Per i giudici della I Sez. Civ., ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, la condotta non collaborativa del soggetto beneficiario non può costituire un indizio significativo di menomazione della salute fisica o psichica. I poteri dell’amministratore di sostegno devono rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e basarsi su un chiaro stato di menomazione della persona bisognosa di tutela.
Corte di Cassazione- I Sez. Civ.- ord. n. 14689 del 27-05-2024
La questione
Con ricorso del 15 aprile 2019, le parti ricorrenti chiedevano al Tribunale di Termini Imerese la nomina di un amministratore di sostegno per una signora che evidenziava un grave stato di alterazione psicofisica, il che comprometteva la gestione autonoma del patrimonio.
La parte resistente contestava la domanda.
Il giudice tutelare accoglieva il ricorso e nominava un avvocato come amministratore di sostegno: la decisione si basava sulla relazione dei Servizi sociali, che descriveva la reclamante come sola, in difficoltà psichiche, e incapace di gestire le proprie risorse economiche.
La parte resistente impugnava il decreto chiedendone la sua revoca.
Così, con decreto del 10 marzo 2023, la Corte d’appello ha rigettato il reclamo, ritenendo inattendibile la giustificazione della ricorrente sul rifiuto di farsi visitare dal CTU, confermando le informazioni dei servizi sociali territoriali sulla sua incapacità decisionale e la necessità di un amministratore di sostegno estraneo alla famiglia, vista l’evidente tensione con i congiunti.
I motivi del ricorso
La ricorrente, dunque, presentava ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, ha denunciato la violazione degli artt. 404 c.c. e 8 CEDU, poiché la Corte d’appello non aveva accertato una patologia psichiatrica giustificata, applicando una misura sanzionatoria per i rifiuti della ricorrente di collaborare con il c.t.u.
Il secondo motivo ha constatato la violazione degli artt. 404 c.c., 115 e 116 c.p.c., per travisamento delle prove e omissione di certificati medici rilevanti che avrebbero dimostrato la capacità della ricorrente di gestire i propri interessi patrimoniali.
Il terzo motivo ha lamentato la violazione degli artt. 404 c.c., 132 e 156 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., per carenza di motivazione sul decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.
Il quarto motivo ha denunciato la violazione dell’art. 404 c.c., per il rigetto dell’istanza di riduzione dei poteri dell’amministratore di sostegno, impedendo alla ricorrente di usufruire della propria pensione, in violazione del principio di proporzionalità.
La capacità psicofisica
I giudici di legittimità hanno rilevato la fondatezza dei quattro motivi di ricorso.
Secondo la Corte, infatti, il giudice d’appello ha compiuto un errata valutazione documentale, da cui non si poteva dedurre l’incapacità di gestire gli interessi della ricorrente.
La Corte d’appello ha, infatti, dedotto che la documentazione dimostrasse alcune patologie patologie, inclusa una condizione di natura psicologica. Inoltre, il giudice di secondo grado ha rilevato la presenza di patologie psichiatriche dalla condotta oppositiva della ricorrente, giustificando la nomina di un amministratore di sostegno per tutelarne la sua salute e il suo patrimonio.
Tuttavia, i giudici hanno rimarcato che la mancata collaborazione alla visita con il c.t.u. non costituisce necessariamente un indice significativo di una condizione di salute tale da rendere necessaria la nomina dell’amministratore di sostegno.
Secondo i giudici ermellini, la nomina dell’amministratore di sostegno presuppone una condizione di seria difficoltà della persona, sicché non può applicarsi a chi è nella piena capacità psico-fisica e, sopratutto, non può determinarsi sulla scorta di soli elementi indiziari.
Il principio di proporzionalità
Per i giudici della I Sezione Civile, la Corte territoriale ha valorizzato forme di disagio non sufficienti a giustificare la nomina di un amministratore di sostegno. Infatti, non è stato chiarito se la ricorrente fosse priva di autonomia per una “infermità” o “menomazione fisica”. Si è fatto riferimento a patologie psichiche e a un trattamento privato non chiaro, senza specificare se giustificassero la misura e i poteri conferiti, inclusa la riscossione della pensione della ricorrente.
Per i giudici, la condotta non collaborativa della ricorrente non è sufficiente a dimostrare una menomazione significativa.
Pertanto, il decreto è censurabile per aver sottratto alla ricorrente la possibilità di riscuotere la pensione, risultando, in concreto, sproporzionato.
I giudici hanno postulato che l’accertamento dei presupposti deve essere specifico e deve considerare anche alternative proposte dal beneficiario. Infine, la misura deve essere proporzionata e funzionale agli obiettivi di tutela cosa che nel decreto non è emerso sicché i poteri conferiti all’amministratore non sono risultati né proporzionati né funzionali alla tutela della ricorrente.
Conclusioni
In definitiva, i giudici della I Sez. Civile hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, la condotta non collaborativa del soggetto beneficiario della misura non può, di per sé, costituire un indizio significativo della menomazione della salute, fisica o psichica, in mancanza di accertamenti clinici certi ed univoci.
L’ambito dei poteri da conferire all’amministratore di sostegno deve rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e non può prescindere da risultanze espressive di un chiaro e significativo stato di menomazione o difficoltà della persona che s’ipotizza bisognevole di tutela”.
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