
Le società cooperative rappresentano una forma societaria peculiare, caratterizzata da principi e finalità che le distinguono nettamente dalle altre tipologie di imprese. La loro essenza si fonda sul concetto di mutualità, che implica la prevalenza dell’interesse dei soci rispetto al mero scopo di lucro. Tuttavia, la specificità del modello cooperativo si interseca con problematiche di natura giuridica, fiscale e gestionale, rendendo necessaria un’analisi approfondita dei principali aspetti normativi e delle possibili criticità che possono insorgere nell’applicazione delle regole che disciplinano il settore.
L’analisi si sviluppa a partire dai caratteri generali delle società cooperative e dal concetto di abuso del diritto, un fenomeno che, sebbene non espressamente normato nel contesto cooperativo, emerge in situazioni in cui le prerogative e le agevolazioni riservate alle cooperative vengono strumentalizzate per finalità elusive o distorsive rispetto alla loro funzione originaria.
Successivamente, vengono esaminati i principi fondamentali delle cooperative, con particolare attenzione alla mutualità prevalente, una caratteristica essenziale che determina il regime fiscale e normativo applicabile a queste società. La definizione di prevalenza, infatti, assume un ruolo centrale nella qualificazione giuridica delle cooperative e incide direttamente sulla fruizione delle agevolazioni fiscali e contributive previste dall’ordinamento. A tal proposito, il testo esplora anche i requisiti specifici che una cooperativa deve soddisfare per essere considerata a mutualità prevalente, analizzando le implicazioni di carattere pratico e normativo.
Un ulteriore focus riguarda la posizione dei soci all’interno delle cooperative, un aspetto di primaria importanza che influisce sia sulla governance interna sia sulla gestione dei rapporti economici e finanziari della società. Il sistema dei controlli, articolato su più livelli, rappresenta un ulteriore elemento di garanzia per il corretto funzionamento delle cooperative, evitando derive speculative o distorsioni rispetto ai principi fondanti del modello mutualistico.
Particolare attenzione viene dedicata alla verifica dei requisiti sostanziali per il godimento delle agevolazioni e per l’accesso agli aiuti di Stato, una tematica che richiede un costante monitoraggio da parte delle autorità preposte. Infatti, il mancato rispetto di tali requisiti può comportare la perdita della qualifica di mutualità prevalente, con conseguenze rilevanti sotto il profilo normativo e fiscale. In quest’ottica, vengono approfonditi i meccanismi di disconoscimento della mutualità prevalente e le tecniche impiegate per individuare eventuali irregolarità o abusi.
Attraverso l’analisi il presente lavoro si propone di fornire un quadro chiaro e dettagliato delle principali questioni che interessano le società cooperative, evidenziando sia le opportunità offerte dal modello mutualistico sia le problematiche che possono derivare da un uso distorto delle norme a esse applicabili.
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Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito
Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.
Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
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Monica Mandico, 2025, Maggioli Editore
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Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
Società cooperative e caratteri generali
Le società cooperative sono un tipo di società caratterizzato da un capitale variabile e da uno scopo mutualistico. Sono iscritte all’albo delle società cooperative, come previsto dall’articolo 2512, secondo comma, c.c., e dall’articolo 223 sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile. Queste società si distinguono dalle società lucrative (come le società di persone e di capitali) principalmente per la finalità perseguita e per la natura del loro capitale sociale.
Mentre nelle società lucrative il fine essenziale è il profitto e la distribuzione degli utili tra i soci, ex art. 2247 c.c., nelle società cooperative lo scopo lucrativo è sostituito dal fine mutualistico. Quest’ultimo si realizza attraverso la produzione e lo scambio di beni e servizi a favore dei soci, offrendo condizioni economiche più vantaggiose rispetto al mercato. L’obiettivo è soddisfare un bisogno economico specifico dei soci.
L’articolo 2512 del codice civile classifica le cooperative in tre tipologie, in base alla loro attività:
- cooperative di utenza: producono beni e servizi destinati ai soci-clienti, offrendo condizioni agevolate rispetto al mercato.
- cooperative di lavoro: forniscono ai soci opportunità lavorative con una remunerazione più vantaggiosa rispetto alle condizioni di mercato.
- cooperative di conferimento: mirano a valorizzare la produttività dei beni o servizi conferiti dai soci.
Nonostante la mutualità sia il fine principale delle cooperative, la normativa non esclude la possibilità di perseguire anche uno scopo lucrativo. Infatti, la presenza di attività lucrative non compromette la qualificazione della società come cooperativa. Tuttavia, solo le cooperative in cui la mutualità prevale, le stesse possono accedere ai benefici fiscali previsti dalla legge. La prevalenza della mutualità viene valutata in base a criteri sostanziali (artt. 2512-2513 c.c.) e formali (art. 2514 c.c.).
