilità e rilevanza, né impedisce la sua eventuale rinnovazione” (art. 698, II coma).

I mezzi di prova rispetto ai quali il codice contempla l’assunzione preventiva sono l’assunzione di testimoni, l’ispezione giudiziale e l’accertamento tecnico, che è quello su cui ci soffermeremo.

2) Il procedimento

L’attuale formulazione dell’art. 696 c.p.c. è il risultato della L. 14 maggio 2005, n. 80, la quale ha ampliato l’ambito oggettivo dell’accertamento tecnico e dell’ispezione disposti in via preventiva. Prima di tale riforma, per giurisprudenza consolidata (Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2004, n. 6390), l’accertamento preventivo doveva limitarsi alla descrizione ed alla meccanica rappresentazione dello stato dei luoghi o delle cose, senza potersi estendere alla identificazione delle cause ed alla valutazione di eventuali danni).

Il nuovo comma, introdotto dalla riforma, ha ampliato i poteri di indagine del consulente in sede cautelare. L’accertamento tecnico preventivo può ricomprendere anche “valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica”.

Le modalità procedimentali per l’assunzione preventiva delle prove sono disciplinate dagli artt. 693 ess., i quali offrono una disciplina autonoma rispetto a quella propria dei procedimenti cautelari in generale. Il procedimento cautelare uniforme, infatti (artt. 669 bis), non trova applicazione nei procedimenti in esame, eccezion fatta per l’art. 669 septies (rigetto dell’istanza), per l’art. 669 terdecies (proponibilità del reclamo avverso il provedimento di rigetto), e l’art. 669 quinquies (con riguardo alla possibilità di ottenere l’accertamento tecnico preventivo in caso di clausola compromissoria, compromesso pendenza del giudizio arbitrale).

L’art. 693 dispone che l’istanza si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente per la causa di merito, contemplando la possibilità, in caso di eccezionale urgenza, di proporla al giudice del luogo in cui la prova deve essere assunta, salvo il caso che penda già un giudizio.

Il ricorso “deve contenere l’indicazione dei motivi di urgenza e dei fatti sui quali debbono essere interrogati i testimoni e l’esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata” (art. 693, III comma). Il Presidente del Tribunale pronuncia decreto col quale fissa l’udienza di comparizione delle parti innanzi a sé e stabilisce un termine per la notificazione del decreto stesso (art. 694). All’udienza testé indicata provvede con ordinanza, ora reclamabile grazie alla pronuncia della Corte Costituzionale con la sent. 16 maggio 2008, n. 144.

Secondo quanto dispongono gli artt. 694 e 695, con l’ordinanza di accoglimento viene designato il giudice che raccoglierà la prova o il consulente tecnico. In caso di eccezionale urgenza , il Presidente del tribunale o il Giudice di pace possono fissare l’udienza di comparizione e l’ammissione del mezzo di prova con decreto, dispensando il ricorrente dalla notificazione alle altre parti e potendo nominare un procuratore che intervenga per le parti non presenti all’assunzione della prova (art. 697).

Come detto sopra, l’art. 669 septies è applicabile a tali procedimenti. Esso regola l’eventualità del rigetto dell’istanza, disponendo la riproponibilità dell’istanza respinta solo in caso di mutamento delle circostanze o di deduzioni di nuove ragioni e con la previsione della condanna alle spese nella sola ipotesi di procedimento instaurato prima dell’inizio del giudizio.

3) La relazione del consulente

Come detto sopra, il consulente tecnico d’ufficio può oggi estendere notevolmente il proprio accertamento, fornendo valutazioni relative sia ai danni che alle cause di quanto occorre verificare. Egli agisce in piena autonomia e ha il potere di acquisire tutti gli elementi necessari per le sue conclusioni non solo presso le parti, ma anche presso terzi, finendo per svolgere un ruolo “istruttorio” molto simile a quello che assumono gli avvocati in giudizio. In calce alla relazione redatta, allega tutti i documenti che ha acquisito, specificando le modalità con cui li ha ottenuti e, soprattutto, chiarendo i principi sulla base dei quali si è mosso per arrivare a certe conclusioni.

