Con l’ordinanza n. 14841 del 15 luglio 2015, la sesta sezione civile della Corte di Cassazione ha ritenuto, in materia di separazione, legittimo l’addebito al coniuge che si sia allontanato dalla casa familiare.
Nel caso di specie, in un procedimento di separazione, era stato dichiarato l’addebito al marito per aver abbandonato il tetto coniugale. Con ricorso in Cassazione, egli sosteneva tuttavia che l’abbandono della casa familiare, che la Corte territoriale aveva indicato come causa d’addebito, si sarebbe manifestato nell’ambito di una crisi matrimoniale già in atto, e che la moglie, in seguito, aveva raggiunto il marito, riprendendo il sodalizio coniugale.
A tal riguardo, la Suprema Corte ha ritenuto adeguata e non illogica la pronuncia della Corte territoriale la quale, richiamando l’istruttoria testimoniale, aveva rilevato che, fin da alcuni mesi prima della separazione il marito aveva abbandonato la casa coniugale, lasciando la moglie in circostanze difficili, come lo sfratto dalla casa coniugale.
Con riferimento ad altro motivo di impugnazione del ricorrente, che si era dogliato del fatto che nel giustificare la domanda di addebito a suo carico, la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto delle sue condizioni di invalidità (essendo egli non vedente al 100%) e delle sue reali possibilità di assistenza verso la moglie, la Cassazione ha parimenti rilevato l’infondatezza. Contrariamente a quanto sostenuto dal marito, la Corte territoriale avrebbe tenuto conto delle peculiari condizioni di entrambi i coniugi (non vedente il marito ed ipovedente la moglie) e delle ragioni che avevano dato luogo alla crisi coniugale: rilevava infatti che “il marito aveva mancato di assistere la moglie in occasione dello sfratto dell’alloggio e di un ricovero ospedaliero“.
In conclusione, sulla scorta di tale ragionamento, la Corte ha dunque rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
(Corte di Cassazione, sez. VI civile, ordinanza 15 luglio 2015, n. 14841)
2012/1/4 ahmed abdelaziz Buongiorno Avvocato, mi spegio meglio: stiamo facendo una adozione di maggiorenne e abbiamo gie0 incontrato il giudice al quale abbiamo dato i nostri consensi. A questo punto l’adozione e8 stata respinta in quanto non abbiamo il consenso dei genitori dell’adottato. Siamo quindi intenzionati a procedere con il ricorso, ma Seppure il paese di origine dell’adottato NON riconosce le legge internazionale di adozione di maggiorenne e quindi seppure ai genitori non e8 stato possibile depositare il loro consenso nel paese di origine (seppur favorevoli all’adozione), in ogni caso ci viene ancora richiesto questo documento che e8, a detta della legge egiziana, impossibile da produrre. Come procedere? In Egitto questa adozione e8 contraria alla legge e quindi al Corano, pertanto per i genitori, residenti in Egitto, esprimere il loro favore a questo proposito e8 realmente rischioso, perseguibile per legge, oltre che praticamente impossibile per vie legali. Abbiamo gie0 fatto presente tutto cif2 nella presentazione delle domanda di adozione, ma come e8 possibile che ancora ci venga richiesto questo documento? Cordialmente Ahmed.