Un altro elemento distintivo delle cooperative è la variabilità del capitale sociale. A differenza delle società lucrative, il capitale delle cooperative non è fisso e non è indicato nell’atto costitutivo. Le variazioni del capitale non richiedono una modifica formale dell’atto costitutivo, semplificando così l’ingresso di nuovi soci e l’uscita di quelli già presenti. Questo aspetto è espressione del principio della “porta aperta”, che caratterizza il modello cooperativo e lo distingue dalle società lucrative. Tale principio mira a garantire la flessibilità dell’organizzazione e a favorire una partecipazione più ampia dei soci.
Principi fondamentali delle società cooperative
La compatibilità tra scopo mutualistico e scopo lucrativo nelle cooperative si articola su due livelli distinti: quello della società cooperativa in sé e quello dei singoli soci.
Le cooperative, pur essendo caratterizzate dallo scopo mutualistico, non sono incompatibili con l’esercizio di attività commerciali e con il perseguimento di uno scopo di lucro. Anzi, questi due aspetti possono coesistere e concorrere al raggiungimento di un medesimo obiettivo. Questo significa che una cooperativa può svolgere attività economiche tipiche di imprese lucrative, purché queste siano funzionali alla realizzazione dello scopo mutualistico, ovvero al vantaggio economico dei soci.
Anche i soci possono, in linea teorica, aderire alla cooperativa con un fine di lucro personale, poiché la normativa, ex art. 2511 c.c., richiede che il requisito dello scopo mutualistico sia riferito alla società e non ai singoli membri. Tuttavia, questa possibilità è soggetta a forti limitazioni, poiché l’intera disciplina cooperativa è strutturata per garantire benefici ai soci secondo i principi della mutualità e non per favorire il mero arricchimento personale.
L’identità cooperativa è stata definita e consolidata nel tempo attraverso principi ispiratori, riconosciuti a livello internazionale. Tra questi, spiccano quelli sanciti nella Dichiarazione di identità cooperativa dell’Alleanza Cooperativa Internazionale (1995):
- adesione libera e volontaria – ogni individuo può liberamente entrare o uscire dalla cooperativa, in linea con il principio della “porta aperta”;
- controllo democratico da parte dei soci – ogni socio ha pari diritti decisionali, indipendentemente dal capitale investito (“una testa, un voto”);
- partecipazione economica dei soci – i benefici economici sono distribuiti ai soci in base alle loro transazioni con la cooperativa, mentre parte degli utili è reinvestita per il consolidamento della società;
- autonomia e indipendenza – le cooperative devono mantenere la loro indipendenza, evitando ingerenze esterne che possano comprometterne l’identità mutualistica;
- educazione, formazione e informazione – le cooperative hanno il compito di formare e informare i soci per accrescere la loro consapevolezza e favorire la crescita dell’organizzazione;
- cooperazione tra cooperative – è incoraggiata la collaborazione tra cooperative per rafforzarne il ruolo economico e sociale;
- interesse verso la comunità – le cooperative operano con una visione di sviluppo sostenibile, promuovendo il benessere delle comunità in cui sono inserite.
Lo scopo mutualistico e quello lucrativo possono coesistere nelle cooperative, ma il primo deve rimanere predominante e regolato da principi che tutelano la natura partecipativa e solidaristica di questa forma societaria[1].
Cass. civ. n. 9513/1999
Lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse, che vanno dalla cosiddetta mutualità pura, caratterizzata dall’assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cosiddetta mutualità spuria, che, attenuandosi il fine mutualistico, consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, conciliando così il fine mutualistico con un’attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere beni o servizi a terzi a fini di lucro. La possibilità che la cooperativa assuma tali diverse tipologie comporta necessariamente una diversità di posizioni del socio cooperatore, senza, peraltro, che, anche laddove è più accentuato il fine mutualistico (come nelle cooperative di consumo), il parametro normativo di riferimento cessi di essere quelle delle società (come dimostra l’art. 2516 c.c.), pur rimanendo la posizione del socio cooperativo distinta da quella del socio di una società di capitali, in quanto quest’ultimo persegue un fine puramente speculativo, mentre il primo mira di regola ad un risultato economico e ad un vantaggio patrimoniale diverso dal lucro, o comunque peculiare e variante a seconda del ramo di attività cooperativa esercitato dalla società. Tale vantaggio non è costituito (o almeno non lo è prevalentemente) dalla più elevata remunerazione possibile del capitale investito, ma dal soddisfacimento di un comune preesistente bisogno economico (di lavoro, del bene casa, di generi di consumo, di credito ed altri), con la congiunta consecuzione di un risparmio di spesa per i beni o i servizi acquistati o realizzati dalla propria società (come nelle cooperative di consumo), oppure di una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti (come nelle cooperative di produzione e di lavoro)[2].
