I giudici di merito hanno ritenuto che non sia stata provata l’esistenza di alcun pregiudizio della capacità genitoriale dell’ex coniuge, da determinare l’affido esclusivo, per il solo fatto di essersi avvicinato alla religione dei Testimoni di Geova e che – in qualche occasione – avesse portato con sé il figlio minorenne nei luoghi di culto (Tribunale di Cagliari sentenza n. 492 del 26/02/2020).
Il caso in esame
Con ricorso per la separazione personale dei coniugi promosso dinanzi al Tribunale di Cagliari nel 2014, la ricorrente esponeva che il rapporto coniugale si era deteriorato a causa dell’educazione personale e religiosa del resistente seguace dei Testimoni di Geova. Anche in seguito alla nascita del figlio le situazioni non erano migliorate e si era acuita la distanza culturale e caratteriale dei coniugi. La ricorrente evidenziava di essere a conoscenza dell’orientamento religioso dell’altro coniuge ma di aver posto, come condizione per la prosecuzione del loro rapporto, il suo allontanamento dai Testimoni di Geova.
Tuttavia, dopo una iniziale adesione del resistente, lo stesso aveva proseguito nella frequentazione della sua confessione religiosa. Tale comportamento aveva irrimediabilmente compromesso l’unione coniugale. La ricorrente, pertanto, chiedeva l’affidamento esclusivo dell’unico figlio della coppia ”in modo da poter supervisionare in ordine al suo possibile avvicinamento agli ambienti religiosi paterni”. La controparte, costituendosi, evidenziava il diritto costituzionalmente garantito di libertà religiosa. Si opponeva alla richiesta di affido esclusivo del minore motivandola sul presupposto che l’appartenenza ad una diversa fede religiosa non giustificava l’istanza. Evidenziava, inoltre, che il resistente non aveva violato alcun dovere coniugale non essendo stato documentato alcun episodio specifico. Il Tribunale ha rigettato la richiesta di affido esclusivo.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale ha confermato l’affido condiviso del minore, già stabilito durante l’udienza presidenziale. A fondamento della decisione il Collegio ha ravvisato in primis l’importanza di preservare un rapporto equilibrato del figlio con entrambi i genitori e, in secundis, che non sussistevano fondate ragioni per derogare all’affidamento condiviso non avendo la ricorrente fornito alcuna specifica indicazione di comportamenti pregiudizievoli per l’interesse del minore da parte del resistente. Anche la circostanza di aver condotto il figlio nei luoghi di culto della sua religione, continua il Collegio, è un avvenimento che non evidenzia una inidoneità genitoriale.
Del resto, prosegue il Tribunale, una “differente valutazione presupporrebbe al tempo stesso una valutazione di preferibilità di un orientamento religioso rispetto ad un altro”. I giudici di merito hanno evidenziato, inoltre, la necessità di garantire al minore le abitudini sociali, escludendo che si possa inibire ad uno dei genitori, “di trasmettere, con le dovute cautele, anche il proprio pensiero religioso” durante il periodo della crescita del figlio.
Osservazioni
Il punto di partenza della presente nota attiene, quindi, al problema dei genitori separati, appartenenti a religioni diverse, e la problematica che sottende all’educazione dei figli.
Il Collegio, nella sentenza in commento, è stato chiamato ad accertare e verificare se l’appartenenza di un coniuge ad una religione diversa possa essere pregiudizievole per il figlio a tal punto da prevedere l’affidamento esclusivo. Nel solco della giurisprudenza esistente, il Tribunale di Cagliari ha confermato l’orientamento prevalente che riconosce, in assenza di specifici episodi negativi per il minore, che non si può derogare all’affido condiviso. Il Collegio ha, inoltre, evidenziato che ogni differente decisione avrebbe comportato una valutazione di gradimento nei confronti di un orientamento religioso rispetto ad un altro. Il conflitto generalmente si inserisce tra il diritto – dovere di educare la prole secondo il proprio credo religioso e l’eventuale opposizione di uno dei coniugi.
Il diritto di educare i figli nella fede religiosa di appartenenza rientra nell’ambito di tutela della libertà religiosa individuale[1], una scelta rispetto alla quale lo Stato deve rimane neutrale, salvo i casi di intervento diretto a tutelare la salute fisica o psichica del minore, laddove le opzioni religiose dei genitori possano essere di grave nocumento ad essa, oppure nei casi di grave contrasto tra i genitori nella scelta dell’educazione religiosa da impartire ai propri figli, soprattutto in seguito alla separazione personale dei coniugi, laddove tale contrasto possa determinare un pregiudizio nella crescita equilibrata del minore. La conflittualità coniugale può anche rivelarsi nelle scelte religiose, laddove le convinzioni religiose dei genitori assumono un decisivo rilievo nell’indirizzare la vita dei figli, avendo il diritto di educare, anche religiosamente, la prole nel pieno rispetto della relativa inclinazione naturale, capacità e aspirazione[2]. Ulteriore conflittualità può innescarsi tra i genitori e gli stessi figli che coinvolgono il diritto di autodeterminazione religiosa di questi ultimi.
