Ritenute previdenziali non versate: perché il termine di 90 giorni è decisivo

Il tema dell’individuazione del termine entro cui l’INPS deve contestare la violazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali continua a rappresentare una questione interpretativa rilevante, poiché dall’osservanza del termine decadenziale dipende la validità degli atti sanzionatori notificati dall’Istituto. In particolare, la giurisprudenza aveva già chiarito che, per le violazioni commesse dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 8/2016, trova applicazione il termine di novanta giorni previsto dall’art. 14 della L. 689/1981 (ne avevamo parlato qui). Rimaneva invece aperto il dibattito circa l’estensione dello stesso termine alle violazioni anteriori alla legge di depenalizzazione, profilo sul quale si erano registrati significativi contrasti.

Con la sentenza n. 7641 del 22 marzo 2025 (che puoi leggere cliccando qui), la Suprema Corte è intervenuta a definire il quadro in modo definitivo. Il principio affermato chiarisce che la disciplina richiamata dall’art. 6 del D.lgs. 8/2016, pur riferita alle sanzioni amministrative “previste dal presente decreto”, si applica anche alle violazioni oggetto dell’art. 8, e dunque a quelle commesse prima della sua entrata in vigore. Ne deriva che anche tali illeciti sono soggetti al termine decadenziale di novanta giorni per la contestazione, con conseguente invalidità degli atti tardivamente emessi.

Normativa di riferimento

Di seguito si riportano le principali disposizioni normative rilevanti per l’analisi del termine decadenziale applicabile alla contestazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali.

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Art. 2, comma 1-bis, D.L. 463/1983

«L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032.
Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.
Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione».

Art. 14, legge 689/1981 – Termini per la contestazione degli illeciti amministrativi

«La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona obbligata in solido al pagamento della somma dovuta.
Se la contestazione immediata non è avvenuta, gli estremi della violazione devono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro novanta giorni e ai residenti all’estero entro trecentosessanta giorni dall’accertamento. […] L’obbligazione di pagare la somma si estingue per la persona nei cui confronti la notificazione non è avvenuta nel termine prescritto».

Art. 6, D.lgs. 8/2016 – Richiamo alla legge 689/1981

«Nel procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689».

Art. 9, D.lgs. 8/2016 – Trasmissione degli atti e termini di notifica

«Nei casi previsti dall’art. 8, comma 1, l’autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmissione all’autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi […]. […] L’autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro novanta giorni e ai residenti all’estero entro trecentosettanta giorni dalla ricezione degli atti.
Entro sessanta giorni dalla notificazione è ammesso il pagamento in misura ridotta, che estingue il procedimento».

Violazioni commesse anteriormente alla c.d. legge di depenalizzazione

Una delle questioni più controverse riguardava l’individuazione dei termini per la contestazione delle violazioni di omesso versamento delle ritenute previdenziali commesse prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 8/2016. Il dibattito nasceva dal coordinamento tra la disciplina generale dell’art. 14 L. 689/1981 e la disciplina transitoria dettata dall’art. 9 del decreto di depenalizzazione.

Il ruolo dell’art. 9 D.lgs. 8/2016

L’art. 9 D.lgs. 8/2016 regola il passaggio degli atti dall’autorità giudiziaria a quella amministrativa, resosi necessario dopo la trasformazione degli illeciti da penali ad amministrativi.
La norma prevede:

  • un primo termine di 90 giorni per la trasmissione degli atti dall’autorità giudiziaria a quella amministrativa (a decorrere dall’entrata in vigore del decreto);

  • un secondo termine di 90 giorni, decorrente dalla ricezione degli atti, entro il quale l’autorità amministrativa, nella specie l’INPS, deve notificare la contestazione.

Proprio questo secondo termine ha determinato un ampio contrasto giurisprudenziale.

Primo orientamento: termine non decadenziale

Secondo un primo orientamento, la disciplina transitoria dell’art. 9 D.lgs. 8/2016 non avrebbe natura decadenziale, a differenza di quanto previsto dall’art. 14 L. 689/1981.

L’argomento centrale era che l’art. 9:

  • non richiama espressamente le conseguenze decadenziali previste dall’art. 14;

  • disciplina una fase peculiare (il passaggio degli atti dopo la depenalizzazione), in cui il legislatore, consapevole dell’alto numero di procedimenti pendenti, avrebbe evitato di prevedere un termine perentorio.

In tal senso si è espressa, tra gli altri, la Corte d’Appello di Milano, Sez. Lavoro, 17 ottobre 2023, n. 927, secondo cui:

«in difetto di ogni espressa previsione di decadenza e di decisivi elementi di segno contrario, il termine deve considerarsi meramente ordinatorio».

Per questa lettura, dunque, la mancata notifica entro 90 giorni non determinerebbe l’estinzione dell’obbligazione sanzionatoria.

Secondo orientamento: termine con natura decadenziale

Secondo un diverso e più recente orientamento, anche il termine di 90 giorni previsto dall’art. 9 D.lgs. 8/2016 avrebbe natura decadenziale, in forza del richiamo operato dall’art. 6 del medesimo decreto alle disposizioni della L. 689/1981.

In questa prospettiva:

  • l’art. 14 L. 689/1981, espressamente richiamato dall’art. 6, si applica a tutti gli illeciti oggetto di depenalizzazione;

  • il termine di 90 giorni decorre dalla ricezione degli atti da parte dell’INPS;

  • la mancanza di una deroga espressa implica che la conseguenza decadenziale rimane operativa.

