Nel presente documento si approfondisce la problematica relativa agli effetti che la simulazione assoluta di un contratto produce nei riguardi dei creditori del simulato alienante e dei terzi i quali abbiano acquistato, in buona fede, diritti dal simulato acquirente (“titolare apparente”). In particolare, si evidenzia come, ex art. 1227 c.c., i creditori del simulato alienante debbano essere tutelati anche laddove il terzo acquirente abbia trascritto il suo titolo di acquisto prima che i medesimi trascrivessero la domanda di simulazione. Inoltre, si indicano le ragioni per le quali, contrariamente a quanto stabilito dall’art. 1416 comma 2 c.c., i creditori del simulato alienante debbano essere preferiti rispetto ai creditori del simulato acquirente anche nel caso in cui questi ultimi siano privilegiati, ragioni basate sulla maggiore rilevanza del dolo posto in essere dal simulato alienante rispetto a quello del simulato acquirente.
TUTELA DEI CREDITORI DEL SIMULATO ALIENANTE NEI CONFRONTI DEL TERZO ACQUIRENTE: LE RAGIONI DELL’IRRILEVANZA DELLA PREVENTIVA TRASCRIZIONE ESEGUITA DA QUEST’ULTIMO
Ai sensi dell’art. 1415 c.c., “la simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione”.
La norma parla di diritti acquisiti dal “titolare apparente”.
“Contratto simulato” significa “contratto finto”.
Tizio, stipulando una compravendita con Caio, si obbliga a trasferire a quest’ultimo la proprietà di un bene.
Egli fa figurare di voler di trasferire il bene a Caio perché in questo modo si sottrae alle pretese dei propri creditori; ma in realtà finge questo trasferimento in quanto il bene rimane sempre nella sua materiale disponibilità e quindi lui in questo modo ottiene due vantaggi: elude le pretese dei creditori, i quali pensano (erroneamente) che egli non abbia più il bene, essendo questo passato a Caio; continua a godere del bene stesso, in quanto questo, in realtà, è rimasto presso di lui.
Di conseguenza, Caio, materialmente, non è diventato possessore di alcun bene.
Egli, siccome non tiene il bene materialmente presso di sé (questo, infatti, è rimasto a Tizio), non può concretamente esercitare sul medesimo alcun diritto.
Ai sensi dell’art. 1414 c.c., “il contratto simulato non produce effetto tra le parti”. Pertanto egli, a rigore, non ha neanche “acquisito” sul bene alcun diritto, in quanto il trasferimento (finto) operato da Tizio non ha prodotto a favore di Caio alcun effetto, ossia nessuna “acquisizione”.
Caio, quindi, è solo un “titolare apparente”. Ebbene, egli, fingendo di essere effettivamente proprietario del bene, potrebbe aver sottoscritto con un terzo (Mevio) un contratto in base al quale quest’ultimo acquista a sua volta dei diritti (proprietà od altro diritto reale) sul bene. La domanda è: questo contratto è valido?
La fattispecie si presta ad essere inquadrata nell’ambito dell’art. 1479 c.c., a norma del quale il compratore (che in tal caso sarebbe Mevio) può chiedere la risoluzione del contratto se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore (Caio), e se frattanto quest’ultimo non gliene abbia fatto acquistare la proprietà. Siccome si parla di “risoluzione del contratto”, il medesimo dovrebbe considerarsi concluso validamente, altrimenti la norma avrebbe parlato di contratto nullo od annullabile.
Visto che il contratto è valido, il terzo Mevio, nel caso in cui i creditori di Tizio (simulato alienante) abbiano trascritto la domanda di simulazione solo dopo che Mevio stesso abbia trascritto il suo titolo di acquisto, renderà inefficace nei suoi confronti tale domanda e potrà esigere da Caio, in virtù dell’art. 1479 c.c., la risoluzione del contratto nonché la restituzione del prezzo pagato ed il risarcimento del danno. Mevio, però, non potrà pretendere che Caio gli procuri la cosa, in quanto la norma sopra citata non prevede a suo favore la proponibilità di un’azione giudiziale avente lo scopo di obbligare Caio a farsi dare (questa volta realmente) la cosa da Tizio per poi consegnarla allo stesso Mevio. Allora l’osservazione è questa: se il contratto stipulato tra il titolare apparente (Caio) ed il terzo (Mevio) si risolve, e quindi se l’unico strumento previsto a tutela di quest’ultimo è la risoluzione, a quel punto i creditori di Tizio, dal momento che il bene è materialmente sempre rimasto nella disponibilità del medesimo, potrebbero tornare ad aggredire il bene, anche se loro avevano trascritto la domanda di simulazione dopo che il terzo aveva trascritto il suo titolo di acquisto.
