La Corte Costituzionale, con sentenza n. 35 del 6 marzo 2023, ha offerto importanti chiarimenti sulla decorrenza dei termini per la richiesta di indennizzo del danno derivante da vaccino, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma primo, della L. 25 febbraio 1992, n. 210[1], “nella parte in cui non prevede che l’effetto di decadenza conseguente alla presentazione della domanda oltre il triennio, decorrente dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, sia limitato ai ratei relativi al periodo antecedente al suddetto periodo triennale”.
Risarcimento danni da vaccino: normativa e soggetti beneficiari
La legge n. 210/1992, ha avuto il merito di aver introdotto, nel nostro ordinamento, un’importante misura di solidarietà sociale di natura assistenziale[2] prevedendo un indennizzo ovvero l’erogazione di un assegno vitalizio a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile causate da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati.
In particolare, il tenore letterale della legge individua i beneficiari della misura indennitaria in:
- Soggetti che hanno riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psicofisica a seguito di: vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria; vaccinazioni non obbligatorie ma effettuate per motivi di lavoro o per incarichi d’ufficio o per poter accedere ad uno stato estero; vaccinazioni non obbligatorie ma effettuate in soggetti a rischio operanti in strutture sanitarie ospedaliere; vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695 (L. 14 ottobre 1999, n. 362, art. 3, c. 3).
- Soggetti non vaccinati che hanno riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica.
- Soggetti contagiati da virus HIV o da virus dell’epatite a seguito di somministrazione di sangue o suoi derivati, sia periodica (ad es. soggetti affetti da emofilia, talassemia, ecc.) sia occasionale (ad es. in occasione di intervento chirurgico, ecc.).
- Personale sanitario di ogni ordine e grado che, durante il servizio, a seguito di contatto diretto con sangue o suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da HIV, abbia contratto l’infezione da HIV oppure (sentenza Corte Costituzionale n. 476 del 26 novembre 2002) abbia riportato danni permanenti all’integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti.
- Soggetti che risultino contagiati da HIV o da epatiti virali dal proprio coniuge appartenente ad una delle categorie di persone sopra indicate e per le quali sia già stato riconosciuto il diritto all’indennizzo ai sensi della legge 210/92, nonché i figli dei medesimi contagiati durante la gestazione (art. 2, comma 7, L. 210/92).
- Gli eredi di persona danneggiata che, dopo aver presentato la domanda in vita, muoia prima di percepire l’indennizzo.
- Parenti aventi diritto (nell’ordine: il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli minorenni, i fratelli maggiorenni), dietro specifica domanda, qualora a causa delle vaccinazioni o delle infermità previste dalla L. 210/92 sia derivata la morte del danneggiato. Gli aventi diritto possono optare fra un assegno reversibile per 15 anni o un assegno una tantum.
La giurisprudenza in tema di danni da vaccino
Le disposizioni di cui alla L. n. 210/1992, sono state introdotte a seguito della sentenza n. 307[3] del 1990, con la quale la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale della L. n. 51/1996 sulla obbligatorietà della vaccinazione antipoliomelitica nella parte in cui non prevedeva l’attribuzione, a carico dello Stato, di un’equa indennità per il caso di danno derivante “ da contagio o da altra apprezzabile malattia causalmente riconducibile alla vaccinazione obbligatoria antipoliomelitica, riportato dal bambino vaccinato o da altro soggetto a causa dell’assistenza personale diretta prestata al primo”. La Corte di Cassazione in più pronunce[4], ha specificato che il riconoscimento del diritto all’indennizzo, per l’ipotesi di danno permanente da vaccino, non ha natura risarcitoria bensì carattere assistenziale in senso lato, essendo riconducibile agli artt., 2 e 32 della Costituzione ed alle prestazioni poste a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarietà sociale, configurandosi come misura economica di sostegno collegata ad una situazione obiettiva di menomazione dello stato di salute derivante da una prestazione sanitaria.
Giova ricordare che la ratio della legge n. 210/1992, è stata ben esplicitata nella sentenza n. 27 del 1998[5] della Consulta, nella quale si dichiara non in linea con la Costituzione il richiedere che il singolo soggetto esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo senza che la collettività stessa sia disposta a condividere il peso delle eventuali conseguenze: “se il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività (art. 32 della Costituzione) giustifica l’imposizione per legge di trattamenti sanitari obbligatori, esso non postula il sacrificio della salute individuale a quella collettiva. Cosicchè, ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di conseguenze negative sulla salute di chi a essi è stato sottoposto, il dovere di solidarietà previsto dall’art. 2 della Costituzione impone alla collettività, e per essa allo Stato, di predisporre in suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in un’equa indennità, fermo restando, ove ne realizzino i presupposti, il diritto al risarcimento del danno”.