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 9513 dell’8 settembre 1999)
Società cooperative a mutualità prevalente
La società cooperativa si suddivide in tre principali categorie, distinte in base al grado di mutualità che caratterizza la loro attività: mutualità pura, mutualità spuria e mutualità prevalente.
- Mutualità pura
Questa tipologia rappresenta il modello più rigoroso di cooperazione, in quanto esclude qualsiasi finalità lucrativa. L’obiettivo principale è soddisfare i bisogni dei soci attraverso la gestione comune dell’attività, senza alcuna distribuzione di utili o vantaggi economici diversi da quelli mutualistici.
- Mutualità spuria
Si differenzia dalla mutualità pura in quanto consente alla cooperativa di operare anche con soggetti esterni alla compagine sociale. Tuttavia, proprio perché si discosta dal principio mutualistico puro, la possibilità di adottare questo modello deve essere espressamente prevista nello statuto, come stabilito dall’art. 2521, 2 co., c.c..
- Mutualità prevalente
Introdotta con la riforma del diritto societario del 2003 e disciplinata dagli articoli 2512-2514 c.c., questa forma di cooperazione si caratterizza per il fatto che l’attività della società è prevalentemente destinata ai soci, sia in termini di servizi e beni offerti, sia per quanto riguarda l’impiego della forza lavoro o l’approvvigionamento di beni e servizi.
Per essere riconosciuta come cooperativa a mutualità prevalente, una società deve rispettare almeno una delle seguenti condizioni:
- svolgere la propria attività prevalentemente a favore dei soci, intesi come consumatori o utenti;
- impiegare principalmente soci lavoratori nell’attività aziendale;
- approvvigionarsi in misura prevalente di beni o servizi forniti dai soci.
Infine, l’art. 2512 c.c. stabilisce che le cooperative a mutualità prevalente debbano essere iscritte in un apposito albo, requisito necessario anche per accedere a determinati benefici fiscali[3].
Le società cooperative a mutualità prevalente si distinguono per la natura dello scambio mutualistico che le caratterizza. In particolare, sono considerate tali quelle che operano principalmente a favore dei soci, siano essi consumatori o utenti di beni e servizi, oppure che impiegano in misura prevalente le prestazioni lavorative dei propri soci, o ancora che si avvalgono in modo prevalente dei beni o servizi forniti dagli stessi.
Queste cooperative sono soggette a specifici obblighi normativi, tra cui l’iscrizione in un apposito albo e il deposito annuale del bilancio. La normativa ha lo scopo di definire con precisione i requisiti che una cooperativa deve possedere per essere qualificata come “a mutualità prevalente”, stabilendo criteri oggettivi da rispettare. Tuttavia, la preminenza dell’obiettivo mutualistico su quello lucrativo non è un elemento essenziale per la qualificazione giuridica della cooperativa in sé, ma assume rilievo ai fini dell’accesso ai benefici fiscali previsti dalla legge per le cooperative a mutualità prevalente.
La verifica del rispetto di tali requisiti deve avvenire secondo i criteri stabiliti dall’art. 2513 c.c., che fornisce i parametri per accertare la sussistenza della mutualità prevalente nelle diverse forme di attività cooperative. Infine, la distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e non prevalente ha conseguenze anche sul piano del diritto societario: solo le cooperative a mutualità non prevalente hanno la possibilità di deliberare la trasformazione eterogenea in una società di tipo lucrativo.
Definizione di prevalenza, fiscalità e agevolazioni
Gli amministratori e i sindaci delle cooperative hanno l’obbligo di documentare la condizione di mutualità prevalente nella nota integrativa al bilancio. Questa documentazione contabile deve evidenziare specifici parametri quantitativi, volti a dimostrare che l’attività della cooperativa è svolta in misura prevalente a favore dei soci. In particolare, i parametri da considerare sono i seguenti:
- ricavi da vendite e servizi verso i soci: devono superare il 50% del totale dei ricavi derivanti dalle vendite e dalle prestazioni di servizi, come stabilito dall’articolo 2425, co. 1, punto A1, c.c.;
- costo del lavoro dei soci: deve essere superiore al 50% del totale del costo del lavoro della cooperativa, come indicato dall’articolo 2425, co. 1, punto B9, c.c.. In questo calcolo devono essere incluse tutte le altre forme di lavoro che rientrano nello scopo mutualistico;
- costo della produzione per beni e servizi ricevuti dai soci: il costo relativo ai servizi ottenuti dai soci o ai beni da essi conferiti deve superare il 50% del totale dei costi dei servizi (articolo 2425, co. 1, punto B7, c.c.) o del costo delle materie prime o delle merci acquistate o conferite dai soci (articolo 2425, co. 1, punto B6, c.c.).
