Con la sentenza n. n. 21949 del 28 ottobre 2015, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, cambiando radicalmente il proprio orientamento, in conformità a quanto previsto dal nuovo ordinamento della professione forense, hanno chiarito che l’iscrizione all’albo degli avvocati è esclusa per i docenti di scuola elementare.
Nel vigore della precedente disciplina dell’ordinamento della professione di avvocato, il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, nel prevedere in via generale l’incompatibilità tra lo svolgimento della professione di avvocato e la sussistenza di un impiego pubblico, stabiliva anche un’eccezione (comma 4, lett. a) per “i professori e gli assistenti delle Università e degli altri Istituti superiori ed i professori degli Istituti secondari“.
Con la sentenza 8 novembre 2010, n. 22623, le Sezioni Unite avevano dunque interpretato la disposizione derogatoria contenuta nel citato art. 3, comma 4, lett. a), nel senso che, sussistendone i requisiti, l’incompatibilità è esclusa anche per i docenti delle scuole elementari. Anch’essi, infatti, godono della medesima libertà di insegnamento stabilita per gli altri docenti e devono essere in possesso della laurea, sicchè la loro esclusione dall’eccezione prevista dall’ordinamento professionale si risolverebbe in una discriminazione in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza.
Tuttavia, secondo le Sezioni Unite, l’art. 19 del nuovo ordinamento della professione forense, di cui alla L. n. 247 del 2012, avente ad oggetto la disciplina delle eccezioni alla norma sulla incompatibilità, ha un contenuto diverso, tale da impedire alla Cassazione di ribadire l’interpretazione estensiva operata con riferimento al quadro normativo precedente.
Ferma l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato“ (art. 18, comma 1, lett. d), l’art. 19, al comma 1, fa infatti salva un’eccezione con riguardo all'”insegnamento o alla ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici“.
Ai fini dell’operatività dell’eccezione alla regola generale dell’incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part-time, la nuova legge dà quindi rilievo non solo al luogo nel quale l’insegnamento o la ricerca si svolge, ma anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle “materie giuridiche”.
La Suprema Corte ha pertanto chiarito che l’univoco tenore letterale dell’art. 19 non ne consente una lettura estensiva tale da ricomprendere nell’ambito dell’eccezione, in nome dell’unitarietà della funzione docente, anche i docenti della scuola primaria, che insegnanti in materie giuridiche non sono. Questo perchè, in effetti, “la ratio della riforma è proprio quella di ammettere un’eccezione, alla regola che sancisce l’incompatibilità con qualsiasi rapporto implicante subordinazione e che vale anche per i docenti e i ricercatori, soltanto là dove l’insegnamento e la ricerca (costituenti la prestazione lavorativa) si esplichino in un settore disciplinare (“materie giuridiche”) comune a quello che tipicamente caratterizza la professione di avvocato“.
Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, Sez. Unite civili, sentenza n. 21949 del 28 ottobre 2015