Già nel 1996, con la sentenza n. 118, la Consulta aveva dichiarato costituzionalmente illegittimi gli articoli 2, commi secondo e terzo, della l. n. 210 per violazione degli artt., 32 e 136 Cost., nella parte in cui escludevano, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento prima dell’entrata in vigore della predetta legge e l’ottenimento della prestazione determinata ai sensi della stessa, il diritto ad un equo indennizzo, a carico dello Stato, per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipoliomelitica. Nel 2012, con la sentenza n. 107[6], la Consulta aggiunge un ulteriore, fondamentale, tassello al dibattito sulla risarcibilità del danno conseguente a somministrazione vaccinale, ampliando l’ambito di operatività della normativa e prevedendo la tutela indennitaria anche per i danneggiati a seguito di vaccinazioni non obbligatorie ma solo raccomandate dalle autorità sanitarie ed in particolare, il vaccino contro il morbillo, la parotite e la rosolia.
Una pronuncia che, rispondendo alle esigenze di tutela dell’uguaglianza e della solidarietà sociale tra tutti i soggetti, in ottemperanza ai principi di cui agli artt., 2, 3 e 32 Cost., riconosce un indennizzo per tutte quelle situazioni in cui il singolo ha subito un danno alla salute per la tutela di un interesse collettivo. Differenziare il trattamento sanitario imposto per legge da quello in cui sia raccomandato dalla pubblica autorità equivale a violare il principio di ragionevolezza, perché si riserverebbe a chi è stato indotto a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza di minaccia di sanzione.
I fatti di causa
Con ordinanza del 17 gennaio 2022, n. 1308, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sollevava, in riferimento agli artt., 2, 3, 32, e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma primo, della L. n. 210/1992, “nella parte in cui non prevede che l’effetto di decadenza conseguente alla presentazione della domanda oltre il triennio, decorrente dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, sia limitato ai ratei relativi al periodo antecedente al suddetto periodo triennale”.
La vicenda giudiziaria che ha originato la pronuncia, ha riguardato la richiesta di indennizzo di una coppia di genitori di una bambina danneggiata a seguito del vaccino trivalente (anti morbillo, parotite e rosolia), i quali avevano avanzato richiesta oltre i tre anni dal manifestarsi dell’evento dannoso ma prima che il danno stesso fosse riconosciuto come indennizzabile dalla sentenza n. 107/2012 della Corte Costituzionale. La somministrazione del vaccino era avvenuta nel 2002 e, già dopo pochi giorni, la bambina aveva manifestato disturbi di deambulazione “con disequilibrio e perdita delle forze dell’arto inferiore e superiore sinistro, accompagnata da sonnolenza, irritabilità, ridotto interesse per il contesto e regressione nel linguaggio”.
Veniva, dunque, diagnosticata una encefalopatia post vaccino.
La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado con la quale il Tribunale aveva dato atto che, in data 15 giugno 2012, il Ministero della Salute aveva riconosciuto il nesso causale tra il vaccino inoculato e la patologia indicata nel ricorso e che la natura assistenziale del diritto in questione ne determinava l’imprescrittibilità e l’operatività della decadenza limitatamente al triennio precedente alla presentazione della domanda. Aveva, pertanto, riconosciuto il diritto a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda (e cioè da primo luglio 2010). Ricorreva per cassazione il Ministero della Salute il quale, con l’unico motivo di ricorso, lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma primo, della L. n. 210/1992 in quanto la sentenza impugnata non aveva tenuto conto che la domanda di indennizzo era stata presentata tardivamente rispetto al termine perentorio, triennale, previsto dalla richiamata disposizione.
A parere degli Ermellini, è incontrovertibile che la domanda amministrativa fu presentata ben oltre i tre anni dalla conoscenza del danno previsti dalla disposizione richiamata evidenziando che il criterio del diritto indennitario, limitatamente ai ratei pregressi, previsto per i trattamenti pensionistici[7], non possa estendersi, in via interpretativa, all’indennizzo da vaccino.
La decisione della Consulta
La Corte Costituzionale, investita della questione, sottolinea che il complesso normativo riguardante l’indennizzo da vaccino è diverso, tanto per funzione quanto per struttura, dal sistema pensionistico, per quanto ambedue le erogazioni siano “fondate sugli obblighi di solidarietà sociale fissati dalla Costituzione”. Di conseguenza, disporre un trattamento differenziato, riguardo l’effetto decadenziale, sarebbe irragionevole e non in linea con la ratio stessa del danno vaccinale soprattutto nelle ipotesi similari al caso di specie, in cui “ dovrebbe soccorrere vita natural durante persone danneggiate da inoculazioni ricevute in tenera età”.
