Le partecipazioni a tempo autoestinguibili

ll tema della legittimità delle cd. partecipazioni auto-estinguibili a tempo ha stimolato nel corso degli anni l’interesse non solo della dottrina giuridica ma anche degli operatori economici, anche sulla scorta delle ultime teorie in merito alla corporate governance ed alla sostenibilità della struttura finanziaria. Nell’ultimo periodo si è infatti maggiormente respirata l’esigenza di incentivare strumenti di apporto finanziario all’impresa che non siano solamente speculativi ma tendano ad un rafforzamento patrimoniale vero e proprio.
Non da ultimo, l’approvazione ad opera di alcuni Consigli Notarili – da menzionare la massima n. 190 del Consiglio Notarile di Milano e la massima n. 66 del Consiglio Notarile dei Distretti riuniti di Firenze, nonché i commenti di Assonime (da ultimo il caso 6/2023), hanno dipanato i dubbi residui in merito alla legittimità delle partecipazioni “a tempo” o “auto-estinguibili.

Partecipazioni auto-estinguibili: definizione e presupposti

Per partecipazioni auto-estinguibili si intendono quelle particolari categorie di azioni o quote inevitabilmente destinate, al verificarsi di un determinato evento futuro – certo o incerto -, ad essere annullate e, eventualmente, liquidate.
Nell’ordinamento italiano, le partecipazioni societarie, anche quelle definibili ordinarie, non sono caratterizzate da una presunzione di perpetuità ed anzi, il Legislatore prevede la possibilità di atti dispositivi delle stesse e, inoltre, concede ampia autonomia negoziale nel consentire lo scioglimento del vincolo sociale. Sulla scorta di quanto affermato e per le finalità che si esplicheranno nel prosieguo, si legittima oramai pacificamente la legittimità delle partecipazioni a “auto-estinguibili”.
Intuitivamente, la connotazione temporale può rivestire solamente un numero limitato di partecipazioni e non tutto il capitale sociale, dal momento che lo spirare del termine di estinzione delle partecipazioni verrebbe a coincidere con quello più ampio previsto per la durata della società. La temporaneità caratterizza pertanto solamente una categoria di azioni o di quote, nel caso di S.p.A. o di S.r.l. PMI innovativa. Vi è da chiedersi, nel caso di S.r.l. non innovativa, se sia preclusa tale fattispecie. All’atto pratico, non giova porsi il dubbio, dal momento che si potrebbe prevedere il medesimo effetto nelle veci di diritto particolare del socio ai sensi dell’art. 2468, 3 comma, c.c. con la sola ulteriore previsione che, nel caso di vendita della quota, il diritto particolare si trasferisca in capo al nuovo titolare.
La partecipazione auto-estinguibile è impropriamente definita anche “a tempo” ovvero “condizionata”: infatti, l’automatica estinzione di azioni o quote discende dallo spirare di un termine o dal verificarsi di una condizione, che non sia tuttavia meramente potestativa.
Per potersi definire “a tempo”, è necessario che l’evento al cui verificarsi dipenda la cessazione del rapporto sociale, sia certo nel suo verificarsi. È legittima la previsione di un termine certus nell’an ed anche nel quando – una precisa data di calendario -, ovvero un termine certus nell’an ma incertus nel quando – la data di approvazione del bilancio di un determinato esercizio sociale.
Qualora si preveda un termine incertus sia nell’an che nel quando, vi sarà una maggior qualificazione “condizionata”.

Differenze tra partecipazioni a tempo e azioni riscattabili

Ben prima della riforma del 2003, la dottrina ammetteva la possibilità di emettere partecipazioni caratterizzate dal diritto ad essere riscattate dalla società. La riforma ha successivamente introdotto il tema all’art. 2437 sexies del Codice Civile nel quale viene esplicitamente previsto “un potere di riscatto da parte della società o dei soci” per determinate azioni o categorie di azioni.
La suddetta previsione consente di incorporare tra gli oneri connessi alla titolarità azionaria un diritto potestativo a favore della società – fermi i limiti dell’acquisto di azioni proprie – o degli altri soci, di acquisire le stesse, esercitando il diritto di riscatto, per un valore determinato applicando i criteri previsti per le ipotesi di recesso.
La ratio della norma è sicuramente differente rispetto a quanto si può evincere per le partecipazioni a tempo e può rinvenirsi nella volontà della società o dei soci di mantenere un legame particolare con alcuni shareholders, mantenendo il diritto di escluderli dalla compagine non appena venga meno il rapporto.
Le azioni c.d. riscattande sono invece una fattispecie che si pone nel medium, e rappresentano quelle partecipazioni che prevedono la facoltà, per il titolare delle stesse, di “costringere” la società o gli altri soci all’acquisto della partecipazione. Si tratta di una facoltà concessa a particolari categorie di quote previste in statuto e che originano dall’autonomia delle parti prescritta all’art. 2437, comma 4, c.c. in materia di diritto di recesso: “lo statuto di società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso”. A differenza delle azioni a tempo, il diritto potrebbe anche configurarsi come meramente potestativo, lasciando la facoltà di esercizio alla mera volontà del titolare della partecipazione.

