Sospensione del processo fino alla scadenza del piano rateale dei pagamenti

Con l’ordinanza n. 24479/2024, la Corte di Cassazione opera un revirement giurisprudenziale incidente sulla sorte del processo tributario condizionato dalla rottamazione – quater.

Nel dettaglio, operando un sostanziale “dietrofront” rispetto alla precedente ordinanza n. 24428/2024 (la quale riteneva possibile, in caso di rottamazione – quater, l’estinzione del processo documentando i pagamenti effettuati sino alla data della richiesta; pertanto, anche non effettuando il saldo integrale), il Supremo Collegio dichiara che l’estinzione del giudizio, in presenza di definizione agevolata delle pendenze tributarie, si può chiedere solo dopo l’integrale pagamento del piano rateale concordato con l’Amministrazione finanziaria.

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Corte di Cassazione-Sez. Trib.- ord. n. 24479 del 12-09-2024

Il precedente: ordinanza n. 24428/2024

Con ordinanza n. 24428/2024, la Corte di Cassazione, in riferimento al perfezionamento della procedura amministrativa di cui all’art.1, commi 231-252 L. n. 197/2022 (cd. rottamazione- quater) aveva provato a definire una linea perimetrale tra sospensione ed estinzione dei giudizi pendenti aventi ad oggetti i carichi pendenti affidati all’Agente delle Entrate – Riscossione, per i quali veniva chiesta la definizione agevolata.

Nello specifico, attraverso l’ordinanza in esame, la Cassazione si era mostrata incline a riconoscere nell’estinzione del processo la soluzione da preferire e ciò a prescindere dall’integrale pagamento del debito tributario accertato.

Nonostante la chiarezza del dettato legislativo[1], con l’ordinanza sopracitata, la Cassazione affermato che il perfezionamento della rottamazione si verificava con la mera trasmissione dell’istanza, corredata dall’impegno alla rinuncia al contenzioso pendente, e del provvedimento di accoglimento dell’Ader (Agenzia delle Entrate – Riscossione).

La vicenda

La società Alfa S.r.l. proponeva ricorso avverso l’avviso bonario emesso ai sensi dell’art. 54-bis, comma 3, DPR n 633/1972, in seguito alla dichiarazione Iva, relativa al primo trimestre 2018.

L’Agenzia delle Entrate, tempestivamente, si costituiva in giudizio contro-deducendo sulla legittimità dell’atto e del proprio operato.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

La ricorrente proponeva appello.

L’ufficio si costituiva insistendo sulla rispondenza alla disposizione della propria attività accertativa.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla società. I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto sussistenti tuti gli elementi che configuravano la causa di forza maggiore ai sensi dell’art. 6, comma 5, D.lgs. n.472/1997, rilevando che dalla documentazione versata in atti emergeva come la crisi di liquidità cui la società era incorsa era venuta a dipendere dai ritardi nei pagamenti delle fatture da parte di clienti istituzionali  (i quali, allo stato, versavano in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria), che non le avevano più consentito di fare fronte tempestivamente al regolare versamento delle imposte; che la società aveva fatto tutto il possibile per assolvere i propri obblighi tributari e per recuperare le somme necessarie ad estinguere il debito, avanzando reiterate richieste di pagamento ai debitori della società, con insinuazione al passivo; che dovevano ritenersi integrati nel caso in esame i presupposti, oggettivo e soggettivo, giustificanti il caso di forza maggiore, così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, essendo possibile individuare sia le plurime e concomitanti circostanza estranee all’operatore, sia l’adozione, da parte dello stesso, di misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccesivi; che la società contribuente era in buona fede, come era riscontrato dalla circostanza che la stessa  non si era mai sottratta al versamento e che difettava, di conseguenza, il requisito della colpevolezza, con conseguente inapplicabilità delle sanzioni accessorie e degli interessi di mora.

L’Agenzia, quindi, con un unico motivo di ricorso, adiva alla Corte di Cassazione.

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La terza parte approfondisce i primi arresti giurisprudenziali, sia di merito, che di legittimità, con uno sguardo alla recente Sentenza dell’11 gennaio 2024 della CGUE in tema di onere della prova e di primato del diritto europeo.

