La circolazione di veicoli: il titolo della responsabilità ex art. 2054 c.c.

in Giuricivile, 2017, 4 (ISSN 2532-201X)

Art 2054, comma 1, cc: il titolo di responsabilità del conducente

L’art. 2054 c.c., al primo comma, dispone che il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno cagionato dalla circolazione del veicolo a persone o cose, salvo che provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Sulla norma in esame sono sorti molteplici dubbi circa il titolo di responsabilità del conducente.

Ferma restando l’inversione dell’onere della prova, dottrina maggioritaria[1] sostiene infatti che il conducente è responsabile del danno causato anche se non è in colpa.

In altre parole, sussisterebbe la responsabilità del conducente anche nel caso in cui abbia prestato diligenza e prudenza durante la guida del mezzo.

La responsabilità è esclusa, invero, solo se si fornisce la prova diretta a far venire meno il rapporto causale tra la circolazione dei veicolo e il danno cagionato.

In altri termini, se il conducente del veicolo prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e, nonostante ciò, quest’ultimo si sia prodotto ugualmente, se ne deve dedurre che questo era inevitabile e che, in conclusione, non è da considerare come “opera” del conducente stesso.

È, altresì, vero che la giurisprudenza[2] ha spesso svuotato di contenuto la disposizione in esame, richiedendo la prova liberatoria del fatto colposo del terzo, ovvero la prova del caso fortuito.

Prova, chiaramente, piuttosto ardua da allegare.

2. Art 2054, comma 2, cc: la presunzione di colpa nello scontro tra veicoli

Il secondo comma dell’art. 2054 c.c. dispone, invece, che in caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso (in egual misura) a cagionare il danno subito dai veicoli coinvolti.

Ciascuno dei conducenti deve dunque provare non solo che la responsabilità sia tutta dell’altro soggetto coinvolto (o che lo sia in misura superiore alla metà), ma anche che egli stesso abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno[3].

Diversamente, in caso di tamponamento tra veicoli, la Corte di legittimità ha stabilito che la presunzione di colpa di entrambi i conducenti è superata, ex art. 149, comma 1, codice della strada, dalla presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del tamponante.

Ed è proprio su quest’ultimo che grava l’onere di fornire la prova liberatoria: egli dovrà infatti dimostrare che il tamponamento è derivato da causa in tutto o in parte a lui non imputabile, come nel caso in cui il veicolo tamponato abbia costituito un ostacolo imprevedibile e anomalo (Cass. n. 8051/2016).

Sul punto, sembra tuttavia opportuno menzionare un orientamento, anche giurisprudenziale[4], che identifica nella colpa il criterio di attribuzione della responsabilità del conducente.

Di particolare importanza, al riguardo, è la sentenza della Suprema Corte n. 10031/2006 (cit.), la quale chiarisce che l’art. 2054, primo e secondo comma, non configura una responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta, che può essere superata dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, cioè di aver osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi con riferimento alle circostanze del caso concreto[5].

Questa sentenza chiarisce indirettamente anche che vi è una stretta correlazione tra la diligenza e la colpa.

Correlazione che trova anche un fondamento normativo all’art. 1710 c.c.

Siffatta norma, in ordine alla diligenza del mandatario, dispone che se il mandato è gratuito la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.

Quindi, per colpa può intendersi il mancato impegno della diligenza che adotterebbe, nella situazione data, il buon padre di famiglia.

È solo successivamente che questa, poi, può essere intesa nei diversi profili di negligenza, imprudenza, imperizia e illegalità.

Inoltre, ad ulteriore supporto di siffatta tesi, nella relazione ministeriale al codice civile al paragrafo n. 571[6], si legge che, relativamente agli artt. 2050 e 2054, comma 1, c.c., analogamente all’art. 1681, comma 1, c.c., “la diligenza del soggetto deve essere, nelle ipotesi in parola, valutata con rigore, perché chi esercita attività pericolose ha la possibilità di prevedere l’evento dannoso ed è nella condizione più favorevole per adottare ogni misura possibile di cautela”.

Ancora, con riferimento all’art. 2050, “non si è creduto di adottare alcuna delle soluzioni estreme: né quella che annetterebbe a tali attività una responsabilità oggettiva, né quella che vi ricollegherebbe l’ordinaria responsabilità per colpa. Si è adottata invece una soluzione intermedia per la quale, sempre mantenendo la colpa a base della responsabilità, non solo si è posta a carico del danneggiante la prova liberatoria, ma si è ampliato il contenuto del dovere di diligenza che è posto a suo carico” (Rel. al Re, n. 795, la quale estende la medesima disciplina anche all’art. 2054, relativo alla responsabilità derivante da danno cagionato da circolazione di veicoli).