L’effettività del diritto all’indennizzo impone di far decorrere il termine per la richiesta dal momento in cui il soggetto interessato ha avuto conoscenza non solo del danno ma anche della sua indennizzabilità in quanto, prima di questo momento, il diritto non è esercitabile nel concreto. Una lettura differente vanificherebbe il diritto medesimo viceversa garantito dai principi costituzionali di solidarietà sociale e tutela della salute, essendo il danno vaccinale un pregiudizio individuale sofferto nell’interesse della collettività, la quale deve farsene carico.
Nel ripercorrere l’iter normativo e giurisprudenziale sul tema, la Consulta ha sottolineato che la determinazione del contenuto e della modalità di realizzazione dell’indennizzo, sono rimesse alla discrezionalità del legislatore il quale “nel ragionevole bilanciamento dei diversi interessi costituzionalmente rilevanti coinvolti, può subordinare l’attribuzione delle provvidenze alla presentazione della relativa domanda entro un dato termine”.
“Le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, portano a ritenere che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell’ azionabilità del diritto all’indennizzo”. Dunque: la conoscenza del danno, che segna il momento di partenza del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, presuppone che il soggetto danneggiato abbia acquisito consapevolezza non solo dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi del diritto all’indennizzo.
E’, dunque, illegittimo l’art. 3 della L. n. 210/1992 nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole “ conoscenza del danno” non prevede “ e della sua indennizzabilità”.
[1]Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati.
[2] I benefici previsti dalla Legge 210/92 e successive integrazioni e modificazioni sono:
- indennizzo vitalizio costituito da un assegno bimestrale erogato a partire dal 1° giorno del mese successivo a quello della data di presentazione della domanda, il cui ammontare varia secondo la gravità del danno e viene aggiornato annualmente in base al tasso di inflazione programmato (art. 2, comma 1 e 2, L. 210/92). In ogni momento è possibile richiedere la revisione della categoria di danno per aggravamento della patologia per la quale si percepisce l’indennizzo (art. 6, L. 210/92);
- indennizzo aggiuntivo non superiore al 50% di quello previsto al punto 1) per le persone danneggiate, che avendo contratto più di una patologia determinante un esito invalidante distinto (doppia patologia), presentino domanda di doppia patologia (art. 2, comma 7, L. 210/92). Ai soggetti danneggiati che contraggono più di una malattia ad ognuna delle quali sia conseguito un esito invalidante distinto è riconosciuto, in aggiunta ai benefici previsti dal presente articolo,un indennizzo aggiuntivo, stabilito dal Ministro della Salute con proprio decreto, in misura non superiore al 50% dell’indennizzo corrispondente alla patologia ascritta alla categoria di danno inferiore;
- importo aggiuntivo una tantum nella misura del 30%, per ogni anno, dell’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 2, comma 1, L. 210/92, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo, con esclusione di interessi legali e rivalutazione monetaria, corrisposto su specifica domanda a coloro che a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge abbiano riportato una menomazione permanente dell’integrità psicofisica (art. 2, comma 2, L. 210/92);
- quota ereditaria agli eredi delle rate di indennizzo maturate dalla data della domanda sino al giorno della morte (compreso) del danneggiato, nel caso in cui la domanda di indennizzo sia stata prodotta in vita dal danneggiato e la morte sia sopraggiunta prima dell’erogazione dell’indennizzo;
- assegno reversibile per 15 anni o assegno una tantum di € 77.468,53 ai parenti aventi diritto che ne facciano domanda, nel caso in cui la morte del danneggiato sia stata determinata dalle vaccinazioni o dalle patologie irreversibili previste nella L. 210/92.
[3]Si legge in sentenza: “La legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”.
[4]Cass. Civ., Sez. Lav., 21 ottobre 2000 n. 13923, Diritto e Giustizia, 2000, f. 39, 61; conforme: Cass. Civ., Sez. Lav., 11 maggio 2002. n. 6799, Mass. Giur. It., 2002.
[5]Che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt., 2 e 32 della Costituzione, l’art. 1, comma 1, della legge n. 210/1992 nella parte in cui non prevedeva il diritto all’indennizzo in favore dei soggetti sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959 n. 695, recante Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomelitica. Ricordiamo che con questa legge, la vaccinazione venne introdotta, in via facoltativa, quale condizione per l’ammissione agli asili nido e alle scuole elementari. Fu, poi, resa obbligatoria, con la Legge n. 51/1966, per i bambini entro il primo anno di età, prevedendo un’ammenda in caso di inosservanza da parte dei genitori. Con la sentenza n. 307/1990, la Corte dichiarò l’illegittimità costituzionale della legge nella parte in cui non prevedeva un’equa indennità a carico dello Stato per l’ipotesi di conseguenze negative del vaccino stesso.
[6]Giudizio promosso dal Tribunale di Ancona, nel procedimento vertente tra C. P. e L. E., nella qualità di genitori di L.G., e il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Regione Marche, con ordinanza del 21 dicembre 2010, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2011.
[7]Si veda l’art. 47, comma sesto, del d.P.R. n. 639 del 1970.