Se la cooperativa realizza più di un tipo di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza viene valutata sulla base di una media ponderata delle percentuali previste dai criteri sopra elencati.
Per quanto riguarda le cooperative agricole, la prevalenza viene determinata considerando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci: questi devono superare il 50% della quantità o del valore complessivo dei prodotti della cooperativa.
Questa normativa ha l’obiettivo di definire criteri oggettivi per verificare se una cooperativa soddisfa i requisiti di mutualità prevalente stabiliti dall’art. 2512 c.c.. Tali parametri contabili servono a confermare il rispetto dei requisiti sostanziali richiesti per la qualificazione della cooperativa come a mutualità prevalente.
Nel caso in cui la cooperativa non rispetti questi parametri per due esercizi consecutivi, essa perderà lo status di mutualità prevalente, come stabilito dall’art. 2545-octies c.c..
Le cooperative a mutualità prevalente beneficiano di un regime fiscale agevolato, riconosciuto dall’art. 2512 c.c., in virtù della loro funzione sociale. Gli utili sono parzialmente esenti da imposte, purché destinati a riserve indivisibili e non distribuibili tra i soci.
Inoltre, queste cooperative possono accedere a incentivi fiscali e contributi pubblici, soprattutto se operano in settori di interesse generale, come il sociale, l’agricoltura o l’educazione. Le agevolazioni si estendono anche ai finanziamenti, grazie a convenzioni con istituti di credito che facilitano l’accesso al credito cooperativo.
Requisiti società delle cooperative a mutualità prevalente
Le società cooperative a mutualità prevalente devono includere nel proprio statuto una serie di clausole volte a garantire la preminenza dello scopo mutualistico rispetto a quello lucrativo. Tali clausole impongono specifiche limitazioni alla distribuzione degli utili e alla remunerazione degli strumenti finanziari partecipativi.
In particolare, lo statuto deve prevedere:
- il divieto di distribuire dividendi ai soci cooperatori oltre un limite massimo, corrispondente all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
- il divieto di remunerare gli strumenti finanziari partecipativi sottoscritti dai soci cooperatori oltre un ulteriore limite, fissato a due punti in più rispetto al massimo consentito per i dividendi;
- il divieto di distribuire le riserve tra i soci cooperatori.
- l’obbligo, in caso di scioglimento della società, di devolvere l’intero patrimonio netto, al netto del capitale sociale e dei dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
L’introduzione o la modifica di queste clausole richiede una delibera assembleare con le maggioranze previste per le modifiche statutarie straordinarie. Queste disposizioni hanno lo scopo di limitare o eliminare lo scopo di lucro nelle cooperative a mutualità prevalente, garantendo che il vantaggio mutualistico resti prioritario.
È importante sottolineare che tali restrizioni riguardano esclusivamente i soci cooperatori e non si applicano ai soci finanziatori, i quali possono ricevere una remunerazione degli strumenti finanziari secondo regole diverse.
La posizione dei soci
I soci di una società cooperativa devono beneficiare di condizioni economiche più vantaggiose rispetto a quelle offerte sul mercato di riferimento. Questo principio rappresenta un elemento essenziale della natura mutualistica della cooperativa, che deve garantire ai propri soci un trattamento più favorevole rispetto ai non soci.
Uno dei principali parametri di confronto per valutare l’esistenza di questo vantaggio mutualistico è rappresentato dalle condizioni applicate ai clienti che non fanno parte della cooperativa. Se i prezzi, i servizi o le altre condizioni economiche offerti ai soci coincidono con quelli applicati ai non soci, si rischia di compromettere la finalità mutualistica della società. In tal caso, potrebbe emergere un deficit nella condizione di “mutualità di vantaggio“, che è un requisito fondamentale per il riconoscimento della natura mutualistica della cooperativa.
L’assenza di un effettivo vantaggio per i soci può avere conseguenze fiscali rilevanti. Infatti, il rispetto della mutualità è un criterio determinante per accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla normativa. Se tale condizione viene meno, la cooperativa potrebbe perdere il diritto ai benefici fiscali normalmente concessi alle società cooperative.
