La sentenza n. 13017 del 2024 verte sulla presunta simulazione di una vendita immobiliare del 2004, sostenuta da una delle parti per celare una donazione lesiva della quota di legittima. Il Tribunale e la Corte d’Appello di Napoli hanno rigettato le richieste, e la Cassazione ha confermato la decisione, escludendo la simulazione e la lesione della legittima secondo gli articoli 557 e 510 c.c.
Corte di Cassazione- Sez. II Civ.- sent. n. 13017 del 13-05-2024
La questione
La controversia riguarda la vendita di un immobile avvenuta nel 2004. Una delle parti, sia in proprio sia come erede di un defunto, ha sostenuto che l’atto di vendita fosse una simulazione destinata a celare una donazione, ledendo così la sua quota di legittima. Il Tribunale di Napoli ha rigettato le domande di simulazione e lesione della legittima avanzate dalla parte attrice, con conferma successiva della Corte d’appello di Napoli. Per questo, la ricorrente ha presentato un ricorso in cassazione.
I motivi di ricorso
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 557 c.c. in quanto la Corte d’Appello ha escluso la simulazione assoluta dell’atto di vendita basandosi sul documento con cui la ricorrente dichiarava di approvare la vendita. La ricorrente aveva sostenuto che questa approvazione non poteva costituire una rinuncia preventiva al diritto di riduzione della donazione e delle disposizioni lesive della quota di legittima, essendo in vita il donante.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 510 c.c. per via del rigetto della domanda di simulazione relativa dell’atto di vendita e della conseguente azione di riduzione della donazione, basato sulla mancata accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario.
Con il terzo motivo, la ricorrente ha lamentato l’utilizzo di prove depositate oltre i termini rituali con conseguente inammissibilità delle stesse.
Con il quarto motivo, la ricorrente ha lamentato il fatto che la Corte d’appello non avesse considerato che, nell’atto di compravendita, era dichiarato che il prezzo fosse stato già pagato per intero alla data della stipulazione, mentre dagli estratti conto emergeva che i versamenti erano stati effettuati successivamente Per questo, la ricorrente ha sostenuto che ciò avrebbe dovuto far sospettare la simulazione della donazione.
Infondatezza del primo motivo di ricorso
Secondo i giudici di legittimità, l’infondatezza del primo motivo di ricorso risiede nel fatto che l’approvazione incondizionata della vendita non costituisce un patto successorio né implica una rinuncia preventiva alla riduzione delle donazioni.
Infatti, secondo gli artt. 458 e 557 c.c., è nulla la transazione conclusa dal futuro erede, mentre il de cuius è ancora in vita, con la quale egli rinunci ai diritti sulla futura successione, inclusa la possibilità di accertare la natura simulata degli atti di alienazione che dissimulano una donazione.
Nel caso di specie, i giudici hanno stabilito che l’approvazione della vendita e la rinuncia alla contestazione non configura una rinuncia preventiva ai diritti successori. Trattasi, infatti, di un’operazione negoziale reale e non di una donazione lesiva della legittima. Inoltre, il divieto di rinuncia preventiva di cui all’art. 557, comma secondo, c.c., si riferisce solo al diritto alla riduzione delle donazioni lesive della legittima e non alle vendite.
Riduzione per lesione della quota di legittima in caso di vendita reale.
Il secondo motivo è stato ritenuto dai giudici inammissibile. Per questo motivo, hanno ravvisato l’impossibilità di intervenire con la riduzione per lesione della quota di legittima in caso di vendita reale.
Inoltre, il richiamo alla mancata accettazione con beneficio d’inventario è stato utilizzato solo per escludere la legittimazione della ricorrente a contestare la simulazione relativa dell’atto. Ciò perché gli effetti dell’art. 510 c.c. si applicano solo agli eredi che non hanno accettato l’eredità pura e semplice o sono decaduti dal beneficio.
Doppia conforme delle domande
Il quarto motivo è inammissibile. Secondo i giudici, in caso di “doppia conforme” (rigetto delle domande di nullità o simulazione della vendita), ai sensi dell’art. 348-ter, quinto comma, c.p.c., la doglianza di omesso esame di fatti decisivi non è ammissibile. Ciò vale anche quando le decisioni di primo e secondo grado sono basate sullo stesso iter logico-argomentativo, nonostante l’aggiunta di ulteriori argomentazioni da parte del giudice di secondo grado.
Secondo i giudici, rispetto a quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza impugnata ha confermato l’esito della sentenza di primo grado, con riferimento all’inapplicabilità degli artt. 510 e 557, comma 2 c.c.
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Riccardo Mazzon
Avvocato Cassazionista del Foro di Venezia. Ha svolto funzioni di vice-procuratore onorario presso la Procura di Venezia negli anni dal 1994 al 1996. È stato docente in lezioni accademiche presso l’Università di Trieste, in corsi approfonditi di temi e scritture giuridiche indirizzati alla preparazione per i Concorsi Pubblici. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche.