La riconciliazione dei coniugi: istituto e giurisprudenza

in Giuricivile, 2018, 9 (ISSN 2532-201X)

Allo stato attuale, diverse oramai sono le coppie che ricorrono all’istituto della separazione a fronte dei disaccordi e dissapori tra loro esistenti. Non sempre, però, il fine auspicato risulta essere quello di addivenire al divorzio; taluni possono avvalersi di siffatto strumento (anche) unicamente al fine di riflettere sulle ragioni che hanno fatto sorgere una crisi.

Come vedremo, il nostro ordinamento riconosce un istituto che, seppur non nuovo, risulta utile in alcune situazioni in quanto consente alle parti di “ripensarci” e tornare indietro.

Cenni introduttivi e ratio

In materia di diritto di famiglia è utile prendere ad esame lo strumento della riconciliazione tra coniugi (o riconciliazione coniugale). Prima di procedere nell’espletamento dell’istituto nei suoi tratti essenziali occorre fornire nel merito qualche precisazione terminologica. Il codice civile, allo stato, non detta alcuna definizione, limitandosi a disciplinarne gli effetti ai sensi degli artt. 154 e 157 c.c.

La “riconciliazione dei coniugi” può essere intesa come il mezzo con il quale i coniugi – in stato di accordo di separazione, durante il giudizio di separazione[1] o (anche) dopo la pubblicazione della sentenza di separazione – possono ricostruire l’unione coniugia (e quindi tornare allo status quo ante[2]).

Presupposti, riconoscimento e disconoscimento della riconciliazione dei coniugi

Affinché possa perfezionarsi è necessario, in prima facie, l’animus conciliandi, ovvero la manifestazione di volontà dei coniugi a voler ristabilire il rapporto matrimoniale.

Non basta però – affinché possa dirsi compiuta la riconciliazione – la loro manifestazione di volontà; è necessario che detengano delle condotte tali da poter ripristinare quel rapporto materiale e spirituale caratteristico del consorzio familiare stesso.[3]

La giurisprudenza, allo stato, esclude che possa costituire riconciliazione (non interrompendo quindi lo stato di separazione) la manifestazione di buona volontà di uno dei due coniugi “con doni, elargizioni di denaro ed esecuzione di opere nella casa coniugale”[4], neppure che il marito, anche abitando in un’altra città e con un’altra donna, torni in famiglia nel week-end, provvedendo – insieme alla moglie – all’educazione della prole.[5]

Non comporta effetti riconciliativi neanche la loro riunione per le vacanze o la saltuaria ripresa dei rapporti sessuali – anche con conseguente nascita di un figlio – se non accompagnata da ulteriori affezioni o manifestazioni di perdono.[6] È necessario il ripristino del nucleo familiare.

Anche la semplice coabitazione tra ex per un breve periodo, “senza l’effettiva volontà di ripristinare la vita coniugale[7] non seguita da comportamenti concludenti non comporta riconciliazione.

A riprova di quanto ora detto, la Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 19535 del 23 settembre 2014 in tema di separazione ha negato la configurabilità della riconciliazione nel caso in cui la mera coabitazione non sia sufficiente a dimostrarla (ad esempio, nel caso in cui sia saltuaria o non finalizzata allo scopo), essendo necessario il ripristino della comunione di vita e di intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale”[8].

Recentemente, con l’ordinanza del 23 gennaio 2018, n. 1630 la Corte di Cassazione Civile, sez. II, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale in forza del quale, gli effetti della separazione personale, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può, quindi, ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontri e di frequentazioni tra i coniugi, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali, costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale”.[9]

Si ritiene perfezionata la riconciliazione qualora essi abitano stabilmente nella stessa casa, con il comune utilizzo dei servizi quotidiani.

Altresì, secondo il Tribunale di Napoli, si possono ritenere soddisfatti gli elementi sintomatici della riconciliazione anche nel caso in cui i soggetti si scambiano attenzioni e preoccupazioni l’uno con l’altro, oppure nel caso in cui essi ricevono insieme amici comuni nella propria abitazione.[10]

Anche il Tribunale di Monza, nelle sue conclusioni ha ritenuto ravvisabile la riconciliazione “nelle vacanze trascorse dai coniugi unitamente al loro cane, nell’acquisto comune di una lavatrice, nelle telefonate effettuate dal telefono fisso […]”.[11]

In linea generale, la ricostruzione dell’unione coniugale comporta riconciliazione.

Forme, tipologie ed effetti della riconciliazione coniugale: gli artt. 154 e 157 c.c.

Il nostro ordinamento dedica soltanto due articoli del codice civile alla riconciliazione: l’art. 154 e l’art. 157 c.c.

L’art. 154 c.c. sancisce la riconciliazione in pendenza del procedimento di separazione. Con tale strumento vi è l’abbandono della domanda di separazione proposta[12].

L’art. 157 c.c. invece, da’ la possibilità di ricorrere a siffatto mezzo dopo la sentenza di separazione, determinando la cessazione degli effetti di quest’ultima.

Interpretando letteralmente il tenore della norma[13], la volontà di riconciliarsi –senza il necessario intervento del giudice – può essere manifestata espressamente o tacitamente.

  • Nel primo caso, la volontà dei predetti di riconciliarsi richiede una manifestazione esplicita, un accordo in forma scritta, non sottostante a particolari vincoli formali (potendo quindi derivare anche da scambi di corrispondenza);[14]
  • Nel secondo caso, invece, la riconciliazione risulta da “un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione”[15].

