Nell’ordinanza n. 6037 del 2024, i giudici della Sezione Lavoro hanno chiarito la loro posizione sull’art. 1751 c.c. e sugli Accordi Economici Collettivi, confermando l’applicazione coerente degli orientamenti di legittimità e l’unicità dell’art. 1751 c.c. come riferimento normativo principale per la risoluzione dei rapporti.
Corte di Cassazione-Sez. Lav.- ord. n. 6037 del 06-03-2024
Fatti di causa
La questione nasceva da una pronuncia della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato una precedente sentenza del giudice di prime cure riguardante una controversia tra una società e un contrante in cui era sorto un rapporto contrattuale d’agenzia a partire dal 1974 sino al 2016. Il Tribunale aveva ordinato alla società in questione di versare una somma di denaro significativa, ma molte delle richieste avanzate dall’agente sono state respinte in appello.
Il giudice distrettuale aveva chiarito che la società non era legata ad alcuna organizzazione che avesse sottoscritto accordi menzionati dall’agente e che, per l’effetto, tali accordi non fossero applicabili alla situazione in questione. Inoltre, erano state respinte altre argomentazioni presentata dall’agente, che aveva cercato di far valere il principio d’equità. Alla luce di queste considerazioni, la corte d’appello territoriale aveva confermato la decisione del giudice di prime cure, stabilendo che l’agente non avesse diritto ad alcuna forma di indennità ulteriore o compensazione in base a determinati accordi contrattuali. Avverso questa decisione, l’agente proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi.
I motivi di ricorso
Il primo motivo sollevato ha evidenziato una presunta violazione delle norme relative all’indennità di fine rapporto. Il ricorrente ha lamentato che i giudici di merito (tanto quello di primo che di secondo grado) avrebbero trascurato la corretta applicazione dell’art. 7 del contratto d’agenzia stipulato tra le due parti, dell’art. 1751 c.c. e dell’art. 11 delle preleggi. In particolare, lo stesso ha sostenuto che la Direttiva n. 86/653 CE imponesse l’applicazione obbligatoria della disciplina indennitaria più favorevole a lui, incluso il richiamo agli Accordi Economici Collettivi del 2009, il cui mancato rispetto da parte dei giudici d’appello è stato contestato. Inoltre, lo stesso ha affermato che l’art. 1751 c.c. non fosse stato applicato nel caso di specie poiché risultava svantaggioso rispetto alla clausola contrattuale indicizzata all’art. 7 del contratto di agenzia individuale.
Nel ricorso, il ricorrente ha altresì sostenuto che i giudici avessero commesso una duplice violazione: da una parte, non avessero fatto applicazione della disciplina normativa afferente gli Accordi Economici Collettivi come, appunto, previsto dall’art. 7 del contratto d’agenzia, dall’altra avessero erroneamente ritenuto che la formulazione dell’art. 1751 c.c., modificato dalla Direttiva 86/653 CE, avesse abrogato implicitamente l’art. 7 del contratto d’agenzia, violando anche l’art. 11 delle preleggi.
Nel secondo motivo di ricorso, il ricorrente ha criticato il mancato riconoscimento degli interessi moratori sulle somme riconosciute, contestando che il giudice distrettuale avesse errato nell’interpretare il D.lgs. n. 231/2002, non tenendo in considerazione che tale disposizione non si applicasse ai contratti stipulati anteriormente al 2002. È stato sottolineato, invece che l’interpretazione dell’art. 6 degli Accordi Economici Collettivi del 2009, dell’art. 2 della l. n. 81/2017 e dell’art. 1284 c.c. avrebbe dovuto portare al riconoscimento degli interessi moratori all’agente, in qualità di libero professionista, e in relazione al contratto d’agenzia, trattandosi un contratto commerciale, in conformità a quanto stabilito dal D.lgs. n. 231/2002.
Il terzo motivo del ricorso ha sollevato una censura riguardo la decisione sulle spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio, nonostante le stesse fossero state compensate.
Le argomentazioni dei giudici di legittimità
I giudici di legittimità hanno valutato il primo motivo riguardante l’interpretazione dell’articolo 7 del contratto d’agenzia tra le parti inammissibile. Il motivo di ricorso è stato ritenuto non valido il quanto la corte d’appello ha sostenuto che il richiamo si applicasse solo agli accordi economici collettivi del 1958.
Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata è riservata al giudice di merito e costituisce oggetto di censura in sede di legittimità solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione, qualora si sia manifestata una contrarietà logica, impedendo il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla sentenza. La Suprema Corte ha specificato che per censurare la violazione dei canoni ermeneutici non basti fare un riferimento astratto alle regole legali interpretative, ma è necessario indicare in modo preciso i canoni violati e come il giudice li abbia ignorati. Allo stesso modo, i giudici hanno chiarito che la denuncia del vizio di motivazione deve essere supportata da una precisa identificazione delle lacune argomentative o delle illogicità presenti nel ragionamento del giudice di merito, evidenziando l’attribuzione di un significato avulso al senso comune.
Pertanto, quando più interpretazioni di una clausola siano possibili, non è consentito alla parte ricorrente lamentarsi di un’interpretazione rispetto a quella proposta, poiché la semplice contrapposizione delle interpretazioni non è considerata motivo sufficiente per l’annullamento della sentenza oggetto d’impugnazione.