Cessione di stampi e IVA: quando spetta davvero il rimborso

Con una recente pronuncia, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è intervenuta su un tema di primario rilievo per le filiere produttive internazionali: il regime di rimborso dell’IVA assolta sull’acquisto di attrezzature (quali stampi o utensili) da parte di un soggetto passivo non stabilito (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione). Il caso ha analizzato la situazione in cui tale attrezzatura, pur acquistata da un soggetto UE, rimane fisicamente nel territorio dello Stato membro del fornitore (configurando una cessione “domestica”). 

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Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.

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Il caso in esame e la controversia nazionale

La controversia oggetto della pronuncia pregiudiziale vedeva contrapposte la società slovacca Brose Prievidza e l’amministrazione tributaria bulgara. La Brose Prievidza acquistava componenti per autoveicoli (destinati a cessioni intracomunitarie) da un produttore bulgaro, la IME Bulgaria. Per fabbricare tali componenti, la IME utilizzava un’attrezzatura specifica (uno stampo).

La strutturazione dell’operazione era peculiare. In una prima fase, una terza società del gruppo, la tedesca Brose Coburg (registrata ai fini IVA anche in Bulgaria), aveva commissionato e acquistato l’attrezzatura dalla IME, lasciandola però fisicamente presso lo stabilimento bulgaro. In una seconda fase, la Brose Coburg (Germania) cedeva questa stessa attrezzatura alla Brose Prievidza (Slovacchia). Poiché l’attrezzatura non lasciava fisicamente la Bulgaria, le parti fatturavano correttamente la cessione tra Coburg e Prievidza come operazione interna bulgara, con addebito dell’IVA locale.

La Brose Prievidza, in qualità di soggetto passivo non stabilito in Bulgaria, chiedeva quindi il rimborso di tale IVA, conformemente alla Direttiva 2008/9/CE. L’amministrazione finanziaria bulgara, tuttavia, negava il rimborso. La tesi dell’amministrazione sosteneva che le parti avessero artificiosamente scomposto la cessione dell’attrezzatura e le cessioni intracomunitarie dei componenti.

L’amministrazione considerava la vendita dello stampo come accessoria alle forniture principali dei componenti. Di conseguenza, anche la cessione dello stampo avrebbe dovuto seguire il regime di esenzione (aliquota zero) previsto per le cessioni intracomunitarie. Qualificando l’operazione come esente, l’IVA era stata, di conseguenza, «indebitamente fatturata» e, ai sensi dell’articolo 4, lettera b), della Direttiva 2008/9, il rimborso non era ammissibile.

La Corte di Giustizia rigetta la tesi dell’amministrazione fiscale

Investita della questione pregiudiziale dal tribunale bulgaro, la Corte di Giustizia ha rigettato la tesi dell’amministrazione fiscale, fondando la propria analisi sul presupposto fondamentale delineato dall’articolo 138 della Direttiva IVA (2006/112/CE).

La CGUE ha ribadito che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’applicazione del regime di esenzione per una cessione intracomunitaria si subordina strettamente alla presenza di due condizioni cumulative:

  • il trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario;
  • e la prova fattuale che il bene sia stato fisicamente spedito o trasportato in un altro Stato membro, lasciando così il territorio dello Stato membro di cessione.

L’applicazione al caso concreto e il diritto al rimborso

Nel caso di specie, è pacifico che l’attrezzatura controversa non ha fisicamente lasciato il territorio della Bulgaria. Di conseguenza, la Corte afferma in modo netto che tale cessione non si può qualificare come una cessione intracomunitaria esente ai sensi dell’articolo 138.

Da ciò deriva una conclusione diretta: se la cessione non poteva beneficiare dell’esenzione, l’IVA è stata correttamente addebitata. Pertanto, l’articolo 4, lettera b), della Direttiva 2008/9 (che esclude dal rimborso l’IVA su operazioni che «siano, o possano essere, esenti») non è applicabile. Negare il rimborso su questa base è, quindi, contrario al diritto dell’Unione.

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Il principio della prestazione unica e accessoria

La Corte, tuttavia, prosegue la propria analisi affrontando il profilo centrale sollevato dal giudice nazionale: la possibile natura accessoria della cessione dello stampo. Il principio generale, ricorda la Corte, è che ogni operazione si deve considerare come distinta e indipendente.