Per poter essere ufficiale la riconciliazione non richiede il ricorso dinnanzi al giudice, ma necessita di una dichiarazione innanzi all’ufficiale di stato civile nel Comune in cui il matrimonio è avvenuto oppure nel Comune in cui il matrimonio fu trascritto.[16]

A seguito della dichiarazione di riconciliazione, l’ufficiale di stato civile la iscrive negli archivi dello stato civile, annotandola a margine dell’atto matrimoniale, ai sensi degli artt. 63, lett. g) e 69, lett. f) del D.p.r. 396 del 3 novembre 2000.[17]

Dal punto di vista degli effetti prodotti, la riconciliazione da un lato comporta la riacquisizione dei diritti e doveri matrimoniali mentre dall’altro implica la cessazione dell’obbligo di corrispondere l’eventuale assegno di mantenimento.[18]

Come risulta ovvio, essa provoca l’abbandono della domanda di separazione nel caso in cui fosse stata proposta.

Nel caso in cui la sentenza di separazione (sia essa giudiziale che consensuale) fosse già stata emessa, vengono a cessarne gli effetti, potendo essere poi nuovamente pronunciata a norma dell’art. 157, comma 2 c.c. “soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione”.[19]

Dal punto di vista patrimoniale – venendo meno la causa di scioglimento della comunione – torna automaticamente l’unione dei beni in costanza di matrimonio, con l’esclusione degli acquisti fatti durante la separazione.

Gli acquisti fatti dai coniugi durante la separazione, a seguito della riconciliazione, non rientrano nella comunione legale.

Quanto ora detto trova riscontro nella sentenza della Corte di Cassazione n. 11418 del 1998 in cui si afferma che “[…] la separazione personale dei coniugi costituisce causa di scioglimento della comunione dei beni, una volta rimossa con la riconciliazione tale causa si ripristina automaticamente tra le parti il regime di comunione originariamente adottato, con esclusione di quegli acquisti fatti durante il periodo della separazione”[20].

Note conclusive

Da questa breve disamina – come accennato (v. supra intro) – emerge come, non sempre le parti, a fronte di una separazione ricorrono – in via successiva – al divorzio; sussistono casi in cui i soggetti manifestano la volontà di tornare insieme, ricorrendo così a tale istituto.

Come è noto, non sempre di facile individuazione risulta essere l’istituto predetto, il quale, richiede la sussistenza di tutti gli elementi che rendano certo l’intento di riconciliarsi.


[1] In tal caso, qualora la riconciliazione avvenga, essa, può risultare dal verbale di riconciliazione oppure in mancanza, può dedursi ”dall’estinzione del procedimento per mancato compimento delle attività processuali”. Cfr. A. Concas, La riconciliazione dei coniugi, 08/2018 in Diritto.it

[2] Con il termine “status quo ante” si fa riferimento al ritorno dei coniugi allo stato originario, precedente alla separazione e quindi, nella posizione di “soggetti sposati”.

[3] In giurisprudenza, trova conferma anche nella Cassazione civile, sez. I, del 7 luglio 2004 n. 12427, nella quale nuovamente si rimarca la ratio: “solo la ripresa della comunione materiale e spirituale di vita costituisce riconciliazione”. Cfr. W. Giacardi, La riconciliazione dei coniugi, 08/2007 in Altalex, Wolters Kluwer. Si consiglia per approfondimento, O. Aguzzoli, La riconciliazione dei coniugi e funzione della convivenza nel rapporto matrimoniale, in Foro Pad., I, pag. 697.

[4] Cfr. Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2000, n. 3323.

[5] Cfr. Cass. civ., sez. I, 17 giugno 1998, n. 6031.

[6] Cfr. Cass. civ., sez. I, 16 ottobre 2003, n. 15481.

[7] Cfr. Cass. civ., sez. I, 6 dicembre 2005, n. 19497.

[8] Cfr. Cass. civ., sez. I, 17 settembre 2014, n. 19535.

[9] Si veda, Cass. civ., sez. II, ordinanza del 23 gennaio 2018, n. 1630 in Oss. Naz. Dir. Fam.

[10] Cfr. Trib. di Napoli, 19 marzo 1991.

[11] Cfr. Trib. di Monza, sez. IV, 11 aprile 2006, op. cit.; W. Giacardi, La riconciliazione dei coniugi, 08/2007 in Altalex, Wolters Kluwer.

[12] Cfr. art. 154 c.c.

[13] Cfr. art. 157, co. 1 c.c.

[14] Cfr. V. Caputo, La riconciliazione dei coniugi, 4/2013 in Diritto&Famiglia.it

[15] Cfr. art. 157, co. 1 c.c.

[16] Si consiglia per approfondimento, D. Berloco, Riconciliazione dei coniugi – Comune competente a ricevere la dichiarazione – Eventuale reviviscenza della comunione legale in Lo Stato civ. ita., ed. 2017, fasc. 7-8, pp. 8-12.

[17] D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, intitolato “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127”.

[18] Per approfondimenti, si consiglia, Cass. Pen., 7 giugno 2018, n. 26020.

[19] Per approfondimenti in materia di privazione dell’efficacia alla separazione, in materia di riconciliazione e della successiva necessità di un nuovo procedimento di separazione a fronte della proposizione di una nuova domanda di separazione, si consiglia la Cass. civ. sez. III, 26 Agosto 2013, n. 19541.

[20] Cfr. Cass. civ., sez. I, 12 novembre 1998, n. 11418.

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