Il sistema dei controlli
Il sistema di controlli pubblici sulle cooperative è affidato al Ministero dello sviluppo economico o, in alternativa, alle associazioni di rappresentanza, con l’obiettivo di garantire il rispetto della normativa in materia di mutualità e correttezza gestionale. Tale sistema si articola in due principali strumenti di vigilanza:
revisioni ordinarie che si svolgono con cadenza biennale e mirano a verificare:
- la natura mutualistica dell’ente, assicurandosi che l’attività sia coerente con i principi di solidarietà e partecipazione;
- la reale partecipazione dei soci alla vita della cooperativa e allo scambio mutualistico;
- il rispetto dei limiti previsti per l’eventuale perseguimento di scopi lucrativi;
- la legittimazione dell’ente a beneficiare di agevolazioni fiscali;
- la regolarità della documentazione contabile e amministrativa.
Se l’esito della revisione è positivo, viene rilasciato un certificato di revisione. In caso di irregolarità, invece, viene emessa una diffida affinché l’ente provveda a sanare le problematiche riscontrate. Se le irregolarità persistono, il revisore può proporre l’applicazione di sanzioni al Ministero dello sviluppo economico.
Oltre alle revisioni ordinarie, possono essere disposte ispezioni straordinarie, sia a campione sia in seguito a segnalazioni o anomalie emerse durante le verifiche ordinarie. Se dalle ispezioni risultano irregolarità gravi, possono essere adottati provvedimenti più incisivi, tra cui:
- gestione commissariale (art. 2545-sexiesdecies c.c.): nomina di un commissario per ristabilire la regolarità gestionale dell’ente;
- cancellazione dall’albo: misura drastica applicata alle cooperative che si sottraggono ai controlli o che operano in contrasto con le finalità mutualistiche;
- scioglimento della società per atto dell’autorità (art. 2545-septiesdecies c.c.), nei casi in cui la cooperativa non sia più in grado di perseguire il proprio scopo sociale;
- liquidazione coatta amministrativa, prevista in caso di insolvenza.
Questi strumenti di controllo garantiscono che le cooperative operino nel rispetto delle normative e dei principi di mutualità, evitando abusi e irregolarità che possano compromettere il loro funzionamento e la tutela dei soci[4].
Verifica dei requisiti sostanziali per le agevolazioni e aiuti di Stato
Il sistema di controllo amministrativo tradizionale presenta diverse inefficienze, poiché si limita a una verifica formale della conformità delle clausole statutarie delle cooperative rispetto alle disposizioni di legge, senza approfondire l’effettiva gestione e il rispetto sostanziale degli obblighi normativi.
Le cause di questa inefficienza sono riconducibili a tre principali fattori:
- inadeguatezza delle risorse a disposizione delle autorità di vigilanza, che non consente controlli approfonditi ed efficaci;
- limitate competenze delle stesse autorità, che possono non essere sufficientemente attrezzate per individuare e contrastare irregolarità più complesse;
- carenza di indipendenza dell’ente preposto alla revisione cooperativa, poiché i costi del controllo ordinario sono sostenuti dalle cooperative stesse, creando un potenziale conflitto di interessi. Tuttavia, le ispezioni straordinarie, non rientrando in questo meccanismo di finanziamento, rappresentano un’eccezione.
A causa di queste criticità, le violazioni non vengono adeguatamente rilevate in sede amministrativa. La giurisprudenza (Cass. 2714/2002 e Cass. 15768/2007) ha riconosciuto che tali irregolarità emergono principalmente attraverso controlli fiscali effettuati dalla polizia tributaria o dagli uffici finanziari, piuttosto che nell’ambito della normale attività di vigilanza amministrativa.
Il mero rispetto formale delle condizioni previste dalla legge, come il possesso dei requisiti mutualistici indicati nello statuto di una cooperativa, non è di per sé sufficiente a garantire l’accesso alle agevolazioni fiscali riservate alle entità operanti con finalità mutualistiche.
Le cooperative di produzione e lavoro, infatti, beneficiano di esenzioni fiscali non solo in virtù della loro forma giuridica, ma anche in base all’effettiva attività svolta. Questo principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 23002/2009), che ha sottolineato l’importanza della verifica sostanziale del modello operativo della cooperativa, oltre alla semplice conformità formale agli obblighi statutari.
Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria mantiene il potere di revocare le agevolazioni fiscali per ogni singolo periodo d’imposta qualora, attraverso dati concreti, emerga che la cooperativa utilizza il suo status mutualistico come mera copertura per lo svolgimento di un’attività imprenditoriale tradizionale, priva dei reali elementi distintivi della mutualità.
L’art. 14 del D.P.R. 601/1973 stabilisce che le agevolazioni fiscali si applicano alle società cooperative che operano secondo i principi della mutualità previsti dalla legge, e che spetta all’Amministrazione finanziaria verificarne i presupposti di applicabilità.