Tuttavia, questo accostamento della vendita simulata alla fattispecie della compravendita di cosa altrui ha sì l’effetto di tutelare i creditori del simulato alienante (Tizio), ma questa tutela è subordinata al fatto che il terzo acquirente (Mevio) chieda la risoluzione del contratto (art. 1479 c.c.) stipulato con Caio (simulato acquirente da Tizio).
Il discorso va allora spostato su un altro aspetto.
La domanda è: se il contratto simulato, ai sensi dell’art. 1414 c.c., non produce alcun effetto tra le parti, come fa Caio ad essere qualificato come “titolare apparente”? La “titolarità” giuridica di un bene è data dalla piena validità ed efficacia del contratto stipulato: quest’ultimo, se non è efficace, non potrà determinare, da parte di colui che nel contratto figura come “acquirente”, il conseguimento di alcuna “titolarità”. Quindi, dire che un soggetto è solo il “titolare apparente” di un diritto su un bene, vuol dire che egli, in base a quella che è la “realtà giuridica”, non ha alcuna titolarità sul medesimo. Nonostante ciò, la norma ipotizza questa situazione: che Caio, pur non avendo giuridicamente acquisito la titolarità del bene, trasferisca a sua volta ad un terzo (Sempronio) alcuni diritti su tale bene. Essa prevede che, in questo caso, il terzo (Mevio), se era in buona fede quando Caio gli ha ceduto i diritti e se ha trascritto il suo titolo di acquisto prima che i creditori di Tizio (simulato alienante) abbiano trascritto la domanda giudiziale volta a far accertare la simulazione del contratto tra Tizio e Caio, è salvo. Ebbene, non si capisce per quale motivo la norma ipotizzi la situazione sopra descritta: se il trasferimento della proprietà (o di altro diritto reale) a Caio è giuridicamente privo di effetti, sarà privo di effetti anche l’eventuale trasferimento che Caio abbia fatto al terzo Mevio. Altrimenti Caio, pur non essendo divenuto “titolare effettivo” del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) sul bene, risulterebbe legittimato a cedere quest’ultimo ad un terzo, ma tale legittimazione non dovrebbe sussistere in quanto egli non ha mai acquistato alcun diritto sulla cosa: infatti egli – come prevede l’art. 1415 c.c. – è un titolare solo “apparente”. Ritenere che tale legittimazione sussista, significa negare il principio in base al quale “nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet”. Tale principio è contenuto in alcune norme del codice: p. es. l’art. 1381 c.c. stabilisce che “colui che ha promesso l’obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l’altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso”.
Ma, al di là della contraddittorietà della norma, la domanda è anche un’altra: come fa il terzo Mevio ad “acquistare” da Caio un diritto su un bene senza prima aver accertato che tale bene si trovi effettivamente nella disponibilità di Caio stesso? L’ordinaria diligenza di un acquirente (che in tal caso è “terzo” acquirente) consiste anzitutto nel verificare di persona che il suo dante causa (in tal caso Caio) abbia la titolarità non solo giuridica ma anche materiale del bene: in mancanza di tale verifica, dovrebbero rimanere a carico del terzo acquirente (art. 1227 c.c.) i danni consistiti nell’impossibilità di godere concretamente del bene, atteso che in realtà tale bene non è mai entrato nella disponibilità di Caio, essendo esso rimasto sempre nella sfera giuridica (e materiale) di Tizio, simulato alienante. Pertanto, anche se il terzo “acquirente” Mevio aveva trascritto il proprio acquisto prima che i creditori del simulato alienante (Caio) trascrivessero la domanda diretta a far valere la simulazione del negozio tra Caio e Tizio, il diritto dei creditori dovrebbe comunque prevalere sul diritto del terzo acquirente. In sostanza, il comportamento (gravemente) colposo del terzo acquirente Mevio, il quale, al momento in cui ha contratto con Caio, non si è preoccupato di verificare che il bene fosse effettivamente nella disponibilità materiale di quest’ultimo, dovrebbe rendere del tutto inefficace, ex art. 1227 c.c., la preventiva trascrizione da egli eseguita.