Da tutto ciò risulta evidente che l’accertamento tecnico preventivo rappresenta un procedimento di urgenza cui tendenzialmente si ricorre prima del giudizio di merito.

In ogni caso, è possibile presentare istanza di istruzione preventiva anche in corso di causa, ma sempre prima che sia possibile disporre i mezzi istruttori in base alle cadenze procedimentali del giudizio di merito. Inoltre è possibile ricorrervi durante l’interruzione o la sospensione del giudizio. Il giudice, secondo quanto disposto dall’articolo 699 c.p.c., provvede sulla richiesta con ordinanza. Deve ritenersi che il provvedimento vada emesso previa audizione delle parti.

Un cenno particolare merita la relazione fornita dal perito in sede di consulenza preventiva ai fini della composizione della lite. Questa non è per nulla assimilabile alla relazione tecnica del CTU, si essa fornita nel giudizio di cognizione o nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. Nella consulenza preventiva, infatti, è riconosciuta al perito la facoltà di travalicare le proprie conoscenze tecniche e scientifiche, essendogli consentito dalla legge di esprimersi intorno all’”accertamento e alla relativa determinazione dei crediti”. Una funzione esclusiva del giudice, quindi, solo e soltanto in funzione della conciliazione delle parti è demandata al consulente tecnico.

4) La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite

La legge 14 marzo 2005, n. 80 ha inserito nella disciplina dell’accertamento tecnico preventivo l’art. 696 bis, nel quale si configura la possibilità di una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.

Nonostante tale istituto possa essere richiesto anche in assenza delle condizioni di urgenza previste dal primo comma dell’art. 696 – ragione per cui la consulenza preventivamente predisposta non è finalizzata ad assicurare il futuro esercizio del diritto alla prova, ma promuovere sulla base di un’indagine tecnica, la conciliazione della lite, evitando l’instaurazione del giudizio di merito – la giurisprudenza (Cass. Civ. Ord. Sez. un., 20 giugno 2007, n. 14301) ha affermato che la natura cautelare dell’istituto in esame emerge dalla collocazione codicistica.

Si tratta di un istituto sostanzialmente diverso dall’accertamento tecnico preventivo disciplinato dall’art. 696, in quanto finalizzato a favorire, mediante l’intervento del consulente tecnico, la composizione amichevole della lite. Senza dimenticare, tra l’altro, il carattere deflattivo di tale procedimento, poiché l’acquisizione di elementi probatori, a prescindere da qualsiasi motivo di urgenza, potrebbero risultare decisivi in un eventuale futuro giudizio.

L’articolo in questione dispone che la consulenza preventiva può essere utilizzata anche in assenza “delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o di fatto illecito”, a prescindere, quindi, dalla presenza del requisito dell’urgenza e del periculum in mora, essendo necessario soltanto l’interesse del richiedente.

Il consulente tecnico nominato dal giudice, ai sensi dell’ultimo inciso del primo comma dell’art. 696 bis, prima di provvedere al deposito della relazione (e, quindi, anche durante la relazione della stessa).

Il suo è un intervento neutrale e ha una primaria funzione i tipo persuasivo:

  • a) scoraggiare iniziative giudiziarie che muovano da un approccio alle questioni tecniche inerenti la vertenza diametralmente opposte a quanto espresso in sede di consulenza preventiva;
  • b) fornire un orientamento valutativo, nei limiti dell’oggettività materiale del caso, in grado di raccogliere il consenso di entrambe le parti.

Il consulente, quindi, in questa sede è dotato di poteri ben più ampi di quelli del consuelente tecnico d’ufficioche opera in corso di giudizio ovvero in sede di accertamento tecnico preventivo. Nella consulenza preventiva, il perito non è chiamato ad operare in veste di semplice ausiliario del giudice, in quanto diventa parte essenziale e funzionale dell’intera procedura. Se le parti raggiungono l’accordo, viene redatto processo verbale, il quale, oltre ad essere esente dall’imposta di registro, è suscettibile di acquiire efficacia di titolo esecutivo, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e valevole per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

Se, viceversa, la conciliazione non riesce, l’art. 696 bis stabilisce che ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita al successivo giudizio di ito.

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