Flavio Carlino
Avvocato, Dottore Commercialista, Revisore Legale e Giornalista Pubblicista. Founder dello Studio legale-tributario Carlino dal 1991, ha un’esperienza ultratrentennale nel campo della consulenza nel settore tributario. Nel 2022 ha fondato l’Associazione Italiana Avvocati Commercialisti (A.I.A.C.), di cui è attualmente Presidente, ed ha creato una rete di professionisti con 20 sedi su tutto il territorio nazionale. CTU e perito presso il Tribunale di Lecce, è difensore tributario di enti pubblici e privati.

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Il motivo di ricorso per Cassazione

L’agenzia proponeva ricorso per la cassazione della sentenza tributaria di appello affidando ad una sola contestazione la specificazione della motivazione eccepita.

In particolare, con il primo ed unico motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, D.lgs. n. 472/1997 e dell’art. 30 DPR n. 602/1973, in quanto il Giudice di appello aveva erroneamente ritenuto che potesse configurarsi l’esimente della forza maggiore nella circostanza rappresentata dalla crisi di liquidità della contribuente, determinata, a sua volta, dall’insolvenza dei suoi clienti principali.

Secondo l’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale aveva trascurato di riscontrare gli elementi costitutivi della forza maggiore, ovvero l’imprevedibilità, irresistibilità e inevitabilità dell’evento impeditivo, come interpretati dalla giurisprudenza di legittimità, che non potevano essere ricondotti a crisi di liquidità a sua volta determinate dall’inadempimento di terzi.

I giudici di secondo gradO, inoltre, avevano tralasciato ogni considerazione in merito all’elemento soggettivo, con particolare riferimento al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate, anche nella mancanza di elementi forniti dalla società contribuente.

La sentenza impugnata era pure errata in relazione agli interessi di mora, che non potevano essere disapplicati in mancanza di una espressa previsione normativa, non essendo riconducibili all’art. 6, comma 5, D.lgs. n.472/1997.

La decisione del Supremo Collegio

Il motivo di impugnazione eccepito dall’Agenzia ha condotto alla sospensione del giudizio in ragione delle argomentazioni che seguono.

In via preliminare, la Cassazione, rilevava che la società avesse depositato memoria con la quale rappresentava di aver aderito alla definizione dei carichi affidati all’Agenzia delle Entrate -Riscossione in considerazione di quanto disposto dall’art. 1, commi 231 – 252, L. n. 197/2022, con riferimento alla cartella oggetto di impugnazione e relativa alla pretesa oggetto del contenzioso e di essersi impegnata a rinunciare a tutti i giudizi aventi ad oggetto i crediti relativi alla definizione agevolata, allegando il pagamento di n. 3 rate su 18 previste, chiedendo, in via principale la sospensione del giudizio e, in via subordinata, la cessazione della materia del contendere, oltre che in via gradatamente subordinata il rigetto del ricorso dell’Amministrazione finanziaria.

Ciò premesso, la Cassazione, richiamato il contenuto dispositivo dell’art. 1, comma 231, L. n. 197/2022 secondo il quale «Fermo restando quanto previsto dai commi da 222 a 227, i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 possono essere estinti senza corrispondere le somme affidate all’agente della riscossione a titolo di interessi e sanzioni, gli interessi di mora di cui all’art. 30, comma 1, DPR n. 602/1973, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’art. 27 , comma 1, D. lgs. n.46/1999, e le somme maturate a titolo di aggio ai sensi dell’art. 17 D.lgs. n.112/1999, versando le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella di pagamento» e del comma 236 del citato articolo, alla lettera del quale «Nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti» ,stante il tenore letterale delle disposizioni richiamate, ha statuito la sospensione del processo fino alla scadenza del piano dei pagamentiritenendo che non sia possibile addivenire ad una dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere prima dell’integrale  pagamento delle singole rate.

Massima – Con l’ordinanza n. 24479, depositata il 12 settembre 2024, la Corte dichiara che l’estinzione del giudizio, in presenza di definizione agevolata degli affidamenti, si può chiedere solo dopo l’integrale pagamento delle rate.

Note

[1] Al riguardo, va ricordato che l’art. 1, comma 236 L. n.197/2022, prevede una disciplina specifica in caso di rottamazione di affidamenti per i quali pende un giudizio. Si dispone, in particolare, che, depositando la copia dell’istanza di sanatoria, il contribuente può ottenere la sospensione del giudizio, l’estinzione del processo, invece, è subordinata «all’effettivo perfezionamento della definizione e della produzione, nel medesimo giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati».  Ancora, il medesimo comma termina con la precisazione secondo cui, nell’ipotesi in cui il contribuente non documenti il pagamento, «il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti», il che significa che il processo prosegue regolarmente.

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