Per questa stessa ragione, risulta ancor più difficile giustificare l’ipotesi descritta dall’art. 1416 comma 1 c.c., ossia quella in cui i creditori del titolare apparente (Caio) abbiano, in buona fede, compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato. Come possono tali creditori considerarsi “in buona fede” se hanno attivato un procedimento giurisdizionale (addirittura esecutivo!) avente ad oggetto un determinato bene senza prima aver accertato che questo si trovasse nella disponibilità materiale del loro debitore (Caio, simulato acquirente)? In tal caso, la colpa grave dei creditori è quella di cui all’art. 96 c.p.c., il quale prevede la condanna al risarcimento del danno nei confronti di chi abbia agito in giudizio “temerariamente”, ossia con colpa grave, e “la temerarietà” di chi chiede un processo esecutivo su un bene senza aver prima verificato che questo sia mai stato effettivamente posseduto dal debitore, appare in re ipsa.
-
TUTELA DELLA PREFERENZA DEI CREDITORI DEL SIMULATO ALIENANTE RISPETTO AI CREDITORI DEL SIMULATO ACQUIRENTE ANCHE NEL CASO IN CUI QUESTIO ULTIMI SIANO PRIVILEGIATI
Il comma 2 dell’art. 1416 c.c. così dispone: “i creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all’atto simulato”.
La norma prevede due principi: quello per cui i creditori privilegiati del simulato acquirente sono tutelati con preferenza rispetto ai creditori del simulato alienante, e quello per cui questi ultimi sono preferiti ai creditori (chirografari) del simulato acquirente soltanto se il loro credito è sorto prima dell’atto simulato.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il simulato acquirente è colui che solo apparentemente, ossia “sulla carta”, entra in possesso del bene, perché poi questo in realtà rimane nella disponibilità del simulato alienante. Quindi, il creditore del simulato acquirente è colui che, in sostanza, ha ben poco su cui soddisfarsi, atteso appunto che il suo debitore, al di là di quanto previsto dal contratto, non ha mai ottenuto la materiale apprensione del bene. L’unica tutela cui tale creditore possa aspirare è quella di obbligare il simulato alienante a trasferire effettivamente il bene al simulato acquirente, ossia al suo debitore, in modo da poter concretamente soddisfare le proprie ragioni di credito. Questo “obbligo” potrebbe essere basato sull’art. 1414 c.c., a norma del quale “il contratto simulato non produce effetto tra le parti”: tale contratto, se è inefficace nei rapporti tra simulato alienante e simulato acquirente nel senso che non determina alcun trasferimento del bene dal primo al secondo, potrà invece produrre effetti nei riguardi dei terzi, ossia dei creditori del simulato acquirente, i quali saranno pertanto legittimati ad ottenere una sentenza che obblighi il simulato alienante a trasferire (stavolta realmente) il bene al simulato acquirente. In sostanza, si tratterebbe di un’azione analoga a quella che viene esperita ex art. 2932 c.c. da parte del promissario venditore, che, visto il rifiuto del promissario acquirente di addivenire alla stipula del contratto definitivo, chiede una sentenza la quale “produca gli effetti del contratto non concluso”, e cioè disponga il trasferimento della proprietà del bene al promissario acquirente previo versamento del corrispettivo. E del resto, ai sensi dell’art. 1372 c.c., “il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”. In questo caso, “la legge” – ossia l’art. 1416 comma 2 c.c. – prevede che i creditori del simulato acquirente debbano essere tutelati, e l’unico strumento con cui questa tutela si può attuare è quella sopra descritta, ossia l’esperibilità, da parte dei medesimi, di un’azione volta ad obbligare il simulato alienante al trasferimento (reale) del bene in favore del simulato acquirente.
L’art. 1416 comma 2 c.c. riserva ai creditori del simulato alienante una tutela preferenziale, al cospetto dei creditori del simulato acquirente, solo ove questi ultimi siano chirografari. Se, invece, tali creditori sono privilegiati, prevalgono questi ultimi. Al riguardo, si osserva quanto segue.
