Indennità di disoccupazione involontaria: rinvio alle Sezioni Unite

L’ordinanza interlocutoria della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato la questione afferente l’indennità di disoccupazione involontaria e il suo possibile recupero in caso di successivo riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Tale problematica è emersa in un contesto in cui la giurisprudenza ha dovuto adattarsi a un quadro normativo in continua evoluzione, segnato da interventi legislativi di rilievo come la legge n. 183 del 2010 (c.d. Collegato Lavoro), la legge n. 92 del 2012 (c.d. Riforma Fornero) e il d.lgs. n. 23 del 2015 (Jobs Act).

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La vicenda

Il caso in esame riguarda la pretesa dell’INPS di ottenere la restituzione di una somma di denaro erogata a un lavoratore a titolo di indennità di disoccupazione involontaria per il periodo compreso tra il 2010 e il 2011. Successivamente, con una sentenza del 2014, il Tribunale di Perugia ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto ai contratti a tempo determinato tra il lavoratore e la Terme di Fontecchio S.p.A., con conseguente conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condanna della società al pagamento dell’indennità risarcitoria.
L’INPS, sostenendo che la successiva dichiarazione giudiziale della continuità del rapporto di lavoro avrebbe escluso la sussistenza dello stato di disoccupazione involontaria, ha richiesto la restituzione delle somme percepite dal lavoratore. Tuttavia, la Corte di Appello di Perugia, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto che nel periodo in cui il lavoratore aveva percepito l’indennità non sussistesse un rapporto di lavoro effettivo, e che pertanto il recupero della somma fosse illegittimo.

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Manuela Rinaldi
Avvocato cassazionista, consigliere e tesoriere del COA Avezzano. Direttore della Scuola Forense della Marsica, è professore a contratto di “Tutela della salute e sicurezza sul lavoro” e “Diritto del lavoro pubblico e privato” presso diversi atenei. Relatore a Convegni e docente di corsi di formazione per aziende e professionisti, è autore di numerose opere monografiche e collettanee.

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Questione di diritto sollevata dall’INPS

Nel suo ricorso, l’INPS ha invocato la violazione di diverse norme, tra cui gli articoli 45, 73, 76 e 77 della legge n. 1155 del 1936, nel testo vigente ratione temporis, nonché dell’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010 e dell’art. 2033 c.c. (ripetizione dell’indebito).
L’argomento centrale dell’INPS è che l’indennità di disoccupazione involontaria, essendo una prestazione previdenziale volta a sostenere economicamente il lavoratore disoccupato nel periodo di ricerca di una nuova occupazione, non può essere riconosciuta laddove venga accertato che il lavoratore fosse in realtà già occupato, sebbene in forza di un contratto a termine successivamente convertito in rapporto a tempo indeterminato. La tesi dell’INPS si fonda sul principio per cui lo stato di disoccupazione deve essere non solo effettivo ma anche continuativo, e che la retroattività della pronuncia giudiziale sulla validità del rapporto di lavoro escluderebbe, ex post, il diritto alla prestazione previdenziale.

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Analisi della Sezione Lavoro

L’ordinanza della Corte di Cassazione ha effettuato un’approfondita disamina della giurisprudenza in materia di indennità di disoccupazione involontaria, evidenziando una serie di principi che sono stati affermati nel corso degli anni e che presentano profili di notevole interesse interpretativo.

In primis, la Corte ha ricordato che l’indennità di disoccupazione ha una natura strettamente previdenziale e trova il suo fondamento nell’art. 38, secondo comma, della Costituzione, che impone allo Stato di fornire ai lavoratori un sostegno economico in caso di disoccupazione involontaria. La giurisprudenza ha più volte confermato che il diritto alla percezione dell’indennità presuppone uno stato di disoccupazione che non sia imputabile alla volontà del lavoratore, bensì a cause oggettive, quali la cessazione del rapporto di lavoro.

Conversione del contratto di lavoro

Un ulteriore aspetto  trattato dall’ordinanza ha riguardato l’effetto ex tunc della conversione giudiziale del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera retroattivamente dalla data della stipulazione del contratto a termine, comportando la ricostituzione del rapporto giuridico e il riconoscimento dei diritti retributivi e contributivi maturati nel periodo intercorrente.Tuttavia, la Corte si è interrogata se tale retroattività possa incidere anche sul diritto del lavoratore a trattenere l’indennità di disoccupazione percepita durante il periodo in cui, formalmente, egli risultava disoccupato. La giurisprudenza più recente ha, infatti, sostenuto che l’indennità risarcitoria prevista dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010 ristori integralmente il pregiudizio subito dal lavoratore, compresi gli aspetti retributivi e contributivi, e che pertanto la percezione dell’indennità di disoccupazione potrebbe configurare un indebito previdenziale.

Ripetizione dell’indebito e prescrizione

La Corte  ha affrontato anche il  tema della ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 c.c. Tale disposizione prevede che chi ha ricevuto un pagamento non dovuto è tenuto a restituirlo, salvo il caso in cui il pagamento sia avvenuto in esecuzione di una sentenza non ancora passata in giudicato. La buona fede del percipiente, sebbene tutelata sotto altri profili, non esclude la ripetizione dell’indebito. Tuttavia, l’ordinanza ha rilevato che l’eventuale recupero delle somme da parte dell’INPS dovrebbe avvenire entro i limiti temporali della prescrizione, e che la complessità della questione impone una riflessione più ampia sulla compatibilità di tali recuperi con la finalità previdenziale dell’indennità di disoccupazione.

Rinvio alle Sezioni Unite

Alla luce delle questioni sollevate, la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno rimettere la causa alla Prima Presidente per un’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, al fine di ottenere un chiarimento definitivo sui principi in materia.

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