Il risparmio sotto forma di buoni postali fruttiferi trentennali, sin dai tempi dei nostri nonni, è sempre stato quello preferito dagli italiani, poichè ispirati dalla trasparenza, solidità e dagli interessanti rendimenti che le Poste assicuravano loro. In molti però, al momento dell’incasso dei titoli, si sono scontrati con una realtà differente rispetto alle aspettative, riscuotendo somme inferiori rispetto a quelle previste, a causa dell’applicazione di un’erronea modalità di calcolo della ritenuta fiscale sugli interessi maturati sui buoni postali da parte delle Poste. Errore per rimediare al quale molti risparmiatori sono stati costretti a rivolgersi alla magistratura, non ottenendo alcun risultato stragiudizialmente.
Giudice di Pace di La Spezia- sent. n. 3 del 2024
Le due differenti modalità di tassazione
In materia di tassazione di tali interessi esistono due diverse normative confliggenti fra loro, la normativa primaria (Decreto Presidente Repubblica – per brevita D.P.R. – 600/73, Decreto Legge – D.L. – 556/86 e relativa legge di conversione; Decreto Legislativo 239/96) che impone la tassazione solo e soltanto nel momento in cui il reddito viene percepito dal sottoscrittore e che prevede una capitalizzazione annuale degli interessi al lordo dell’imposta sostitutiva del 12,50%; la normativa secondaria (Decreto Ministeriale – per brevita D.M. – 23/06/1997 avente natura di provvedimento amministrativo) che prevede la capitalizzazione annuale degli interessi al netto dell’imposta sostitutiva del 12,50%. Ma quale delle due normative dev’essere applicata e perchè ? Per dare la risposta, dobbiamo ricordare che l’ordinamento giuridico italiano è caratterizzato da una pluralità di fonti di produzione normativa disposte secondo una scala gerarchica, in cui la norma di fonte/grado inferiore non può porsi in contrasto con quella di fonte/grado superiore e qualora ciò si verifichi, prevale la norma di grado superiore. Per l’effetto, il conflitto tra norma inferiore (D.M.) e norma superiore (D.P.R.) dev’essere risolto con prevalenza della norma di grado superiore (D.P.R.) su quella di grado inferiore (D.M.) e sua conseguente disapplicazione, poiché norma sottordinata alle superiori disposizioni legislative confliggenti.
La prassi applicativa delle poste
E le Poste quale normativa applicano? Quella di rango inferiore o quella di rango superiore? Ebbene le Poste applicano quella di rango inferiore (D.M. del 1997), capitalizzando annualmente (anzi, addirittura bimestralmente) gli interessi al netto della ritenuta fiscale, trattenendola in quel momento, ma versandola allo Stato solo al momento del loro incasso da parte dei risparmiatori che, avvenendo anche a distanza di 30 anni dall’emissione dei buoni, determina un loro conseguente svantaggio ed un ingiustificato vantaggio in favore delle Poste. Difatti, il dovere impositivo in capo a queste ultime sorge nel momento in cui il reddito viene percepito dal sottoscrittore, ovvero quando gli è reso disponibile attraverso il rimborso del buono e non prima. Solo al momento dell’incasso del titolo (momento impositivo), Poste versa materialmente la ritenuta allo Stato, pertanto non è affatto corretto nei confronti dei risparmiatori anticipare l’applicazione dell’imposta. Anche perché se la ritenuta fiscale è una somma destinata allo Stato, non si comprende per quale motivo le Poste anziché versargliela nel momento in cui annualmente (o meglio bimestralmente) la trattengono al risparmiatore, gliela versano solo all’atto della riscossione del titolo, che spesso, come già detto, viene incassato solo allo scadere dei 30 anni dalla sua emissione. Palese in questo caso è il vantaggio di cui Poste beneficia, poiché trattiene e magari reinveste tali piccole somme che, moltiplicate per i numerosissimi risparmiatori titolari di buoni postali, consente loro di maturare somme decisamente ingenti.
La soluzione giurisprudenziale
A causa di questa situazione conflittuale, la problematica è stata posta all’attenzione del Giudice di Pace della Spezia – dott.ssa Laura Campi che, con la sentenza n. 3/2024 del 09/01/2024, ha ritenuto corretta e prevalente l’applicazione della norma di grado superiore (D.P.R.) rispetto a quella inferiore (D.M.), statuendo che la tassazione degli interessi maturati sui buoni postali dev’essere effettuata solo e soltanto nel momento in cui il reddito viene percepito dal sottoscrittore, effettuando una capitalizzazione annuale degli interessi al lordo della ritenuta fiscale del 12,50%. Il Giudice di Pace ha così condannato le Poste a rimborsare ad un risparmiatore spezzino la differenza che gli aveva ingiustamente trattenuto, in virtù di un’erronea modalità di calcolo della ritenuta erariale. Il Giudice di Pace ha evidenziato che i buoni postali non distribuiscono cedole nel corso della loro vita e gli interessi maturati sugli stessi vengono incassati dal sottoscrittore soltanto quando quest’ultimo si presenta all’ufficio postale per riscuoterne il montante, pertanto la ritenuta va applicata solo e soltanto in quel momento, ovvero al termine del rapporto e non ogni anno (o addirittura ogni bimestre come fanno le Poste) con diminuzione dell’importo degli interessi dovuti. Per il cliente/risparmiatore l’applicazione della capitalizzazione degli interessi al netto della ritenuta fiscale – come fanno le Poste – determina, infatti, una perdita monetaria ingiustificata. La corretta modalità di tassazione degli interessi maturati sui buoni postali fruttiferi, come ha riconosciuto il Giudice di Pace della Spezia sulla scia di numerose altre pronunce giurisprudenziali (Tribunale di Bergamo sentenza n. 1390 del 12/10/2020 e n. 881 del 28/04/2023; Tribunale di Vicenza ordinanza del 18/05/2021 R.g.n. 2397/2020; Giudice di Pace di Cassino n. 649 del 05/04/2022 e n. 1068 del 14/06/2022; Tribunale di Perugia n. 244/2023) deve quindi fondarsi sull’art. 26 del D.p.r. n. 600/1973, secondo cui la ritenuta si applica sulla base del principio di cassa e non di quello della maturazione dei titoli, pertanto la capitalizzazione annuale (o peggio bimestrale) degli interessi al netto della ritenuta fiscale praticata dalle Poste, e da considerarsi illegittima Il momento impositivo (tassazione degli interessi) deve quindi coincidere con quello in cui il reddito viene “corrisposto al/percepito dal” sottoscrittore dei titoli, ovvero con il momento in cui fisicamente il reddito gli e reso disponibile, entrando nelle sue tasche e non prima.
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Finalmente si c’entra il vero obiettivo della controversia tra sottoscrittori dei buoni serie, e non altre inutili contestazioni.
Speriamo che si prosegua su questa strada.