Premesso ciò, si può quindi dedurre che con siffatte disposizioni il legislatore abbia voluto elevare il livello delle cautele richieste per le attività considerate pericolose e non attribuire una responsabilità che prescinde dal dolo e dalla colpa.

3. Art. 2054, Comma 4, cc: la responsabilità dei danni derivati da vizi di costruzione o difetto di manutenzione

Ulteriore argomento a sostegno dell’orientamento che ritiene la responsabilità ex art. 2054, comma 1, fondata sulla colpa, è costituito dal fatto che la responsabilità oggettiva è sì prevista dall’art. 2054, ma al comma 4.

La norma citata dispone infatti che il proprietario, l’usufruttuario, e l’acquirente con patto di riservato dominio rispondono del danno (in solido col conducente) anche se questo deriva da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo.

Sebbene ad essi non possa essere rimproverato alcunché se il veicolo sia uscito difettoso dalla catena di produzione o se l’officina, alla quale sia stato affidato, lo abbia riparato male[7], restano comunque i soggetti che maggiormente possono sopportare il rischio e il costo del danno.

In effetti, tali soggetti hanno la possibilità dell’analisi costi-benefici e ne sopportano la responsabilità perché è nella loro possibilità di evitare il danno nel modo più conveniente (esercitando il massimo controllo sulle condizioni di sicurezza del veicolo).

È proprio in tal senso che la ratio del comma 4, art. 2054 c.c. è ritenuta paragonabile a quella sottesa all’art. 2049 c.c., riguardante la responsabilità dei padroni e dei committenti per i danni arrecati a terzi dai dai loro domestici e commessi.

4. Art 2054, comma 3, cc: la responsabilità indiretta del proprietario del veicolo

Il terzo comma dell’art. 2054 dispone che il proprietario ed i soggetti sopra menzionati sono responsabili (c.d. responsabilità indiretta) se non provano che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la loro volontà.

Siffatta disposizione deve essere intesa nel senso che non è sufficiente la prova di non aver dato al conducente il permesso di usare il veicolo, ma è altresì necessaria la contraria volontà del proprietario, estrinsecatasi in atti o comportamenti effettivamente ostativi alla circolazione, rivelatori della diligenza e delle cautele all’uopo adottate[8].

Anche in questo caso, se ne deve dedurre che la responsabilità non è oggettiva ma è fondata sulla colpa.

5. Il risarcimento del danno del terzo trasportato

Relativamente al risarcimento del danno a carico del conducente (o del proprietario) nei confronti del terzo trasportato, in passato si riteneva che la responsabilità di tali soggetti fosse predisposta a tutela dei terzi estranei alla circolazione[9].

Il terzo trasportato poteva, infatti, agire solo ai sensi dell’art. 2043 c.c., con tutte le conseguenze che ne derivavano in termini di onere della prova.

Ad oggi, la Cassazione ha invece mutato orientamento, estendendo l’art. 2054 c.c. anche al terzo trasportato, sulla base della generale esigenza di garantire il risarcimento nei confronti di siffatto soggetto[10].

La giurisprudenza[11] sostiene, infatti, che l’art. 2054 esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati, a prescindere dal titolo di trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso o gratuito).

Tra l’altro, siffatto orientamento sostiene che nel caso in cui il trasporto sia avvenuto sulla base di un titolo contrattuale, con l’azione prevista ai sensi dell’art. 1681 c.c. (Responsabilità del vettore) può concorrere quella extracontrattuale di cui all’art. 2054 c.c.

Ai fini dell’affermazione della responsabilità del proprietario (in solido col conducente) ai sensi del comma 3 dell’art. 2054, si ritiene[12] inoltre l’irrilevanza che la colpa del conducente sia riconosciuta presuntivamente ai sensi dell’art. 2054, comma 1 o comma 2, ovvero sulla base di un accertamento in concreto della colpa (ex art. 2043 c.c.).

L’estensione della responsabilità al proprietario (salvo che provi che la circolazione del veicolo sia avvenuta contro la sua volontà, ovvero che il conducente abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno) mira infatti a soddisfare la generale esigenza di garantire il risarcimento al danneggiato.

E del danno subito da quest’ultimo risponde l’impresa di assicurazione dei veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro (art. 141, comma 1, codice delle assicurazioni private).

6. Il trasporto di cortesia e la responsabilità ex art. 2054 cc

Con riguardo al trasporto di cortesia, sembrano opportune una premessa e qualche considerazione critica.

In primo luogo, il trasporto di cortesia[13] ricorre quando il trasporto non solo è gratuito, ma anche disinteressato, come il passaggio che si offre ad un autostoppista o ad un amico.

In secondo luogo, la responsabilità del vettore nei confronti del trasportato a titolo oneroso o gratuito è regolata dall’art. 1681, comma 3, c.c.: sembrerebbe in tal senso illogico che la stessa situazione possa essere regolata da due diverse disposizioni.

Inoltre, risulta alquanto difficile assimilare il trasportato di cui parla l’art. 1681 c.c. al terzo del quale si occupa l’art. 2054 (norma disciplinante i casi di responsabilità extracontrattuale) che è colui che subisce un’occasionale interferenza nella propria sfera giuridica.

A tal proposito, la Cassazione n. 21389/2014 ha stabilito che in caso di trasporto di cortesia, diversamente dal trasporto gratuito, il titolo di responsabilità del conducente è di natura extracontrattuale, come tale interamente regolato dall’art. 2043 c.c.

Ne consegue che, ai fini del risarcimento del danno, deve essere accertata in concreto la colpa quale elemento costitutivo dell’illecito.

7. Il concorso di colpa del passeggero ex art. 1227 cc

La giurisprudenza (Cass. n. 11698/2014) ha ritenuto sussistente il concorso di colpa nel caso del danneggiato che ha partecipato come passeggero ad una gara automobilistica clandestina.

La Suprema Corte ha infatti affermato che l’esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca un evento pregiudizievole a proprio danno, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario al verificarsi dell’evento.

La Corte ha fatto applicazione dell’art. 1227, comma 1, c.c. in quanto l’esposizione a pericolo da parte del creditore costituisce fatto colposo dello stesso se ha concorso a cagionare il danno.

Di conseguenza, il risarcimento nei suoi confronti è diminuito o addirittura escluso, secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Inoltre, la Cassazione ha ritenuto che la corresponsabilità del danneggiato risponde al principio di solidarietà sociale ex art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti.

La Cassazione ha infine stabilito che la cooperazione del terzo trasportato nel fatto colposo del conducente sussiste anche in caso di mancato allaccio delle cinture di sicurezza in quanto sussiste la consapevolezza del trasportato di partecipare alla condotta colposa del conducente (che deve sempre verificare che la circolazione del veicolo avvenga sempre in sicurezza) ed accettazione dei relativi rischi (Cass. n. 7533/2012).

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[1]    P. Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, p. 21; S. Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, p. 161 ss.; F. Galgano, Trattato di diritto civile, vol. III, Padova, 2015, pp. 230-231.

[2]    Cass. n. 21249/2006; Cass. n. 23214/2016.

[3]    Cass. n. 10031/2006; Cass. n. 195/2007; Cass. n. 24860/2010, secondo la quale non è sufficiente accertare la colpa di uno dei due conducenti coinvolti, ma è altresì necessario che l’atro conducente abbia tenuto una condotta di guida irreprensibile.

[4]    Cass. n. 12751/2001 e v. Cass n. 24860/2010 cit. che, con riferimento alla necessità, ai fini dell’esclusione della responsabilità, che il conducente abbia tenuto una condotta di guida irreprensibile, indirettamente ammette che la responsabilità è fondata sulla colpa, nella quale è solo richiesta una cautela maggiore rispetto alle attività c.d. non pericolose.

[5]    In termini, Cass. n. 6559/2013 e, più di recente, Cass., ordinanza del 20 marzo 2017, n. 7056.

[6]   Relazione del Ministro Guardasigilli Grandi al Codice Civile del 1942, Biblioteca – Camera dei Deputati, 2 novembre 1843, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1943 – ANNO XXI

[7]    F. Galgano, Trattato di diritto civile, cit., p. 232; Cass. n. 15179/2004.

[8]    Cass. n. 1820/2016 la quale ha, infatti, attribuito la responsabilità al proprietario per i danni cagionati dalla circolazione dei veicolo, considerato che egli ne custodiva le chiavi in un luogo noto accessibile a tutti; Cass. n. 20373/2015 che ha confermato la responsabilità del proprietario che aveva lasciato la vettura danneggiante aperta e con le chiavi nel cruscotto.

[9]    Cass. n. 2471/1985; Cass. n. 10361/1995.

[10]  Cass. n. 13130/2006.

[11]  Oltre la sentenza della nota precedente, si v. Cass. n. 10629/1998; Cass. n. 13397/2001; Cass. n. 2115/2004; Cass. n. 23918/2007; Cass. n. 5795/2014.

[12]  Cass. n. 17848/2007.

[13]  Che, diversamente dal trasporto gratuito, non è disciplinato dal Cod. Civ. ma dal Codice della navigazione all’art. 414 ove discorre di trasporto “a titolo amichevole”.

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