Procedimenti in materia di famiglia: il giudice può decidere di non ascoltare il minore?

La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4561/2025, depositata il 21 febbraio (trovi il testo dell’ordinanza qui), ha chiarito una questione cruciale per i procedimenti in materia di famiglia: il giudice può decidere di non ascoltare il minore nelle decisioni relative all’affidamento e la regolamentazione dei rapporti tra i genitori? La pronuncia è di particolare interesse in quanto in quanto interviene in un contesto normativo in continua evoluzione, ponendo particolare attenzione ai principi sanciti dalle convenzioni internazionali e alle garanzie offerte dal diritto interno. Per un approfondimento, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali. 

Il caso in esame

La vicenda trae origine da una controversia tra due genitori in merito alla collocazione e al mantenimento dei figli minori a seguito della richiesta di scioglimento del matrimonio. Il Tribunale, nel dichiarare lo scioglimento, aveva confermato il regime di affidamento condiviso e disposto una permanenza alternata dei figli presso entrambi i genitori. Inoltre, aveva stabilito un contributo di mantenimento a carico del padre, riducendo l’importo concordato in sede di separazione.

La madre aveva impugnato la sentenza davanti alla Corte d’Appello, contestando la riduzione del contributo al mantenimento e chiedendo una diversa regolamentazione del tempo di permanenza dei minori presso ciascun genitore. Il padre, a sua volta, aveva proposto appello incidentale per ottenere una modifica del regime di affidamento, con un’alternanza settimanale e la corresponsione diretta del mantenimento.

La Corte d’Appello modificava parzialmente la decisione di primo grado, apportando modeste variazioni ai tempi di collocazione dei minori presso i genitori. Inoltre, confermava la previsione di un contributo di mantenimento perequativo a carico del padre, aumentandone l’importo.

La Corte d’Appello, nel decidere, riteneva di non disporre l’audizione dei minori in quanto considerata superflua e non conforme al loro interesse.

Avverso tale sentenza, il padre presentava ricorso in Cassazione e la madre resisteva con controricorso.

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Il giudice può decidere di non ascoltare il minore?

I genitori contestavano, tra i diversi motivi di ricorso, la decisione del giudice d’appello di non disporre l’audizione dei minori. Entrambi, infatti, ritenevano che la mancata audizione dei figli avesse pregiudicato il loro diritto a esprimere la propria opinione in merito alla regolamentazione dei rapporti familiari.

L’obbligo di ascolto del minore e il quadro normativo di riferimento

In primo luogo, la Suprema Corte ha ritenuto non applicabili, al caso in esame, ratione temporis, le nuove disposizioni sull’audizione del minore introdotte dalla Riforma Cartabia.

Sulla base, dunque, del quadro normativo interno, e le convenzioni internazionali in materia, la Cassazione ha evidenziato che l’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, ratificata in Italia con la legge n. 176/1991, riconosce il diritto del minore capace di discernimento di esprimere la propria opinione in tutti i procedimenti che lo riguardano. L’art. 315-bis c.c., introdotto dalla riforma del 2012, ribadisce questo principio, stabilendo che il minore deve essere ascoltato nei procedimenti che lo coinvolgono, salvo che ciò sia manifestamente contrario al suo interesse.

In ambito processuale, l’art. 336-bis c.c., prima della Riforma Cartabia, disciplinava le modalità dell’ascolto, prevedendo che il giudice potesse ometterlo solo con una specifica motivazione, qualora lo ritenesse superfluo o dannoso per il minore. La Corte ha sottolineato che la mancata audizione deve essere adeguatamente motivata, con una valutazione che tenga conto delle condizioni psicologiche del minore e dell’eventuale impatto negativo che l’ascolto potrebbe avere su di lui.

Le valutazioni della Corte d’Appello

Esaminando la decisione della Corte d’Appello, la Cassazione ha rilevato che il giudice di merito aveva ritenuto l’audizione non necessaria in quanto già acquisiti elementi sufficienti attraverso una relazione psico-sociale svolta dai servizi sociali e dalla psicologa incaricata.

La Corte d’Appello aveva, inoltre, evidenziato che l’ascolto diretto avrebbe esposto i minori al rischio di essere coinvolti nel conflitto genitoriale, assumendo un ruolo inappropriato all’interno della controversia.

La Cassazione, pur ribadendo che l’ascolto del minore costituisce un adempimento essenziale e non può essere omesso senza una motivazione rigorosa e dettagliata, ha condiviso le valutazioni dei giudici di secondo.

La Corte d’Appello aveva deciso di non procedere direttamente all’audizione dei minori, sulla base di una espressa e specifica motivazione, articolata su vari aspetti (manifesta superfluità, ascolto già effettuato da esperti, contrasto con l’interesse dei minori), così come consentito dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 336-bis c.c.

Del resto, secondo la Cassazione, si tratta di una soluzione in linea con il Regolamento UE 1111 del 2019 in base al quale, pur dovendosi dare al minore una possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione e garantire che essa sia presa debitamente in considerazione ai fini della valutazione del suo interesse superiore, il legislatore europeo lascia comunque “al diritto e alle procedure nazionali degli Stati membri la discrezionalità di stabilire chi ascolterà il minore e le modalità dell’audizione”.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso ritenendo corretta la decisione della Corte d’Appello di non disporre, nel caso di specie, l’audizione dei minori, in quanto manifestamente superflua.

Secondo la Cassazione, nei procedimenti che riguardano l’affidamento e la regolamentazione dei rapporti genitoriali, l’ascolto del minore costituisce un diritto fondamentale e un obbligo per il giudice, salvo che sia ritenuto manifestamente superfluo o contrario all’interesse del minore. Tale esclusione deve essere fondata su una motivazione rigorosa, basata su elementi concreti e adeguatamente documentata.

L’ascolto del minore nella Riforma Cartabia

La decisione della Suprema Corte, pur essendo intervenuta su un procedimento al quale si applicava la disciplina previgente alla Riforma Cartabia è, in realtà, in linea con i principi sanciti dalla novella legislativa.

La Riforma, introducendo il rito unificato denominato “Procedimento in materia di persone minorenni e famiglie” ha modificato la disciplina riguardante l’ascolto del minore abrogando l’art. 336-bis c.c. e introducendo gli artt. 473-bis 4 e 473-bis 5 c.p.c.

Il nuovo art. 473-bis 4 c.p.c. prevede che il minore di almeno 12 anni, o di età inferiore se capace di discernimento, sia ascoltato nei procedimenti che lo riguardano. Al secondo comma, tuttavia, specifica che il giudice non procede all’ascolto, dandone atto con provvedimento motivato, nei seguenti casi:

  • se esso è in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo;
  • in caso di impossibilità fisica o psichica del minore;
  • se il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato.

L’art. 473-bis 5 c.p.c. regola le modalità dell’audizione, imponendo garanzie a tutela del minore, come la registrazione dell’ascolto e la sua conduzione in ambienti idonei.

La Riforma Cartabia, quindi, ha reso più stringenti le condizioni per omettere l’ascolto del minore, confermando, però, la discrezionalità del giudice nel valutarne la necessità in base al caso concreto.

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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