Opposizione a decreto ingiuntivo: ammissibili domande nuove per l’opposto (Sezioni Unite)

Con l’ultimo intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sul tema dell’opposizione a decreto ingiuntivo, la Corte ha ampliato le possibilità di difesa per l’opposto, riconoscendogli la facoltà di proporre domande nuove e alternative senza l’obbligo di una riconvenzionale da parte dell’opponente. 

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Corte di Cassazione- Sez. Un. Civ.- sent. n. 26727 del 15-10-2024

Il principio delle Sezioni Unite

Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi di diritto:

“Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell’opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione”.

“Chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’“ultimo giro” offerto dall’articolo 183, sesto comma, c.p.c. Fino a quest’ultimo, comunque, a seconda dell’evoluzione difensiva dell’opponente posteriore alla comparsa di risposta, gli sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali”.

Il caso in esame

Il caso nasce da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma a favore di una società a responsabilità limitata contro l’ASL di Viterbo e la Regione Lazio. L’importo richiesto riguardava una prestazione sanitaria non corrisposta facendo sì che le parti ingiunte si opponessero. La questione centrale è se l’opposto possa presentare domande nuove e alternative, senza l’iniziativa dell’opponente attraverso una riconvenzionale, in un giudizio che si sviluppa da un procedimento monitorio.

La nozione di jus variandi: formalismo o sostanza?

Lo jus variandi rappresenta la possibilità per una delle parti di ampliare o modificare le domande all’interno del processo. La sentenza delle Sezioni Unite opera un importante intervento chiarificatore: le modifiche alle domande, secondo la Corte, devono essere permesse purché rimangano collegate alla stessa vicenda sostanziale. La Corte affronta questo tema con un approccio innovativo, mettendo in discussione la tradizionale rigidità del sistema processuale e abbracciando una visione più fluida, in cui l’interesse sostanziale prevale su formalismi eccessivi. La Corte ha analizzato l’evoluzione giurisprudenziale che ha portato alla formulazione attuale dello jus variandi, evidenziando come, storicamente, il principio fosse interpretato in modo restrittivo. In passato, infatti, era ritenuto necessario che l’opposto aspettasse una riconvenzionale per poter avanzare nuove domande, limitando di fatto il suo margine di difesa. Con la pronuncia in esame, le Sezioni Unite abbandonano questo approccio, allargando i confini del diritto di difesa per l’opposto.

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Francesca Sassano
Avvocato, già cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli Studi di Bari, ha svolto incarichi di docenza in molti corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici ed istituti di credito. È autrice di numerose pubblica- zioni e monografie.

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Il contraddittorio e la parità delle parti

Uno degli aspetti più rilevanti della sentenza è l’accento posto sulla parità delle parti e sull’importanza del contraddittorio. La Corte sostiene che la parte ingiunta, pur trovandosi nella posizione di convenuto formale, può esercitare pieni diritti difensivi come se fosse attore sostanziale. Dunque, anche in assenza di una riconvenzionale, l’opposto ha la possibilità di introdurre domande alternative. In sintesi, entrambe le parti devono essere messe in grado di sviluppare liberamente le proprie difese senza essere vincolate da formalismi che limiterebbero il loro diritto a un processo equo.

Il principio di compatibilità con l’interesse sostanziale

Un altro punto chiave della decisione riguarda il principio di compatibilità delle nuove domande con l’interesse sostanziale. Le Sezioni Unite affermano che le nuove domande possono essere proposte dall’opposto purché collegate al medesimo bene della vita al centro della domanda originale. Questo principio si pone in un’ottica sostanzialista: il focus non è più sulla forma delle domande, ma sul loro contenuto e sulla loro connessione con l’interesse originario della parte.
Per illustrare questo punto, la Corte ricorda che il diritto processuale non deve diventare un ostacolo alla tutela dei diritti sostanziali. L’importanza della decisione risiede nella capacità di privilegiare la sostanza rispetto alla forma, garantendo che l’opposto possa proporre nuove domande che, pur essendo diverse in termini di petitum e causa petendi, siano strettamente connesse all’interesse che aveva originariamente motivato la richiesta di ingiunzione.

Domande senza riconvenzionale per l’opposto

La Corte introduce una novità importante affermando che l’opposto può proporre nuove domande senza necessità di una riconvenzionale da parte dell’opponente. Quindi, anche se l’opponente si limita a contestare la validità del decreto ingiuntivo senza proporre domande aggiuntive, l’opposto può avanzare altre richieste difensive. Il principio alla base di questa scelta è l’economia processuale. Permettere all’opposto di proporre nuove domande anche senza riconvenzionale contribuisce a evitare che il processo si dilunghi in modo eccessivo, obbligando le parti a presentare cause separate per ciascuna contestazione. Con questa decisione, la Corte cerca di favorire la ragionevole durata del processo, in linea con l’obiettivo di ridurre il contenzioso e migliorare l’efficienza del sistema processuale.

Economia processuale e durata del processo

La Corte si sofferma a lungo sul concetto di economia processuale. La decisione di consentire all’opposto di ampliare le proprie domande senza attendere una riconvenzionale mira, infatti, a evitare duplicazioni di processi. La ragionevolezza nella durata del processo è vista come un valore fondamentale del sistema giuridico, e la Corte ribadisce l’importanza di limitare al massimo le lungaggini processuali attraverso una gestione efficace delle risorse. Consentire all’opposto di sviluppare le proprie difese in modo più esteso e libero permette di accorciare i tempi e di ridurre il rischio che il processo si frammenti in una serie di cause accessorie.

Conclusioni

In conclusione, la sentenza delle Sezioni Unite non solo chiarisce l’ambito dello jus variandi, ma lo espande, conferendo all’opposto un ruolo più attivo e potenziando il suo diritto di difesa. L’opposto non è più vincolato alla mera reazione difensiva, ma può proporre domande che, pur non essendo riconvenzionali, si collegano all’interesse originario.

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