Si configura una prestazione unica solo quando due o più elementi sono così «strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissolubile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale». Una prestazione si considera accessoria a una principale quando «costituisce per la clientela non un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale».

Gli indizi a favore dell’indipendenza delle operazioni

Applicando questi principi al caso di specie, la Corte offre al giudice nazionale diversi «forti indizi» che depongono a favore dell’indipendenza delle operazioni.

  1. Il valore autonomo della proprietà dello stampo. In primo luogo, si rileva che l’acquisto dello stampo non è solo un mezzo per ottenere i componenti, ma conferisce all’acquirente (Brose Prievidza) la proprietà legale dell’attrezzatura. Questa proprietà ha un valore economico a sé stante: protegge l’acquirente in caso di insolvenza del produttore (IME) e gli consente di trasferire l’attrezzatura presso un altro fornitore, se necessario. Questo dimostra che l’acquisto ha «uno scopo a sé stante».
  2. La diversità dei fornitori. In secondo luogo, si deve considerare la diversità dei fornitori. La IME Bulgaria effettuava le cessioni principali (componenti), mentre la Brose Coburg effettuava la cessione dello stampo. Sebbene parte dello stesso gruppo, si tratta di due prestatori distinti, e il trattamento separato appare «perfettamente logico».
  3. L’assenza di abuso e la realtà economica. In terzo luogo, un fattore rilevante è l’assenza di abuso. Il giudice nazionale ha rilevato che non vi era prova di un intento di abuso fiscale. La struttura (con acquisto centralizzato degli utensili da parte di Brose Coburg) corrispondeva a una «realtà economica e commerciale» del gruppo, non a una montatura artificiale. Infine, le prestazioni hanno ricevuto una fatturazione distinta, un ulteriore elemento, pur non decisivo, a favore dell’indipendenza delle operazioni.

Le conclusioni della Corte

La CGUE conclude che, sebbene spetti al giudice nazionale la valutazione definitiva dei fatti, elementi come la finalità propria dell’acquisto (garanzia della proprietà e trasferibilità dello stampo) e la realtà economica delle transazioni (gestione centralizzata degli acquisti nel gruppo) sono decisivi per escludere la natura accessoria della cessione dello stampo.

Riflessioni e implicazioni pratiche della decisione

La Corte di Giustizia, con la pronuncia in commento, stabilisce che la normativa UE «osta a che sia negato il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto» su una cessione di attrezzatura (stampo) a un soggetto passivo non stabilito, anche se tale attrezzatura non lascia fisicamente il territorio dello Stato membro di acquisto. L’assenza di spedizione fisica impedisce di classificare l’operazione come cessione intraUE esente e, di conseguenza, impedisce di invocare la causa di esclusione dal rimborso prevista dall’art. 4, lett. b), della Direttiva 2008/9.

La stessa Corte, però, introduce un’eccezione fondamentale. Precisa che il diniego resta possibile qualora, «tenuto conto di tutte le circostanze che caratterizzano le operazioni», si debba considerare la cessione dello stampo «come facente parte di un’unica prestazione economica indissociabile o accessoria» rispetto alle cessioni intracomunitarie dei beni prodotti con quello stampo.

Questa pronuncia offre rilevanti implicazioni per gli operatori economici. La «realtà economica» e la strutturazione contrattuale assumono un ruolo dirimente.

Nel caso analizzato, la Brose Prievidza ha potuto difendere il suo diritto al rimborso perché l’acquisto dello stampo era un’operazione distinta, con un fine economico proprio (la proprietà e la disponibilità del bene) e supportata da una logica commerciale interna al gruppo. Diventa pertanto fondamentale, in operazioni di tale complessità, che i contratti riflettano chiaramente l’indipendenza delle prestazioni.

Se, al contrario, il contratto di fornitura dei componenti “incorporasse” il costo dello stampo (ad esempio, ammortizzandolo nel prezzo unitario dei pezzi) o se il trasferimento di proprietà dello stampo fosse solo formale o condizionato, un’amministrazione fiscale deterrebbe argomenti più solidi per procedere a una riqualificazione dell’intera operazione come prestazione unica, con il conseguente rischio di diniego del rimborso IVA.

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