Questa posizione è stata sostenuta, ad esempio, da Corte d’Appello di Catania, Sez. Lavoro, 22 novembre 2024, n. 1012, secondo cui:

«le due disposizioni […] sono pienamente compatibili e si integrano, poiché la norma generale colma la lacuna della norma speciale».

Argomenti a favore della natura decadenziale

A sostegno di questa tesi, la giurisprudenza ha richiamato ulteriori principi:

  • principio di ragionevolezza: escludere la decadenza significherebbe esporre il datore di lavoro a un potere sanzionatorio esercitabile sine die;

  • certezza delle situazioni giuridiche: il dies a quo del termine prescrizionale, per gli illeciti depenalizzati, non coincide con la data di commissione del fatto, ma con la data di ricezione degli atti da parte dell’INPS, con rischio di eccessiva dilatazione temporale della pretesa;

  • giurisprudenza amministrativa: il Consiglio di Stato (Sez. VII, 14 febbraio 2022, n. 1081) richiede un esercizio del potere sanzionatorio “tempestivo e prevedibile”, anche quando la legge non stabilisce un termine massimo.

Queste ragioni, se applicate all’art. 9 D.lgs. 8/2016, conducono alla conclusione che la contestazione tardiva deve comportare l’estinzione della sanzione.

Prevalenza dell’orientamento favorevole alla decadenza

L’orientamento che riconosce natura decadenziale al termine dell’art. 9 è divenuto prevalente nella giurisprudenza di merito.
Oltre alla Corte d’Appello di Catania, si sono espresse nello stesso senso:

  • Corte d’Appello di Torino, nn. 89/2023 e 188/2024;

  • Corte d’Appello di Genova, n. 215/2023;

  • Corte d’Appello di Salerno, n. 530/2023.

Questo consolidamento giurisprudenziale ha costituito il presupposto per l’intervento chiarificatore della Corte di Cassazione.

La pronuncia della Suprema Corte

Come anticipato, a dirimere in via definitiva il contrasto sulla natura, ordinatoria o decadenziale, del termine previsto dall’art. 9 D.lgs. 8/2016 per la notifica della contestazione negli illeciti commessi anteriormente alla depenalizzazione è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7641 del 22 marzo 2025.

Il richiamo dell’art. 6 D.lgs. 8/2016 e la funzione dell’art. 9

La Suprema Corte ha anzitutto osservato che l’art. 6 D.lgs. 8/2016 stabilisce, in via generale, che nel procedimento sanzionatorio introdotto dal decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della L. 689/1981.
La norma, pur valendo in primo luogo per le violazioni commesse dopo l’entrata in vigore del decreto, deve ritenersi riferita anche alle sanzioni amministrative applicabili agli illeciti anteriori, ai sensi dell’art. 8.

In questa prospettiva, la Cassazione ha evidenziato che l’art. 9, comma 4, prevede per la notifica della violazione lo stesso termine di novanta giorni contemplato dall’art. 14, comma 2, L. 689/1981, termine che la giurisprudenza ha costantemente interpretato come decadenziale.

L’interpretazione costituzionalmente orientata del termine

Secondo il Collegio, tale lettura è imposta dai principi costituzionali. La Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità dell’art. 18 L. 689/1981 (sent. n. 151/2021), ha ribadito che il principio di legalità in materia sanzionatoria comprende anche la dimensione temporale dell’esercizio del potere, richiedendo una sequenza procedimentale definita e non dilatabile arbitrariamente.

La previsione di un termine certo costituisce infatti condizione essenziale per:

  • assicurare certezza giuridica;

  • tutelare il diritto di difesa dell’incolpato (art. 24 Cost.);

  • garantire il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Cost.).

Ragioni per riconoscere natura decadenziale

La Cassazione rileva che, se si negasse natura decadenziale al termine di cui all’art. 9, l’autore dell’illecito resterebbe assoggettato esclusivamente al termine di prescrizione dell’art. 28 L. 689/1981, termine ampio e soggetto a interruzioni, quindi inidoneo a garantire la tempestività del procedimento e la certezza della posizione giuridica del destinatario.

Ciò determinerebbe:

  • un contrasto con il principio di legalità (art. 23 Cost.);

  • una compromissione del diritto di difesa, per mancanza di contiguità temporale tra accertamento e sanzione;

  • una violazione del principio di buon andamento della P.A.;

  • un’irragionevole disparità rispetto agli illeciti commessi dopo la depenalizzazione, soggetti invece al termine decadenziale di 90 giorni dell’art. 14 L. 689/1981.

Il rischio di una soggezione “sine die”

La Corte sottolinea che un’interpretazione diversa lascerebbe il soggetto passivo esposto a un potere sanzionatorio potenzialmente esercitabile dopo molti anni, senza alcun limite o dovere di tempestività.
Ciò sarebbe incompatibile con i principi affermati dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1081/2022, secondo cui la P.A. deve esercitare il potere sanzionatorio in modo tempestivo e prevedibile, e giustificare eventuali ritardi.

Il principio di diritto enunciato

La Cassazione ha dunque concluso affermando il seguente principio di diritto:

“Il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti dall’autorità giudiziaria, entro il quale, a norma dell’art. 9, comma 4, D.Lgs. n. 8/2016, l’INPS deve notificare al responsabile la violazione amministrativa concernente il mancato versamento delle ritenute previdenziali […] è fissato a pena di decadenza dall’esercizio della potestà sanzionatoria e, in caso di mancata trasmissione degli atti da parte dell’autorità giudiziaria, decorre dal momento di entrata in vigore del D.Lgs. n. 8/2016, ove non sia richiesta alcuna attività istruttoria da parte dell’INPS”.

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