Partecipazioni a tempo: finalità

Si menzionava la particolare attenzione che gli operatori economici hanno posto alla fattispecie in esame. La possibilità di prevedere l’accoglimento nella compagine sociale di “soci a tempo” ha una duplice valenza: rappresenta un diverso strumento di raccolta di risorse per le società, e consente all’investitore di non rimanere immobilizzato nel proprio investimento.
Esplicitando maggiormente, start up o società che necessitano di consolidare il proprio patrimonio possono raccogliere da investitori privati i capitali di rischio – a interessi zero e senza alcune problematicità legate al capitale di debito, quali prestito di garanzie o rispetto di covenant – per il tempo necessario per rafforzare l’impresa.
D’altra parte, la temporaneità della partecipazione consente un “disinvestimento” sicuro per l’investitore, il quale è certo che, all’avverarsi dell’evento, il suo investimento sarà smobilizzato. Con ciò, si elimina il rischio derivante dall’investire una somma di denaro in una società “chiusa”, senza un mercato secondario liquido. In aggiunta, il finanziatore può agire per tutelare il proprio investimento, essendo titolare dei diritti amministrativi e di controllo propri della qualifica di socio.
Il risultato pratico ottenuto è quello di attribuire all’investimento “di capitale” una caratteristica tipica degli investimenti “di debito”, con la possibilità di trarre la propria remunerazione per mezzo della ripartizione di eventuali utili e della restituzione di un valore economico al momento dell’auto-estinzione della partecipazione.

Valore della liquidazione

L’autonomia statutaria ha ben pochi limiti nel prevedere la quantificazione della liquidazione del socio temporaneo. Difatti, è legittima sia la predeterminazione di un esatto ammontare, ovvero di un criterio di determinazione legato all’andamento della società ovvero ad altri indici finanziari, sia la previsione che alcuna liquidazione spetterà al socio. Costui, nel momento in cui sottoscrive la partecipazione “a tempo”, è consapevole dei valori economici dell’investimento e accetta i termini dell’operazione. Inoltre, la liquidazione spettante al socio deve essere considerata in stretta correlazione con la possibilità di percepire gli utili della società nonché con la possibilità di prevedere come evento “autoliquidante” il momento in cui l’investitore sia rientrato del proprio investimento o di una somma superiore (pensiamo all’esempio per cui la partecipazione si “auto-estingue” nel momento in cui il socio abbia ricevuto dividendi pari al valore investito, maggiorato del 10%).
Nel caso di liquidazione di una somma di denaro al socio “autoliquidante”, risulta evidente che, qualora non vi sia capienza patrimoniale, si dovrà applicare per analogia quanto previsto all’art. 2437-quater, 6 comma, c.c.  ed all’art. 2473, 4 comma, c.c. e quindi la riduzione del capitale sociale, ovvero la liquidazione della società.
Preme sottolineare ancora che il socio finanziatore, in qualità di socio, risponde di tutte le perdite della società in proporzione alla propria quota di capitale ed accetta pertanto anche il rischio che il valore finale che ricaverà dall’operazione sia inferiore a quanto investito. Inoltre, il diritto del socio alla liquidazione potrebbe essere postergato e subordinato al pagamento di ogni altra categoria di creditori della società ai sensi dell’art. 2467 c.c. qualora l’apporto di denaro fosse riqualificato come finanziamento.

Annullamento

Al verificarsi dell’evento, la società dovrà annullare le partecipazioni, azioni o quote che siano.
Per quanto attiene alla disciplina applicabile per le S.p.A., la società dovrà attuare un acquisto di azioni proprie e contestuale annullamento delle medesime ai sensi dell’art. 2437-quater, 5 comma, c.c.. Ciò avviene senza modifica alcuna del capitale sociale dal momento che l’operazione di acquisto costituisce una “imputazione” al capitale sociale dell’importo ridotto della riserva disponibile utilizzata ai fini dell’acquisto medesimo. Nel caso specifico di azioni con indicazione del valore nominale, l’estinzione delle azioni comporta la riduzione del capitale sociale o l’incremento e quindi la modifica del valore nominale di tutte le altre azioni.
Per le S.r.l. fa fede quanto previsto all’art. 2473, 4 comma, c.c. secondo cui alla liquidazione ad opera della società consegue l’annullamento della quota, nel rispetto dell’art. 2474 c.c. sull’acquisto di azioni proprie.
L’autonomia statutaria potrebbe invero prevedere una diversa modalità di liquidazione che non presupponga l’annullamento delle quote. È possibile prevedere l’offerta in opzione ai soci, l’offerta ai terzi, l’acquisto ad opera di un socio individuato ovvero di tutti soci proporzionalmente ecc. Se la clausola statutaria contenesse queste previsioni, risulta evidente che la temporaneità non sarebbe caratteristica della quota in sé ma piuttosto del rapporto sociale con il finanziatore/socio, ed a seguito della liquidazione dello stesso, la partecipazione a tempo verrà convertita in ordinaria.

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