Il semplice rispetto formale dei requisiti per l’adozione della forma giuridica di società cooperativa, sebbene positivamente accertato dagli organi di vigilanza, non è di per sé sufficiente a garantire il diritto ai benefici fiscali. La giurisprudenza (Cass. 5926/2009 e Cass. 13491/2007) ha chiarito che le certificazioni delle società di revisione non limitano il potere dell’Amministrazione finanziaria di effettuare verifiche autonome e approfondite sulla reale natura dell’attività svolta dalla cooperativa.
Di conseguenza, elementi come i verbali delle revisioni ordinarie e straordinarie o l’accordo per la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici, pur invocati dalla parte ricorrente, non sono sufficienti a dimostrare la sussistenza effettiva dello scopo mutualistico. Sulla base di un esame complessivo degli atti e dei principi giurisprudenziali in materia, si può concludere che, in concreto, lo scopo mutualistico potrebbe risultare assente, mettendo così in discussione il diritto alle agevolazioni fiscali.
Il principale motivo alla base della revoca delle agevolazioni fiscali alle cooperative è il rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato. Secondo il diritto dell’Unione europea, le agevolazioni concesse a determinate imprese non devono falsare la concorrenza nel mercato, garantendo il principio della libera concorrenza tra operatori economici.
Per questo motivo, l’Amministrazione finanziaria può contestare la legittimità delle agevolazioni fiscali non solo quando una cooperativa non rispetta i requisiti previsti dalla normativa nazionale, ma anche quando, pur rispettandoli formalmente, essa opera di fatto come un’impresa a scopo di lucro, senza perseguire autenticamente finalità mutualistiche. In tali casi, le agevolazioni fiscali possono configurarsi come aiuti di Stato illeciti, poiché garantiscono un vantaggio competitivo ingiustificato rispetto ad altre imprese che operano nello stesso settore.
In particolare, una cooperativa perde il diritto ai benefici fiscali se, al di là della sua forma giuridica, la sua attività risulta finalizzata principalmente al profitto, anziché al vantaggio dei soci. Se la cooperativa si comporta come una qualsiasi altra impresa commerciale, senza una reale differenza sostanziale nel modello operativo, il suo status mutualistico diventa solo apparente e le agevolazioni fiscali non sono più giustificate.
Il fenomeno della discrepanza tra forma giuridica e operatività effettiva di una cooperativa è noto come “cooperazione fittizia” o “cooperazione spuria“. Questo termine si riferisce a quelle cooperative che, pur presentandosi formalmente come mutualistiche, operano in realtà come imprese a scopo di lucro, eludendo le finalità proprie del modello cooperativo.
Le conseguenze di questa pratica sono molteplici e generano effetti negativi su diversi livelli:
- sui lavoratori: nelle cooperative irregolari, i lavoratori spesso subiscono condizioni di sfruttamento, con salari inferiori agli standard di mercato e senza adeguate tutele contrattuali e previdenziali. Ciò mina i principi di equità e protezione del lavoro che le vere cooperative dovrebbero garantire;
- sul sistema fiscale e contributivo dello Stato: la cooperazione fittizia comporta un mancato versamento di imposte e contributi, con una conseguente perdita di risorse per l’Erario e per il sistema previdenziale. Questo fenomeno incide negativamente sulle finanze pubbliche e sulla sostenibilità del welfare;
- sul mercato e sulla concorrenza: le cooperative spurie praticano spesso una politica di prezzi al ribasso, favorita dall’elusione degli obblighi fiscali e contributivi. Questo comportamento altera il mercato, penalizzando gli operatori economici onesti che rispettano le normative e creando una concorrenza sleale che può portare all’emarginazione di imprese corrette.
La cooperazione fittizia rappresenta una grave distorsione del sistema economico, con impatti negativi su lavoratori, Stato e mercato, compromettendo il corretto funzionamento del modello cooperativo e della concorrenza leale[5].
Perdita della qualifica di mutualità prevalente e disconoscimento
L’art. 2545-octies c.c. disciplina la perdita della qualifica di mutualità prevalente per le società cooperative. In particolare, questa perdita si verifica in due ipotesi:
- mancato rispetto del requisito di prevalenza per due esercizi consecutivi: L’art. 2513 c.c. stabilisce che una cooperativa è considerata a mutualità prevalente quando opera principalmente con i propri soci, sia in termini di scambi commerciali, sia nell’impiego di lavoro o nei finanziamenti ricevuti. Se per due anni consecutivi la società non rispetta questa condizione, perde la qualifica di mutualità prevalente. Gli amministratori e i sindaci devono documentare la condizione di prevalenza mutualistica nella nota integrativa al bilancio, evidenziando specifici parametri contabili. In particolare, la mutualità prevalente sussiste quando almeno una delle seguenti condizioni è rispettata:
- prevalenza dei ricavi da soci: i ricavi derivanti da vendite di beni e prestazioni di servizi verso i soci devono superare il 50% del totale dei ricavi di vendita e prestazioni (art. 2425, co. 1, punto A1 c.c.);
- prevalenza del costo del lavoro dei soci: il costo del lavoro dei soci deve essere superiore al 50% del costo complessivo del lavoro, includendo altre forme di lavoro connesse allo scopo mutualistico (art. 2425, co. 1, punto B9 c.c.);
- prevalenza del costo per beni e servizi dai soci: i costi per servizi ricevuti o beni conferiti dai soci devono superare il 50% del totale dei costi dei servizi (art. 2425, co. 1, punto B7 c.c.) o del costo delle materie prime e merci acquistate (art. 2425, co. 1, punto B6 c.c.).