Il focus è soprattutto comprendere se la conflittualità genitoriale, in tema religioso, possa determinare l’affidamento esclusivo del figlio. La risposta non è sempre univoca. In linea di principio viene privilegiata la bigenitorialità ossia il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore e di ricevere da entrambi i genitori cura, educazione, istruzione e assistenza morale[3]. Si tratta di una disposizione di fondamentale importanza[4]. Di conseguenza, l’affidamento esclusivo della prole minorenne rappresenta la forma di affidamento residuale da disporre solo in via rigorosamente subordinata e qualora il giudice ritenga, con provvedimento motivato[5], che l’affidamento ad entrambi i genitori sia contrario agli interessi del minore[6].
L’appartenenza di uno dei coniugi ad altra confessione religiosa è irrilevante ai fini della separazione[7]. Il principio della libertà religiosa, che rientra nella libertà individuale, non può prevedere un intervento del giudice che possa “scegliere” la confessione religiosa più confacente al minore[8]. Inoltre, il Giudice non può adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti di libertà religiosa dei genitori e del loro ruolo educativo, salvo aver verificato, attraverso l’ascolto del minore, che lo stesso subisca conseguenze pregiudizievoli per la sua salute psico – fisica ed il suo sviluppo[9].
Infatti, correttamente, il Tribunale sardo ha constatato che il rapporto e l’influenza delle scelte ideologiche e valoriali dei genitori, nel processo di crescita e formazione del minore, hanno rispettato i limiti stabiliti dall’ordine pubblico, evitando di farsi condizionare da preferenze per una religione più “tradizionale” rispetto ad un’ altra.
In tal modo non viene ostacolato l’affidamento dei figli consentendo ad entrambi i genitori il diritto di far conoscere alla prole, senza imporla, la propria religione, salvo i casi in cui quest’ultima si traduca in pratiche contrarie alla morale ed all’ordine pubblico.
[1] Il codice civile, all’art. 147, prevede per i genitori l’obbligo di mantenere, istruire educare ed assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315 bis. Questi criteri valgono anche per quanto riguarda l’educazione religiosa.
[2] Si afferma in dottrina che “I diritti inviolabili della persona all’interno della formazioni sociali – com’è sicuramente la famiglia – sono garantiti dall’art. 2 Cost, e l’art. 30 comma 1 Cost. non legittima certo i genitori ad imporre un’ideologia religiosa”. M. TEDESCHI “Manuale di Diritto Ecclesiastico, Torino, 1998, 310.
[3] Cass. Civ. ord. n. 9143 del 19/05/2020.
[4] La Suprema Corte, con ordinanza, ha ribadito che l’affidamento dei minori resta condiviso in quanto il diritto alla bigenitorialità non può essere limitato da una conversione religiosa. Nonostante le diverse convinzioni religiose, la scelta spirituale non costituisce “…di per sé una ragione sufficiente a giustificare l’affidamento esclusivo dei figli minori alla S., essendo stato accertato,sulla base delle relazioni trasmesse dal Consultorio familiare dell’ASS n. 6 Friuli Occidentale, che nonostante le diverse convinzioni religiose, entrambi i coniugi apparivano effettivamente legati ai figli e capaci di accudirli nella quotidianità”.(cfr. Cass. Civ. ord. N. 14728 del 19/07/2016)
[5] Art. 337 quater c.c. “ I. Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. II. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile. III. Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
[6] Deve, comunque, essere chiarito che l’affidamento ad un solo genitore è un provvedimento adottato nell’esclusivo interesse della prole e non persegue alcuna finalità punitiva o sanzionatoria nei confronti del genitore non affidatario.
[7] Il mutamento di fede religiosa da parte di un coniuge rientra nell’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito e non può costituire motivo di addebito della separazione anche se abbia inciso sulla decisione della separazione.
[8] L’affidamento condiviso del minore deve essere escluso qualora venga provato che non sia conforme all’interesse dello stesso, in quanto non idoneo a garantirgli l’equilibrio e la serenità necessari per il suo sviluppo, come nel caso di frequenti contrasti tra i genitori determinati in parte anche dal diverso credo religioso professato dagli stessi e dai ripetuti tentativi di coinvolgimento dei figli. La giurisprudenza di merito, in linea con quanto enunciato dalla Suprema Corte, afferma che “In tema di separazione giudiziale dei coniugi, posto che l’affido condiviso deve escludersi quando possa essere pregiudizievole per l’interesse dei figli minori, deve disporsi l’affido esclusivo del minore, nella specie di cinque anni di età, al genitore in grado di assicurargli un modello educativo predominante idoneo a garantirne un regolare processo di socializzazione, e consentirgli l’acquisizione delle certezze indispensabili per una crescita equilibrata, se l’altro genitore, nella specie la madre, per avere abbracciato la religione dei testimoni di Geova, si presenta destabilizzante per il minore stesso, prospettando un modello educativo tale da renderne impossibile una corretta socializzazione”. (cfr. Tribunale di Prato, Ord. 13 febbraio 2009)
[9] In materia di affidamento dei minori, l’appartenenza religiosa del genitore può avere rilevanza solo se essa influisce negativamente sulla crescita fisica e psicologica dei bambini; in questi casi, tra la tutela della libertà religiosa dell’adulto e il supremo interesse del minore, deve essere sempre quest’ultimo a prevalere. (Cfr. Cassazione civile sez. I, n. 21916 del 30/08/2019)