Il simulato alienante è colui che finge di trasferire il bene al simulato acquirente, ragion per cui il bene rimane sempre nella sua disponibilità. Egli ha inteso frodare i creditori, inducendoli a credere che non avesse più la titolarità del bene e che quindi i medesimi non avrebbero potuto soddisfarsi. La presenza dell’intento frodatorio è maggiore nel simulato alienante che non nel simulato acquirente: il primo finge di liberarsi di un bene perché così i creditori non avranno nulla su cui rivalersi, mentre il secondo finge di acquistare un bene grazie al quale in teoria i propri creditori potrebbero soddisfarsi; il primo elude le pretese dei creditori, mentre il secondo, paradossalmente, le alimenta (anche se in modo falso). Pertanto, il dolo del debitore, consistente nel nascondere (vedi finto trasferimento) un proprio bene ai creditori, si manifesta, nella sua finalità più autentica, nel primo caso, piuttosto che nel secondo. Di conseguenza, non si comprende il motivo per il quale l’art. 1416 comma 2 c.c. accordi preferenza ai creditori del simulato alienante solo nel caso in cui i creditori del simulato acquirente siano chirografari, e non anche quando questi siano privilegiati. Il privilegio è sicuramente una causa di prelazione degna del massimo rispetto, ma in questo caso esso assiste crediti vantati nei confronti di un debitore (il simulato acquirente) che, anziché nascondere un bene, lo fa apparire come realmente esistente nella propria sfera giuridica, e quindi nei riguardi di un soggetto che usa il dolo non per sottrarsi alle pretese dei creditori (come invece fa il simulato alienante) ma per illuderli, invitandoli a soddisfarsi su un bene che in realtà non c’è, ma, proprio per questo, al tempo stesso riconoscendone pienamente le ragioni di credito: un debitore che non vuole pagare, tutto fa tranne che fingere di acquistare un bene, perché sa benissimo che sulla base di tale acquisto i creditori potrebbero aggredirlo (anche se poi rimarrebbero delusi perché il bene non c’è).
La maggior rilevanza che il dolo assume quando viene posto in essere dal simulato alienante, dovrebbe indurre a ritenere che i creditori di quest’ultimo debbano essere preferiti anche laddove i creditori del simulato acquirente siano privilegiati. Altrimenti si svilisce l’importanza del dolo del debitore, la cui essenza risiede nel voler eludere le pretese creditizie, e non nel volerle (anche se solo falsamente) alimentare.
Per quanto riguarda il secondo aspetto – ossia il fatto che i creditori del simulato alienante siano tutelati con preferenza rispetto ai creditori (chirografari) del simulato acquirente solo ove il loro credito sia sorto prima dell’atto simulato – vi è da dire che in tal caso, effettivamente, non vi è stato un “dolo” da parte del simulato alienante (che chiameremo Tizio): questi, infatti, ha finto di trasferire la proprietà del bene senza sapere ancora di essere debitore di qualcuno (che chiameremo Caio), e quindi il suo intento era, semmai, quello di frodare altri creditori, ma non certo Caio. In questo caso, quindi, è abbastanza normale che, rispetto a Caio, debba essere accordata preferenza ai creditori (anche solo chirografari) del simulato acquirente.
L’unica eccezione potrebbe essere il caso in cui venga accertato che l’insorgenza del credito di Caio avrebbe potuto (anzi, dovuto) essere prevista da Tizio, e ciò perché p. es. erano stata avviate tra i due delle trattative precontrattuali le quali, pur non essendosi concretizzate nella stipula di un vero e proprio contratto preliminare, avevano raggiunto uno stato di avanzamento tale da poter configurare, in capo a Caio, un legittimo affidamento in merito a quello che sarebbe stato l’impegno negoziale di Tizio, e ciò sulla base dell’art. 1337 c.c. . In un caso del genere, probabilmente, ritenere che Tizio, creditore del simulato alienante, debba essere soddisfatto con preferenza, rispetto ai creditori del simulato acquirente, anche nel caso in cui il credito vero e proprio di Tizio – ossia il contratto preliminare – sia sorto dopo l’atto simulato, non appare inopportuno.
Unisciti alla nostra comunità legale
Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere le ultime notizie, analisi giuridiche e risorse esclusive direttamente nella tua casella di posta. Non perdere nessun aggiornamento importante nel campo del diritto civile. Iscriviti ora e rimani informato!