Se la cooperativa svolge più tipi di scambi mutualistici, la prevalenza è determinata calcolando una media ponderata delle percentuali indicate.
Nelle cooperative agricole, la prevalenza si verifica quando oltre il 50% della quantità o del valore totale dei prodotti proviene dai soci.
- Modifica o eliminazione delle clausole antilucrative: l’art. 2514 c.c. prevede specifiche disposizioni per le cooperative a mutualità prevalente, tra cui il divieto di distribuzione di utili ai soci in misura superiore a determinati limiti, l’obbligo di destinare parte degli utili a riserva indivisibile e il vincolo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento. Se una cooperativa modifica o elimina queste clausole dal proprio statuto, perde la qualifica di mutualità prevalente.
Per ottenere la qualifica di “cooperativa a mutualità prevalente”, una cooperativa deve soddisfare, oltre ai requisiti sostanziali previsti dagli artt. 2512 e 2513 c.c., anche specifiche clausole statutarie volte a limitare o eliminare lo scopo lucrativo, rendendolo secondario rispetto allo scopo mutualistico.
L’atto costitutivo deve prevedere:
- limiti alla distribuzione degli utili: i dividendi ai soci cooperatori non possono superare un tetto massimo pari all’interesse dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti percentuali;
- limiti alla remunerazione degli strumenti finanziari partecipativi: il rendimento non può superare il limite previsto per i dividendi, aumentato di ulteriori 2 punti percentuali;
- divieto di distribuzione delle riserve: le riserve non possono essere ripartite tra i soci cooperatori;
- obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento: il patrimonio netto residuo deve essere destinato a un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Questi vincoli si applicano esclusivamente ai soci cooperatori, mentre i soci finanziatori non sono soggetti alle stesse restrizioni.
In entrambi i casi, la società non cessa di essere una cooperativa ma assume la qualifica di cooperativa “diversa”, ovvero una cooperativa che non gode più dei benefici previsti per le società a mutualità prevalente ma che mantiene comunque la natura mutualistica.
L’uscita dal regime delle società cooperative avviene solo tramite una deliberazione di trasformazione in un’altra forma societaria, come una società di capitali. Tale decisione deve essere adottata con il voto favorevole di almeno la metà dei soci cooperatori, come stabilito dall’art. 2545-decies c.c.[6].
Il requisito della mutualità in una società cooperativa è presunto per legge, in considerazione del favore normativo verso questo modello societario, riconosciuto anche dall’art. 45 della Cost..
L’Amministrazione finanziaria ha la facoltà di disconoscere le agevolazioni fiscali concesse alle cooperative, esaminando caso per caso ogni periodo d’imposta. Se emergono elementi concreti che dimostrano che la forma cooperativa è utilizzata solo come copertura per un’attività imprenditoriale di fatto lucrativa, la qualifica mutualistica può essere contestata.
In altre parole, il riconoscimento della mutualità non è assoluto, ma può essere superato se l’Amministrazione prova che la cooperativa opera con finalità prettamente commerciali, svincolate dai principi mutualistici.
La Corte di Giustizia ritiene che una società cooperativa possa definirsi realmente mutualistica solo se opera nell’interesse economico dei soci e intrattiene con essi un rapporto che non è meramente commerciale, ma personale e attivo.
In particolare, nelle cooperative di lavoro, i soci devono:
- partecipare alla gestione dell’impresa, contribuendo alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione;
- prendere parte alle decisioni strategiche, ai programmi di sviluppo e ai processi produttivi;
- contribuire al capitale sociale e assumersi il rischio d’impresa, partecipando ai risultati economici e alla loro destinazione;
- mettere a disposizione le proprie competenze professionali in base al tipo di attività svolta e alla quantità di lavoro disponibile per la cooperativa.
Questi elementi confermano che il coinvolgimento attivo dei soci è essenziale per distinguere una vera cooperativa mutualistica da un’impresa commerciale ordinaria.
La caratteristica distintiva delle cooperative è che l’interesse dei soci (lavoratori, produttori, consumatori) non si concentra sulla remunerazione del capitale investito, ma sullo scopo mutualistico, cioè sulla massimizzazione delle occasioni di scambio con la cooperativa.
La funzione sociale della cooperazione, riconosciuta dall’art. 45 Cost., si basa sulla mutualità e sull’assenza di fini speculativi. Se una cooperativa si allontana da questi principi perseguendo obiettivi diversi, il fisco può verificarne l’attività per accertare eventuali abusi del regime mutualistico[7].
Tecnica di disconoscimento
La Corte di Giustizia afferma che il principio dell’abuso del diritto può essere applicato per compensare l’inefficienza del controllo amministrativo, quando questo risulta inadeguato.
L’applicazione di questo principio comporta che la forma giuridica di cooperativa possa essere disconosciuta dall’amministrazione finanziaria, che potrà quindi applicare la disciplina tributaria ordinaria delle società a scopo di lucro.
In sostanza, ciò equivale a una riqualificazione fiscale della cooperativa come impresa lucrativa, con effetti limitati esclusivamente al campo tributario, senza incidere sulla sua natura giuridica complessiva.
Giurisprudenza sul punto – Cass 3033/2008:
«il ricorso, come si è detto ormai indiscriminato ed esteso a mercati di grande rilevanza, quali quello bancario e finanziario, alla forma societaria cooperativa, può essere considerato in relazione al principio dell’abuso del diritto.
Nel caso di specie si pone, quindi, il problema se il ricorso ad una tipologia societaria possa essere considerato abuso di diritto, con conseguente inopponibilità all’amministrazione finanziaria dello speciale regime fiscale agevolativo, al di là delle ipotesi di frode o di simulazione, quando tale utilizzazione sia avvenuta al solo o prevalente scopo di conseguire un risparmio d’imposta, e cioè senza che siano concretamente perseguiti reali scopi economici, e cioè quando le condizioni alle quali beni e servizi sono offerti siano identiche a quelle praticate dalle normali imprese societarie.
L’applicazione del principio dell’abuso del diritto consentirebbe di rimediare alla già constatata carenza ed inefficienza del sistema amministrativo di controlli, finora rivelatosi del tutto inadeguato ed inefficace, come già posto in rilievo nell’ordinanza di richiesta d’informazioni di questa Corte alla Commissione CE».
Le agevolazioni fiscali spettano alle società cooperative solo se queste perseguono effettivamente una finalità mutualistica.
Per beneficiare di tali agevolazioni, il requisito della mutualità deve essere rispettato sia formalmente che sostanzialmente.
Se, in concreto, emergono elementi che indicano il mancato perseguimento dello scopo mutualistico, la cooperativa perde il diritto ai benefici fiscali, poiché viene considerata un mero schermo per un’attività in realtà lucrativa. Questo configura un abuso della forma societaria.
L’abuso del tipo societario rientra nella più ampia teoria dell’abuso del diritto, ormai riconosciuta come una Generalklausel nell’ordinamento tributario italiano.
La giurisprudenza italiana, recependo l’orientamento della Corte di Giustizia UE (sentenza Halifax), ha consolidato il principio secondo cui l’utilizzo di strumenti giuridici formalmente leciti, ma finalizzati principalmente al risparmio d’imposta, costituisce abuso del diritto. Questo implica che un’operazione deve essere tassata in base alla sua effettiva sostanza economica, indipendentemente dalla forma giuridica adottata.
Un esempio di abuso del tipo societario è il ricorso improprio alla qualifica di start-up innovativa, come evidenziato dalla giurisprudenza (Trib. Udine, 2018). In sede prefallimentare, è stato ritenuto necessario verificare la reale sussistenza dei requisiti di legge prima di concedere le agevolazioni fiscali connesse a tale status[8].
Note
[1] V. Antonini, 2025, Società cooperative e abuso del diritto, Università degli Studi di Padova
[2] Brocardi, Massime relative all’art. 2511 Codice Civile, in https://www.brocardi.it
[3] L. Montalti, 2023, La società cooperativa è una società di capitali a scopo mutualistico, che presenta varie peculiarità rispetto agli altri modelli societari, in https://www.dirittoconsenso.it
[4] V. Antonini, 2025, Società cooperative e abuso del diritto, Università degli Studi di Padova
[5] V. Antonini, 2025, Società cooperative e abuso del diritto, Università degli Studi di Padova
[6] P. Mascaro, 2022, Società cooperative e perdita dei requisiti di mutualità prevalente, in https://www.tidona.com
[7] V. Antonini, 2025, Società cooperative e abuso del diritto, Università degli Studi di Padova
[8] V. Antonini, 2025, Società cooperative e abuso del diritto, Università degli Studi di Padova